Benvenute e benvenuti a un altro episodio di Educare con calma! Oggi parto da un piccolo estratto del libro che sto scrivendo, perché se non l’aveste ancora sentito da altre parti, sto scrivendo un libro che uscirà primavera 2023. Yay! Ma non mi dilungo perché se no non sto nei 5 minuti e oggi davvero credo di potercela fare!! L’estratto dice:
“Un paio di anni fa, quando i miei figli litigavano tra di loro, ma erano già in grado di risolvere i conflitti usando le parole, mi sono accorta che spesso dopo “scusa” dicevano “ma”. Scusa, ma. Ho seguito l’abitudine fino a scoprire che arrivava… da me — non ero sorpresa, le frasi dei bambini arrivano spesso dal modello degli adulti.
“Scusa se ho perso le staffe, MA hai proprio esagerato”; “Scusa se ho urlato, MA ero davvero arrabbiata”. La prima non è chiedere scusa, è fare una ramanzina. La seconda non è chiedere scusa, è giustificare l’urlo. Il MA nega ciò che viene prima — ma ciò che viene prima è quello che conta davvero, più del nostro bisogno egocentrico di giustificarci. Nella nostra società siamo spesso pronti a giustificare le nostre azioni perché arriviamo da un’educazione che le condanna a ogni passo, a volte anche ingiustamente.
[…]
“Scusa, ma” significa: ti chiedo scusa, però non ho sbagliato io. È un po’ come “Ti amo, ma” — “io ti amo, ma quando fai così faccio davvero fatica” — altra frase che ho piano piano eliminato dal mio vocabolario, perché l’amore ha già troppe condizioni.”
Questo piccolo estratto all’interno del libro rientra in una visione molto più ampia che va a toccare anche argomenti come non forzare i bambini a chiedere scusa, di cui parlo anche nell’episodio #36 del podcast e più approfonditamente nel mio corso Educare a Lungo Termine.
Ma a questo “Scusa, ma” pensavo proprio l’altro giorno quando ho avuto una di quelle giornate di frustrazione con i bimbi ed è in proprio quelle giornate in cui mi ritrovo a giustificare mie atteggiamenti sbagliati con scuse vuote come “Scusa, ma”. Per esempio:
“Scusami Oliver, ma mi sembra di doverti ripetere le cose 100 volte”
“Scusami Emily, ma sei davvero irragionevole quando ti comporti così”.
Oggi so che quelle scuse sono sbagliate e che fanno parte della mentalità dell’ego che ci insegna la società in cui viviamo, una società spesso pronta a puntare il dito, a criticare, a stigmatizzare l’errore, perché non si conosce l’importanza dell’errore, lo dico spesso che l’errore è maestro di vita. E quindi questo stigmatizzarlo a lungo termine insegna a chi sbaglia, che cosa? A nascondere l’errore o a mettersi sulla difensiva se qualcuno li critica. È un circolo vizioso che diminuisce l’empatia e aumenta il narcisismo perché ci fa concentrare di più sull’ego e questo si riflette anche nel chiedere scusa perché tendiamo a concentrarci sulle giustificazioni per il nostro comportamento invece che a prenderci le responsabilità delle nostre azioni e reazioni.
Imparare ad evitare di dire “scusa, ma” a me ha aiutato tantissimo per capire come mettere da parte l’ego in una discussione e prendermi le responsabilità delle mie azioni. E il modo in cui l’ho cambiato è questo: ho iniziato a riconoscerlo, prima di tutto, e poi a cambiare le scuse e dirne di più sincere senza il ma. Per esempio:
“Quello che volevo dire davvero è: scusa. Senza nient’altro. Mi sono comportata in maniera poco rispettosa con te e ti chiedo scusa. Provo a fare meglio la prossima volta». E poi magari aggiungo: «Quando sei pronto mi piacerebbe parlarti di una cosa che mi ha dato fastidio e che magari puoi aiutarmi a capire”.
In questo modo la seconda parte della frase la traduco con una spiegazione. Per esempio, a volte ti dico le cose tante volte e tu non mi fai caso. Questo mi dà fastidio. Come possiamo cambiarlo?
Oppure:
A volte quando il tuo coccodrillo prende il sopravvento non riesco a comunicare con te. La prossima volta pensi che potremmo fare il gioco del 54321 per calmare il coccodrillo?
E così non annullo i miei sentimenti, ma li esprimo in maniera più sana e costruttiva per la relazione e soprattutto meno egocentrica, chiedendo prima scusa in maniera sincera e modellando così il tipo di scuse che vorrei imparassero a chiedere loro, offrendo empatia “capisco che magari sei ancora arrabbiato, quando sei pronto ti va se parliamo” e parlando di ciò che mi ha dato fastidio quando i cervelli sono calmo e ricettivi. Vinciamo tutti.
Spero che questo piccolo cambiamento nella comunicazione possa aiutare anche a voi e le vostre relazioni (con adulti e bambini) e vi lascio nelle note un paio di articoli relazionati a ciò di cui ho parlato.
Buona giornata, buona serata o buona notte, a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao