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Episodio 38 ·

Covid, emozioni e reazioni: mostra i tuoi veri colori

In questo episodio spontaneo di Educare con Calma, episodio che ho registrato lo stesso giorno giorno in cui l'ho pubblicato, ho sentito il bisogno di affrontare un tema di cui mi ritrovo a parlare spesso in privato con genitori da ormai un anno. Il titolo la dice lunga, ma non lasciatevi ingannare dall'espressione "mostra i tuoi veri colori".

È proprio solo un flusso di pensieri e di riflessioni che ho deciso di esternare e che spero decidiate di accogliere.

Dettagli dell'episodio:

00:48 aneddoto che ha ispirato l'episodio

3:10 come abbiamo vissuto noi il Covid

5:12 riflessione sull'importanza di essere gentili con se stessi

8:48 riflessione sull'accogliere i semini quando il nostro terreno è fertile

9:28 ragnatela di pensieri sul giudizio 😉

11:49 riflessione sull'espressione inglese "show your true colors"

19:14 qualche consiglio pratico che di solito aiuta me quando faccio fatica

Nel corso menziono:

- L'app 7 minute workout 

- l'episodio sull'allattamento è il #35

- l'episodio #34 parla anche di giudizio  

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Come appoggiare il podcast:

Io non faccio pubblicità e non accetto sponsor, perché le pubblicità mi danno fastidio e non voglio sottoporvi a più pubblicità di quelle che già vi sommergono nella vita quotidiana. Se vi piace il mio podcast e volete aiutarmi a mantenerlo vivo, potete acquistare uno dei miei corsi:

  • Educare a lungo termine: un corso online su come educare i nostri figli (e prima noi stessi) in maniera più consapevole. Tanti genitori mi dicono che gli ha cambiato la vita.
  • Co-schooling – educare a casa: un corso online su come affiancare il percorso scolastico per dare l’opportunità ai bambini di non perdere il loro naturale amore per il sapere.
Benvenute e benvenuti a un altro episodio di Educare con calma. Oggi avevo in mente tutt’altro. Ma poi ho ricevuto un messaggio di una mamma che fa il mio corso Educare a lungo termine e mi sono dovuta fermare. Nei miei corsi online c’è una chat privata e in ogni unità i genitori possono scrivermi con dubbi domande riflessioni. Questa mamma in un’unità in cui si parla della televisione e del danno che fa sulla mente dei bambini, mi ha scritto che l’unità non le è proprio piaciuta. Che dovrei rivederla, contestualizzarla, perché con un sistema di welfare scadente (e mi ricordava che hanno chiuso tutti i nidi e le ludoteche e non esistono scuole Montessori ecc), le mamme italiane stanno mollando il lavoro in massa. Che non si può fare un corso per mamme italiane senza tenere presente questo fatto importante. E mi ha scritto proprio che la TV è l’ultimo dei suoi problemi in questo momento e in molti casi dà una mano. Poi ha continuato dicendo che lei è al limite. E così anche suo marito. Senza alcun aiuto né dallo Stato né dai familiari la situazione è drammatica.
La prima cosa che ho pensato quando ho letto questo messaggio è stata, sarò stata troppo estrema con le mie parole, perché io comunque ho una visione un po’ estrema sul tema televisione, ma che ha sempre funzionato per noi e quindi nel mio corso la racconto. Sono subito andata a rileggere l’unità, l’ho riletta varie volte e no, non l’ho trovata estrema. Anzi, credo sia molto veritiera sui fatti e molto flessibile con le emozioni. Ma so perfettamente che a volte quando ci sentiamo male o in colpa per dei comportamenti che non vorremmo usare, come mettere i nostri figli davanti alla televisione, anche se quella è una unità di oltre 100 unità, anche se non condanno l’uso della televisione e, anzi, racconto proprio che anche noi l’abbiamo usata e perché l’abbiamo usata, quello che arriva alla mente di chi si sente già sbagliato è la critica. Le parole innescano il senso di colpa e il senso di colpa offusca la razionalità. 
E allora ho provato a immedesimarmi nelle emozioni di questa mamma e le ho scritto la mia verità ed è questa verità di cui vorrei parlarvi oggi. 
Prima di tutto ci tengo a dire per chi non lo sa che io non ho vissuto il Covid come lo avete vissuto voi in Europa e non pretendo di sapere che cosa significhi. Ho vissuto un mese di Covid vero e proprio nel sud est asiatico, era gennaio 2020, e lo ricordo difficile, perché oltre al fatto che eravamo in un paese non famigliare, eravamo in Malesia, a Penang, quindi con una cultura in predominanza cinese, molto diversa dalla nostra ma anche da quelle che avevamo conosciuto fino ad allora, oltre a questo si aggiungeva la preoccupazione del contagio, perché eravamo appunto in una città in cui la maggior parte della popolazione era cinese e durante il capodanno cinese, quindi quando tutti i cinesi si muovevano per raggiungere le loro famiglie. Alle mascherine eravamo già abituati, certo non era l’ideale, ma non pesava né a noi né ai bambini, ma ricordo lo stress di non toccare nulla, di sterilizzare sempre le mani, di non toccarsi la faccia, anche solo di trattenere un colpo di tosse in ascensore per non destare sospetto… ecco, noi questo l’abbiamo vissuto per poco in Malesia e in Indonesia, e poi abbiamo vissuto un lockdown di due mesi in Nuova Zelanda. Dopo di che siamo tornati a fare vita normale, perché qui la situazione è sotto controllo. In altre parti di mondo, invece  voi vivete quello stress da un anno e insieme allo stress l’incertezza, la frustrazione, i cambi repentini, la poca fiducia nel governo, la rabbia… non lo vivo in prima persona, ma lo vivo attraverso i miei amici, le mie amiche, le mamme e i papà che fanno il corso. Ho pianto al telefono con loro, ho pianto leggendo i loro messaggi, ho pianto quando mi scrivevano “non ce la faccio più”. Non lo vivo in prima persona, ma lo sento, ecco, perché quando pratichiamo l’empatia a lungo e intensamente, il dolore degli altri ci tocca nel profondo.
