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Episodio 62 ·

Inizio della scuola: la nostra esperienza e pensieri a ragnatela

Oggi su Educare con Calma ho cambiato progetti e ho registrato last-minute questo episodio che mi frullava in mente da settimane, ma che non avevo ancora trovato la voglia o l'ispirazione di registrare.

Vi racconto la nostra esperienza con l'inserimento di Emily nella scuola Montessori dove andava quando vivevamo stabilmente a Marbella. Spoiler alert: non è andata affatto come me l'aspettavo, anzi… nessuno si aspettava nulla di quello che è successo, ulteriore prova che dovremmo proprio imparare a non avere aspettative.

E poi ti suggerisco alcune idee per una separazione potenzialmente più serena (ma non voglio creare aspettative, eh! 😉).

Se hai qualcosa da aggiungere o da condividere, lasciami un commento qui sotto (se stai ascoltando su Spotify o altre piattaforme, puoi farlo a questo link).

:: Nell'episodio menziono:

Questo post del 2018 sulla nostra esperienza

Questo episodio del podcast sul lasciare il pannolino

Questo post sull'importanza di salutarli

La scuola Montessori dei bambini a Marbella

:: Come appoggiare il podcast:

Io non faccio pubblicità e non accetto sponsor, perché le pubblicità alimentano il consumismo e in più mi danno fastidio (quindi non voglio sottoporvi a più pubblicità di quelle che già vi sommergono nella vita quotidiana. Se vi piace il mio podcast e volete aiutarmi a mantenerlo vivo, potete acquistare uno dei miei corsi o prodotti:

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Benvenuti e benvenute e un nuovo episodio di Educare con Calma. Oggi parliamo di inizio della scuola dell’infanzia o materna. Avevo tutt’altro programma per oggi, ma alla fine mi sono messa a registrare e niente, oggi l’inizio della scuola è nella mia mente perché sto ricevendo tanti messaggi di genitori che mi raccontano delle loro preoccupazioni, mi dicono che temono che ci saranno lacrime, mi chiedono come affrontarle, come prevenirle, come curarle… ed ecco, visto che tutto questo l’ho vissuto anche io con Oliver ed Emily capirete perché questi messaggi mi ronzano in mente.

Quindi ho deciso di raccontarvi della nostra esperienza con l’inizio della scuola di Emily quando lei aveva circa 20 mesi. Ne ho già parlato un po’ e ne ho anche scritto sul blog nel 2018, ma mi piace sempre parlare delle nostre esperienze con un po’ più di distacco e quindi mi sembra il momento giusto.

Prima di tutto vi dico che io pensavo che Emily avrebbe iniziato la scuola alla grande. Perché a parte rarissime volte, lei è sempre stata felice con qualsiasi babysitter con cui l’ho lasciata, quando la babysitter lei correva dai suoi giochi, mi salutava mandandomi un bacio e continuava a giocare; in Canada l’ho lasciata un una casa nuova con babysitter diverse che non aveva mai visto prima e non ha mai avuto alcun problema.

Quindi io ovviamente mi aspettavo la classica scena del “arrivo davanti alla porta di scuola, non mi considera nemmeno ed entra”. Invece, inaspettatamente, fin dal primo giorno di scuola materna mi è stato ben chiaro che avrei dovuto attraversare un processo di adattamento emotivamente estenuante. Perché non me l'aspettavo? Perché non avevo tenuto in conto un fattore importante: tutte quelle volte che la lascivo felice, lei era con Oliver mentre qui sarebbe entrata con Oliver ma poi lei era nella comunità infantile dai 15 mesi ai 3 anni e lui nella casa dei bambini, dai 3 ai 6 anni.

Il primo giorno è andato quasi come lo aspettavo, se non che io sono entrata perché lo prevedeva l’ambientamento. Ma poi lei è stata talmente indipendente dentro e gli unici momenti in cui non lo era erano quando mi vedeva che con la guida abbiamo deciso che se lei entrava felice senza di me il secondo giorno, potevo aspettare fuori. Era comunque proprio solo un’oretta e io nella mia mente avevo sempre il pensiero che con le babysitter stava di più, quindi mi sono detta “perché no”.

E infatti il secondo giorno, anche se leggermente più insicura, è entrata apparentemente tranquilla, senza di me, tenendo la mano ad Oliver: l’ho salutata, mi ha visto andare via ed è entrata. Ho pensato, è fatta! Probabilmente, però, lei si era fatta forte fino a quando è andata in una stanza diversa da Oliver e si è resa conto di trovarsi sola con estranei e senza me, senza Oliver, senza Alex, ha iniziato a piangere e non ha quasi mai più smesso. Ok, è un’esagerazione, però i giorni dopo piangeva per entrare, piangeva spesso dentro, piangeva perfino all’uscita quando mi vedeva.

E seppure io cercassi di rimanere calma quando ero con lei, ogni volta che all’entrata lei piangeva e all’uscita le insegnanti mi dicevano che aveva pianto spesso (ovviamente me lo dicevano sempre quando lei non c’era perché nelle scuole montessori le insegnanti non parlano con i genitori  davanti ai bambini e a me questo piace molto), io mi sentivo malissimo e il viaggio in macchina era un flusso di pensieri inarrestabili.

Pensavo cose poco sensate e anche controproducenti come “Se solo le insegnati la coinvolgessero di più con canzoni e pagliacciate; se solo la distraessero con il cibo; se solo la prendessero in braccio; se solo la conoscessero come la conosco io”, questo è controproducente perché nella mia testa sto dicendo alla mia mente di non fidarmi delle insegnanti, ovvero delle persone che staranno con lei tutti i giorni. È un controsenso.

Poi pensavo anche cose come, “Forse non è ancora pronta, forse questo è il suo modo di dirmi che ha bisogno di più tempo a casa con me, forse dovrei ascoltare chi mi ha detto di aspettare il più possibile a iniziare l’asilo perché questa tappa non tornerà mai più”, ma anche questo è controproducente, perché non è che la decisione l’abbiamo presa in un batter di ciglio, è stata una decisione ovviamente molto riflettuta, ci preparavamo da settimane, e questi pensieri non solo non aiutano a sentirmi sicura della mia decisione, ma fanno sì che questa energia io la trasmetta anche a mia figlia.

E poi allora mi facevo ancora sopraffare dai sensi di colpa, pensavo cose come “Sono egoista, posso permettermi di trovare altri orari e modi di lavorare senza doverla sottoporre a questa sofferenza, perché non lo faccio?” ma anche questo è controproducente perché se sono arrivata alla decisone di mandarla a scuola per qualche ora al mattino è perché sento di aver bisogno di quel tempo per me,  è importante che mi ascolti e che mi dia almeno l’opportunità di provare.

E poi dopo tutti questi pensieri distruttivi e controproducenti di solito facevo un respiro profondo, e aspettavo con calma che la parte razione del mio cervello riprendesse il controllo e poi cercavo di cambiare questa ragnatela di pensieri, magari mi dicevo: 

“Carlotta, ma ti stai sentendo? Hai preso una decisione perché dentro di te senti che è quella giusta per te e per lei, credi nella scuola che hai scelto, stimi le insegnanti e… alla fine, nel profondo sapevi che c’era la possibilità che sarebbe stato difficile: ecco perché hai un herpes al labbro e sono notti che dormi male. Quindi respira, ragiona: non c’è molto che le insegnanti possano fare o dire per rendere questo distacco più facile per Emily, dovrà affrontarlo esattamente come fece Oliver. Il cambiamento è sempre difficile, ma tu hai scelto di credere che sia per il meglio. Quindi credici! Perché Emily è prontissima, te l'ha dimostrato in tante occasioni, ha voglia di stimoli nuovi, ne avete parlato tanto insieme. Questa separazione è sana per entrambe. Non sei egoista, anche i tuoi bisogni sono importanti, ne hai il diritto al 100%".