E allora ho scritto a quella mamma l’unica verità che conosco. Le ho scritto che se quella unità in questo momento della sua vita la fa sentire inadeguata, deve lasciarla andare, perché significa che non è pronta per accoglierla, non è pronta per piantare quel semino. Il mio corso è pieno di semini da piantare, ma il semino deve trovare un terreno fertile, condizioni favorevoli. Non tutti i semini devono e possono essere piantati allo stesso tempo, io sono dieci anni che pianto questi semini nella mia testa e tanti sono germogliati, ma lo hanno fatto quando il mio terreno era fertile, che non sempre coincideva con il momento in cui decidevo di piantarli. Le ho detto che ora è il momento di essere gentile se stessa, e se c’è una cosa che spero di trasmettere nel corso è proprio essere gentili con se stessi. La gentilezza spesso la riserviamo agli altri, ma non pensiamo di doverla a noi stessi. Ed essere gentili con se stessi significa a volte avere un po’ di egoismo costruttivo. Un po’ come dicevo nell’episodio sull’allattamento, con la televisione è un po’ lo stesso discorso: non possiamo girarci intorno, siamo onesti, ormai sappiamo che la televisione non fa bene al cervello dei bambini e che possibilmente almeno fino ai 3 anni dovremmo evitarla, ci sono studi e studi che lo dimostrano, non credo sia sano e onesto intellettualmente ignorare questi studi per sentirci meglio. La conoscenza è potere sempre, io preferisco sempre sapere una verità che mi mette a disagio, piuttosto che rimanere beata nell’ignoranza. E per me la genitorialità è un po’ questo, è un po’ come la meditazione: è come imparare a restare seduti e fermi nel disagio, a vivere con il disagio che c’è nel quotidiano. È lì che sta l’evoluzione. Ma poi quando sappiamo quella verità, per esempio nel caso della televisione, e decidiamo di usare comunque la televisione perché abbiamo bisogno di quei minuti, di quell’ora di respiro, non c’è nulla di male. Non dovremmo sentirci in colpa della nostra scelta se non abbiamo la forza di trovare un’alternativa. Ma credo sia importante ammetterlo, anche a noi stessi: evolvere significa anche essere onesti con noi stessi, significa accettare che non siamo perfetti, significa accettare che a volte sceglieremo il nostro bene a discapito di quello dei nostri figli e che questo è sano, significa scacciare il senso di colpa quando mettiamo noi stessi prima dei nostri figli, perché in realtà quell’egoismo è appunto costruttivo, aiuta la nostra salute mentale, il nostro benessere psicofisico, a volte fa la differenza tra il riuscire a rimanere a galla e l’affondare. Questo è essere gentili con noi stessi. E anche imparare ad essere gentili con noi stessi è evoluzione.
Quindi no, non direi mai a quella mamma di non usare la televisione. Ma visto che credo nell’onestà intellettuale, proprio come non le direi di non usare la televisione, mi sento anche in dovere di dirle che è possibile decidere di non usarla e che quindi non posso accettare il suo consiglio di rivisitare l’unità sulla televisione, di contestualizzarla. Non posso e non voglio accettarlo. Perché non sarebbe onesto, non sarebbe quello in cui credo. Io credo che anche nelle difficoltà più difficili possiamo scegliere chi siamo. Se non lo credessi non venderei questo corso. Se non credessi che tutto ciò che ho scritto nel corso possa davvero aiutare qualsiasi genitore con qualsiasi bambino in qualsiasi situazione della vita e momento storico, non venderei il corso. E non posso cambiarla anche per un’altra ragione: perché magari il terreno di quella mamma non è fertile, ma quello di un’altra mamma o papà lo è. E questo lo dimostra proprio il fatto che tanti genitori proprio in quella unità mi hanno ringraziata perché ho dato loro una guida in questo anno straordinario di Covid (straordinario nel senso letterale del termine, un anno non ordinario). Una mamma in particolare mi ha scritto che se non fosse stato proprio per quell’unità specifica avrebbe ceduto alla televisione nei mesi di lockdown e invece grazie ai miei consigli ha trovato la forza di scegliere l’alternativa. Quella mamma era pronta, il suo terreno era fertile, le condizioni favorevoli. E se ora state pensando “che brava!” No, non è più brava la mamma che ha ceduto alla televisione o quella che non lo ha fatto, non c’è un premio, dobbiamo cercare di evitare di pensare in termini di brava mamma o bravo papà, non serve a nulla, perché anche se è un giudizio positivo, è comunque un giudizio che indirettamente state dando non solo a quella mamma, ma a tantissime mamme e tantissimi papà che conoscete e sono vostri amici. Che cosa intendo con questo. Immaginate di leggere un mio post in cui vi dico che sono riuscita a non cedere alla televisione e mi scrivete un “brava” nei commenti: io magari quel “brava” non lo leggo nemmeno, ma magari a leggerlo è la vostra amica mamma che invece si sente in colpa per aver ceduto alla televisione e si sente giudicata da quel vostro “brava”, si sente giudicata da una persona che considera amica e magari, anche se vorrebbe parlarvene, si terrà quel senso di colpa per sé e la divorerà dentro. È un po’ come chi non crede a Meghan Markle e si sente in diritto di scrivere sui social media che in realtà non ha mai pensato di togliersi la vita, che sta solo recitando perché è un’attrice, è il suo lavoro: a parte che non siamo sicuramente noi, né nessun esperto della corona a poterlo stabilire, perché solo lei e poche persone vicino a lei sanno la verità, quando scrivete quel commento sui un post di instagram, Meghan Markle probabilmente non lo leggerà mai, ma sapete chi lo leggerà? Lo leggerà la vostra amica o il vostro amico che in questo momento sta soffrendo, che spesso si sveglia di notte con pensieri di suicidio e sono loro, i vostri amici, che sentiranno il vostro giudizio, lo sentiranno rivolto proprio a loro stessi e, anche se magari avrebbero voglia e bisogno di parlare con voi, penseranno di non poter contare su di voi, sul vostro aiuto.
Come sempre mi sono lasciata trasportare ma sapete che il giudizio è un tema che mi sta molto a cuore perché viviamo in una cultura davvero poco sano e se non avviamo un cambiamento, quella cultura la trasmettiamo ai nostri figli. E io personalmente scelgo di dissociarmi dalla cultura del giudizio. 
Ma quello che stavo dicendo in realtà è che no, non cambierei quell’unità del mio corso solo perché il periodo storico è diverso. Anzi, onestamente credo che le parole del corso abbiano ancora più valore ora di prima. Proprio perché siamo in un periodo storico difficile. Proprio perché stiamo facendo fatica. Proprio perché ci sentiamo al limite. C’è questa espressione in inglese “show your true Colors” “mostra i tuoi veri colori” e si usa di solito in maniera negativa, come per dire guarda quella persona, tutti la pensavano in questo modo positivo, e ora che la situazione è difficile sta mostrando i suoi veri colori. E se ci pensate, anche questa espressione dà per inteso che i nostri veri colori siano negativi, siano una versione peggiore di noi. Ma proprio per scendere da questa ruota del giudizio e delle etichette e delle immagini negative che creiamo di noi stessi, a me piace rigirarla. Mi piace dare il beneficio del dubbio, mi piace pensare che i veri colori di una persona siano potenzialmente sempre positivi, siano sempre di evoluzione. Ho imparato a pensarlo per i bambini e piano piano il pensiero si è trasferito anche agli adulti, perché in fondo ogni adulto è il prodotto delle esperienze vissute da bambino. È per questo che la prima frase che legge chi arriva sul mio sito è proprio “Non stiamo educando bambini, stiamo educando adulti”. 
E tutto questo lo dico perché credo che sia proprio nelle difficoltà che possiamo mostrare i nostri veri colori. È nelle difficoltà che abbiamo l’opportunità di evolvere un pochino di più. Di guardarci allo specchio e dire “io ce la faccio”. Anche di imparare a piacerci un pochino di più, perché quando accettiamo i nostri limiti e le nostre imperfezioni (sia mentali che fisiche, tra l’altro), allora sì che possiamo finalmente dire di piacerci davvero. Non quando tutto è facile e quando siamo in forma perfetta (sia mentale che fisica, di nuovo): lì è facile piacersi. Ma è quando sentiamo di avere un àncora che ci trascina giù e magari arriviamo fino a toccare il fondo che abbiamo l’opportunità di mostrare i nostri veri colori, anche a noi stessi. Perché i nostri veri colori sono quelli che mostriamo quando con quell’ultima energia che abbiamo in corpo spingiamo con i piedi sul fondo e iniziamo la risalita. Quella è la persona che siamo. Quello è ciò di cui siamo capaci. 