E poi continuavo anche a ripetermi che non è una decisione definitiva, se poi proprio non va bene, vale tornare indietro, vale sempre tornare indietro, ma almeno mi ero data l’opportunità. Ecco, questi erano i pensieri a cui cercavo di dare più spazio e davvero li ripetevo giorno dopo giorno.

Ma questo, ovviamente, non toglieva il fatto che era difficile emotivamente. In realtà il distacco è sempre un po’ difficile, anche quando non ci sono lacrime e spesso l’età non c’entra molto. 

Alcuni dicono che dovresti mandare tuo figlio all’asilo il prima possibile se non vuoi che faccia fatica. Altri dicono dopo l’anno. Altri dicono sicuramente non tra i 12 e i 18 mesi. Altri dicono che se non l’hai mandato prima dei 18 mesi, aspetta fino a che non ne abbia tre, così passa la fase dell'auto-affermazione. Altri ancora dicono di saltare la materna e andare subito alla primaria.

È vero tutto ed è vero il contrario di tutto.

La verità più vera è che alcuni bambini fanno fatica a separarsi dai genitori per iniziare l’asilo o la scuola, altri no.

Ho sentito tante storie diverse, non importa quanto piccoli o grandi siano i bambini, quanto siano abituati a stare lontani da mamma e papà e quale sia la loro personalità. Ho sentito di bambini che vanno all’asilo felici fin dal primo giorno senza mai una lacrima. Ho sentito di bambini che piangono per settimane prima di adattarsi e ci mettono mesi a essere felici a scuola.

Quando si tratta di separazione, non ci sono regole. Non c’è un'età ideale. Non c’è trucco o consiglio per renderlo più facile. Non c’è nessuno a cui si può puntare il dito se non va bene, come facevo io nei miei pensieri riguardo alle insegnanti. Nessuno è preparato, nessuno sa che cosa aspettarsi finché non lo vive.
 
Il meglio che possiamo fare noi genitori per noi stessi è scegliere una scuola di cui ci fidiamo, in cui sappiamo che, quando nostro figlio piange disperato all'entrata, l'insegnante lo accoglierà e farà qualsiasi cosa in suo potere per rendere il processo meno faticoso.

E il meglio che possiamo fare per i nostri bambini è… non necessariamente nascondere le nostre emozioni, ma cercare di condividerle con serenità, prepararli con anticipo, parlarne tanto, e poi quando arriva il momento del distacco, cercare di controllare le nostre emozioni, respirare, trovare un metodo per emanare energia positiva, perché spesso succede che la nostra energia è in tensione e la trasmettiamo a loro, e poi salutarli (non andate via di nascosto quando sono distratti, per favore), sorridere, girarci e allontanarci. 

E quando li lasciamo in lacrime, respiriamo a fondo e aspettiamo pazientemente: proviamo ad osservarci da fuori, osserviamo le nostre emozioni che prendono il sopravvento e poi ci osserviamo mentre riprendiamo il controllo del nostro cervello, il timone della barca.

Fa male, certo che fa male, è un dolore lancinante: fa male quando piangono perché si fanno male e noi possiamo abbracciarli e tenerli con noi, quindi ovviamente fa ancora più male quando invece di abbracciarli e tenerli con noi, dobbiamo abbandonarli. E uso questa parola forte apposta, perché credo che il processo di lasciare andare i sensi di colpa passi anche per l’accettare le verità: un bambino che piange disperato perché ci vede andare via, probabilmente si sente abbandonato, non possiamo girarci intorno. Per questo dobbiamo avere ancora più empatia nei suoi confronti.

Ecco, mi sono lasciata trasportare e non ho finito di raccontarvi come è poi finita con l’ambientamento di Emily e questa parte della storia ha a che fare con quell’ultimo pensiero che mi ripetevo in macchino, ovvero “se proprio non va bene, vale cambiare idea, vale sempre cambiare idea”.