E questo non significa che la pandemia non sia un ostacolo, non sia difficile, non sia quasi invivibile, non significa che non possiamo lamentarci, non significa nemmeno che non possiamo mostrare le nostre debolezze, le nostre emozioni ai nostri figli, anzi, è sano mostrare le nostre emozioni, mostrare quanta fatica stiamo facendo. Piangete davanti ai vostri figli, urlate davanti ai vostri figli, mettetevi nel letto e copritevi fino alla testa con la coperta perché non avete voglia di vedere la luce del sole. Tutto questo io l’ho vissuto sulla mia pelle durante gli anni della privazione del sonno che sono sicuramente stati gli anni più difficili della mia vita, credo che si sottovaluti davvero moltissimo il danno fisco e psicologico che il non dormire provoca a un genitore. In quei due anni non ero in lockdown chiusa tra 4 mura senza la libertà di poter uscire come state vivendo voi, ma vi assicuro che ero in un mio lockdown personale, prigioniera di me stessa, delle mie emozioni, della mia sofferenza ed erano più i giorni che aprivo gli occhi al mattino e non avevo voglia di alzarmi dal letto. Ma sapete qual è la verità? Che oggi a distanza di 2 anni da quei due anni di privazione del sonno ricordo la fatica, certo, ma ricordo soprattutto la forza che ho trovato, che ho scoperto dentro di me. [pausa] Tra 10 anni più della fatica di questo momento storico, ricorderete come avete reagito, ricorderete l’esempio che avete dato ai vostri figli, ricorderete la vostra forza, una forza che non sapevate di avere, ricorderete quei momenti in cui vi siete detti “adesso basta, adesso reagisco” e ricorderete quelle volte in cui a una lamentela avete scelto di far seguire un pensiero positivo – e di dare voce a quel pensiero. Perché quel famoso bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto significa proprio che ogni volta che lo vediamo mezzo vuoto è anche mezzo pieno, è solo la prospettiva che fa la differenza. E alla fine della fiera la vostra prospettiva è l’unica cosa su cui avete totale controllo. Non avete controllo sulle decisioni del governo, non avete controllo sulla velocità con cui si somministrano i vaccini, non avete controllo sulle condizioni della vostra azienda che deve licenziarvi se non può pagarvi, non avete controllo sulle scuole che chiudono, non avete controllo sul sistema di welfare. Ma sapete su che cosa avete il controllo? Su di voi. Sulle vostre emozioni. Sulle vostre reazioni. Sulle vostre parole. Sulle parole che scegliete di dire ai vostri figli. Sulla verità che scegliere di condividere con i vostri figli. Di tutto questo periodo terribile, la vostra attitudine è ciò che ricorderete tra 10 anni e le vostre reazioni sono l’esempio che rimarrà con i vostri figli. E so che queste parole possono innescare il senso di colpa, ma non lo dico per farvi sentire in colpa, lo dico per ricordarvi che potete scegliere. Anche se questa pandemia fosse il peggio che avete vissuto finora nella vostra vita (e sono sicura che per tanti non lo è), ma se fosse la sfida più dura che abbiate dovuto superare finora, nonostante tutti gli ostacoli, io vi assicuro che ogni giorno potete scegliere che tipo di persone siete, potete scegliere di cogliere l’opportunità di mostrare i vostri veri colori. E quando non ci riuscite, c’è sempre domani. Come ha detto una mia amica su Instagram, ci sono tante altre giornate.       
Perché, e lo ripeto, mostrare i nostri veri colori non significa non lamentarsi mai. Non significa non esprimere le emozioni che viviamo. Non significa nascondere il dolore e la fatica ai nostri figli. Significa lamentarsi, vivere il dolore, vivere le emozioni, ma scegliere di vedere anche il lato positivo, o cercarlo quando non lo vediamo. E un lato positivo che possiamo trovare sempre sempre sempre, anche quando tutto ci sembra buio, anche quando siamo proprio a metà del tunnel, è la nostra evoluzione personale, [lento] è quella minuscola situazione in cui invece di cedere alle nostre emozioni, riusciamo a scegliere le nostre reazioni. Quel momento in cui ti si cancella tutto il lavoro di un pomeriggio, ti fai un bel pianto, singhiozzi per mezz’ora, e poi rinizi a lavorare per rifarlo da zero. Ecco, di quel momento e di quel lavoro non ricorderai solo le lacrime, ma ricorderai anche e soprattutto come hai riniziato da zero e hai finito il lavoro lo stesso. E quel ricordo, te lo assicuro, sarà molto più forte delle lacrime. Quel ricordo è il tuo positivo, il tuo bicchiere mezzo pieno, la tua evoluzione. E quel ricordo modellerà anche l’immagine che hai di te stessa o di te stesso. 
Tutto questo per dirvi che non possiamo collegare i puntini guardando avanti – non possiamo sapere oggi cosa di buono avremo imparato delle vita e di noi stessi da questo periodo difficile – i puntini si collegano solo guardandosi indietro. Ma non possiamo sottovalutiamo il potere del cambiamento e delle difficoltà nella nostra evoluzione personale. Senza difficoltà, non c’è evoluzione. 
E quindi ora che tanti stanno entrando in un altro lockdown, ora che l’Europa è quasi tutta rossa, ora che siete a un anno dopo, ma nella stessa situazione di un anno fa, vi auguro, anzi ci auguro (anche a me stessa) che se c’è una cosa sola che ci può insegnare quest’anno (o due) di fatica, se c’è una cosa che ci può questa gara ad ostacoli che stiamo correndo, sia proprio quella di riconoscere, a scoprire o riscoprire i nostri veri colori, nell’accezione positiva del termine.
E chiudo con una serie di consigli pratici che credo possano avere davvero un valore per tutti per sganciare quell’ancora che ci sta tirando giù. E magari vi sembreranno consigli banali e superficiali, ma vi assicuro che se ne mettete in pratica anche solo uno o uno al giorno (se non tutti), starete un po’ meglio: 
  1. Fate anche solo pochi minuti di esercizio al giorno. Che siano 50 squat o 100 saltelli al mattino o una power walk (camminata veloce) per chi può uscire o salire e scendere 5 volte le scale del condominio, fatelo. E se avete bisogno di una mano, esiste un’applicazione che si chiama 7 minutes e ha programmi di 7 minuti l’uno, fattibilissimi per qualsiasi persona.
  2. Obbligatevi a passare 10 minuti al giorno con voi stessi o voi stesse. Ma non 15 minuti di pausa pranzo, 15 minuti a casa, prima che i bimbi si sveglino o dopo che li avete messi a letto. Chiudetevi in bagno, mettete i piedi a mollo, fatevi uno scrub alla faccio (io ho da poco ricominciato a fare lo yoga per il viso e mi aiuta sempre moltissimo a ricollegare con me stessa), qualsiasi cosa che vi faccia sentire di prendervi cura di voi stessi o voi stesse.
  3. Obbligatevi a passare almeno una serata, anche solo un’ora, a settimana con il vostro compagno o con la vostra compagna, senza dispositivi. Leggete un libro insieme, giocate a carte, comprate un album da disegno e colorate (è super terapeutico), state anche solo seduti sul divano e tenetevi per mano che non ce ne rendiamo conto ma spesso quando siamo stanchi e viviamo giornate tutte uguali, ci dimentichiamo di toccarci e toccare chi si ama ha un poter fortissimo.
  4. Non importa come sia andata la giornata e quanto abbiate faticato con i vostri figli, quanta televisione gli abbiate fatto vedere, quante volte avete alzato la voce, alla sera prima di andare a dormire, dedicatevi anche solo 15 minuti a loro. Sedetevi per terra e giocate, fate il loro gioco preferito, o leggete 5 o 6 libri. È come fare un reset, sia per voi che per loro. E domani è un altro giorno.
  5. E ultimo, perdonatevi. A fine giornata, mettetevi davanti allo specchio e perdonatevi. Ad alta voce se possibile. Carlotta, ti perdono per aver alzato la voce. Ti perdono per aver perso la pazienza con Oliver, per aver fatto piangere Emily. Perdonatevi. Vi assicuro che avete bisogno del vostro perdono.       
E con questo non mi rimane che salutarvi e sperare che questo episodio arrivi nel momento giusto, che questi semini trovino terreno fertile. Vi ricordo che mi trovate anche su instagram e Facebook come la teladicarlotta blog e ovviamente mi trovate anche a casa mia, sul mio blog www.latela.com.
Buona giornata, buona serata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Vi abbraccio. 

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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