Perché dopo poco meno di un mese Emily si era abituata soltanto in parte: piangeva ancora tutte le mattine, spesso iniziava in casa, poi era silenziosa in macchina e scoppiava a piangere quando parcheggiavo e spesso piangeva tanto anche a scuola, cosa che mi lasciava confusa, perché per esempio Oliver piangeva quando lo lasciavo, ma appena scomparivo dietro l’angolo si tranquillizzava (o rassegnava, forse, non lo sapremo mai) e non solo era poi felice tutto il tempo a scuola, ma non voleva mai venire a casa.

Emily invece piangeva quando entrava, piangeva spesso a scuola e piangeva anche all’uscita quando mi vedeva. Erano proprio emozioni fortissime che non riuscivo più a ignorare. Quindi a ottobre ho decido di tenerla a casa. Per due ragioni: 

1. Potevo permettermelo al 100% e continuare a darmi i turni con Alex per lavorare e ammetto che dopo questo strazio inaspettato mi faceva davvero piacere poter accogliere la sua emozione in questo modo, con cosi tanta flessibilità (non tutti i genitori possono permetterselo); 

2. Emily stava lasciando il pannolino (l’ho raccontato anche nell’episodio sullo spannolinamento, l’ha lasciato presto, a 21 mesi) e sicuramente anche per quello era più insicura: aveva bisogno di affrontare un traguardo alla volta.

Quindi l’ho tenuta a casa e in accordo con le insegnanti avevamo deciso di riprovare più avanti e nel frattempo di provare a impostare la stessa routine a casa, quindi piccolo ciclo di lavoro, merenda, passeggiata e pranzo.

Il destino ha voluto, però, che anche se io avevo segretamente deciso di tenerla a casa fino a gennaio, a fine ottobre sono stata inaspettatamente ricoverata in ospedale per un mese e quindi Alex si è visto forzato a portarla comunque. Ma sorprendentemente anche se Emily era ancora incerta, questa volta è andata meglio, lei si è lasciata accogliere, le insegnanti hanno capito il trauma e sono state il vero successo dell'operazione (non smetterò mai di ringraziarle perché poi Emily ha avuto una grandissima regressione con la pipì e le insegnanti dovevano cambiarla anche 5 volte al giorno), e la verità è che questa volta entrava più serena e quando era lì non piangeva. Aveva anche fatto amici di cui parlava ad Alex quando era a casa.

Insomma, a volte la vita decide per noi e forse la scuola in quel momento è stato quello di cui aveva bisogno per affrontare il trauma di non avermi a casa. Non lo sapremo mai, ma questa è stata la nostra esperienza, imperfetta ma comunque nostra.     

“Chiudo” l’episodio con alcune idee che potrebbero aiutare a superare la separazione, sono idee che un po’ un po’ ho suggerito a genitori nel corso degli anni e hanno funzionato, e un po’ ho usato io con Oliver ed Emily anche se non con molto successo, ma come vi dico sempre quello che funziona per me magari non funziona per voi, o viceversa, magari non funziona per me ma per voi sì: 

Per prima cosa, sempre lo stesso:

* Concentrati sul tuo respiro, su un tono calmo di voce e sul controllo delle tue emozioni, che sono le uniche che puoi controllare.⁣
* Preparali a ciò che avverrà con sincerità e con dettagli: per esempio, "quando arriva il giorno di scuola, andiamo in macchina, guidiamo fino là, parcheggiamo, poi andiamo alla porta, salutiamo l’insegnante, ci salutiamo, poi tu rimani all'asilo e io vado a lavorare e poi torno a prenderti…". Possiamo iniziare con anticipo, cercando sempre di parlarne con tranquillità: "Ti ricordi che cosa succede lunedì?” ecc.⁣
* Leggete libri insieme sul primo giorno di scuola, ce ne sono tanti, potete andare in libreria o in biblioteca e sceglierne uno, descrivono tutti il l'insicurezza iniziale ma poi hanno un lieto fine. Quindi per noi… ci hanno aiutato.
* Parlate dei compagni e del maestro e provate a ricordare i nomi insieme.⁣
* Dopo qualche giorno di scuola, chiedete alle insegnanti delle foto, se possibile, da guardare insieme a casa e descrivere quello che vedete, i compagni… Ricordo che ad Alex questo aveva aiutato molto, le insegnanti gli inviavano su whatsapp le foto di Emily mentre giocava con i suoi amici e le guardavano insieme la sera.  
* Parlate dei momenti della giornata a scuola: "prima state in aula, poi andate a giocare nel patio, poi c’è il pranzo…".
* Se avete tempo, o se non ce lo avete magari potete considerare di svegliarvi un po' prima, vi consiglio di parcheggiare più lontano dalla scuola e camminare un paio di minuti, godendovi la passeggiata, osservando ciò che avete intorno, lasciando che sia il bambino a portare il suo zainetto che gli dà uno scopo (importante a questa età)…⁣
* Ricordategli spesso che tornate a prenderlo⁣, ripetetelo più volte e date riferimenti temporali concreti: «Torno a prenderti dopo il pranzo».⁣
* Trovate un vostro rituale di saluto:⁣ Datevi il 5 in modo speciale⁣ (imparatelo a casa) / Lasciagli una moneta in tasca⁣ / Cantate la stessa canzone⁣ mentre siete in macchina o camminate / Scambiatevi un braccialetto⁣, un disegno, una moneta… / Disegnatevi lo stesso disegno sul braccio, sul ginocchio, sulla mano (un cuore, una stella, un fiore, qualcosa di vostro)⁣Iniziate con anticipo a parlare 

Ma soprattutto, non commette l’errore di non salutarli e andare via quando sono distratti. 

A volte abbiamo la tendenza ad ingannare i bambini, non so come mai, forse perché pensiamo che nell’immediato stiano meglio. Ma per esempio, quando diciamo torno subito e poi vado al lavoro e torno tra 5 ore, quel subito sta creando aspettative sbagliate, non sta insegnando il senso del tempo e sta intaccando la fiducia dei nostri figli dei nostri confronti.

Lo so che alcune insegnanti consigliano di andare via senza vi vedano, di sgattaiolare quando sono distratti, di non salutarli perché piangono… ma questo è sbagliato.

Andare via senza salutarlo che cosa insegna? Insegna ad attaccarsi alle tue gambe come un koala il giorno dopo, a non perderti mai di vista nemmeno per un secondo perché ha paura che lo abbandoni di nuovo, ad avere paura dell'abbandono e crea un rapporto sbagliato nelle relazioni rispetto all’abbandono, e soprattutto insegna a non fidarsi di te a lungo termine.

Quando lasciamo i bambini all’asilo senza salutarli, gli unici che ne beneficiamo siamo noi, perché ce ne andiamo con l’anima a posto, ce ne andiamo tranquilli, prima che si rendano conto che non ci siamo e inizino a piangere.⁣

Quindi ecco, non lasciare tuo figlio all’asilo senza salutarlo.

Salutare è un gesto d’amore, è un segnale d’amore.
Salutare crea fiducia.
Salutare dice ai nostri figli: “Ehi, guarda che torno, puoi fidarti di me!”.

Non importa se non piange, se piange, perché piange… se questa separazione deve avvenire, almeno falla avvenire con rispetto.
⁣⁣⁣
E questo è tutto per oggi. Spero che la mia esperienza e le mie parole vi possano fare riflettere e magari anche aiutare e se così fosse mi piacerebbe che me lo raccontassi nei commenti sul mio blog latela.com, ti lascio il link nelle note.

Mi trovate come sempre anche su Instagram e facebook come @lateladicarlottablog e ci vediamo la settimana prossima con un altro episodio di Educare con calma. 

Buona serata, buona giornata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao!

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