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Episodio 36 ·

Montessori in 5': Non vuole chiedere scusa

In questo episodio in Educare con Calma parliamo di quando i bambini non vogliono chiedere scusa dopo aver fatto qualcosa di sbagliato o che ha ferito qualcun altro. Ti racconto perché non è un problema, perché non significa che non hanno empatia e ti suggerisco qualche idea per affrontare la situazione.

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Benvenuti a un altro episodio di Montessori in 5. Oggi parliamo di un caso specifico e rispondo a una mamma che mi ha scritto dicendomi:

“Ogni volta che mio figlio fa male a qualcuno, scappa via senza chiedere scusa e a volte ride persino. Sembra avere davvero poca empatia e questo mi preoccupa moltissimo. Che cosa posso fare?” 

Cerco di essere il più concisa possibile, ma devo fare un’introduzione.

Ogni volta che leggo questo tipo di domande, la prima cosa che noto è il giudizio. Non lo facciamo con cattiveria, è insito nella nostra cultura, ne ho anche parlato nell’episodio sulle etichette e anche in quello sul girare le frasi in positivo. Ma la prima cosa che invito tutti i genitori a fare è cercare di osservare i propri figli in maniera oggettiva, e non solo OSSERVARLI in maniera oggettiva ma anche parlare di loro in maniera oggettiva, senza giudizio. Per esempio, quando descriviamo il comportamento dei nostri figli, consiglierei di non usare espressioni avverbiali come “ogni volta” o avverbi come “sempre” o “mai”, perché queste espressioni totalizzanti, un po’ estreme se vogliamo, creano o rinforzano una mentalità: per esempio, se dico “mio figlio non cammina mai da solo”, quella è l’idea di mio figlio che sto costruendo nella mia mente. Se dico invece “a volte non cammina da solo” è prima di tutto più onesto intellettualmente perché “mai” e “sempre” raramente sono “mai” e “sempre” e poi mi aiuta a mettere il comportamento nella giusta prospettiva. 

Un’altro giudizio che ho notato è la frase finale: sembra avere poca empatia. Anche questa frase crea nella nostra mente un’immagine di nostro figlio. Il fatto che mio figlio non voglia chiedere scusa e scappi ridendo quando fa male a qualcuno, non significa che non sia capace di empatia. Significa che in questo determinato momento della sua vita non è ancora capace a gestire quella determinata situazione, deve ancora praticare l’empatia, ha bisogno di più opportunità per praticare l’empatia. 

Quindi, il mio primo consiglio è questo. Quando descriviamo i comportamenti dei nostri figli, per iscritto o a voce, cerchiamo di farlo con oggettività: più pratichiamo l’oggettività, più riusciamo ad analizzare i comportamenti dei nostri figli con distacco, che aiuta a non farli diventare un problema nella nostra mente.  

Il mio secondo consiglio è: quando tuo figlio ha un comportamento scomodo, prova a pensare a te stessa in quella situazione. Tutti facciamo cose che feriscono gli altri, a volte anche intenzionalmente. Magari non li picchiamo (o almeno lo spero) come farebbe un bimbo piccolo, ma magri alziamo la voce con nostra madre, magari in una discussione usiamo proprio quella parola che sappiamo che ferisce il nostro o la nostra partner. Magari mentiamo a un amico dicendogli che siamo impegnati e quindi non possiamo vederlo, mentre invece non abbiamo voglia di vederlo. Magari per strada prendiamo un parcheggio perché ci arriviamo prima e facciamo finta di non aver visto che l’altra macchina aveva già la freccia e stava aspettando che il traffico fluisse.  

Tutti sbagliamo. Tutti feriamo. È normale. È la natura umana. 

La domanda che voglio farti è: quando sbagli, quango ferisci qualcuno, sei pronto o pronta per chiedere scusa immediatamente? Quando sei arrabbiato o triste e fai qualcosa di cui non vai fiero o fiera, ti senti di rimediare subito? Io no. Io di solito ho bisogno di tempo per processare l’emozione. Magari provo un mix di vergogna e imbarazzo e non sempre riesco a calmarmi immediatamente, anche se riconosco immediatamente che il mio comportamento è sbagliato. A volte mi ci vogliono anche ore prima di riuscire a tornare e chiedere scusa. Per I nostri bambini è lo stesso. La differenza è che io sono adulta, io riesco a processare, io oggi riesco a calmare il mio coccodrillo, ho gli strumenti per farlo, meditazione, respirazione, visualizzazione. I miei figli no o non ancora. Anche quando glieli insegno, questi strumenti, magari hanno bisogno di praticarli di più. 

Spesso da genitori vogliamo risolvere la situazione subito, vogliamo che nostro figlio chieda scusa il più in fretta possibile, vogliamo che capisca la gravità del suo comportamento. Ma proprio come capita a noi adulti che spesso non abbiamo voglia di chiedere scusa subito, dobbiamo accettare che anche per i nostri figli possa essere così. 

E poi dobbiamo capire che se ci ride in faccia o grida no e scappa via, non significa che sia un bambino maleducato o che non abbia empatia o che non imparerà mai a risolvere un conflitto da solo: Questi sono comportamenti molto normali di bambini che sentono di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma che stanno ancora processando quell’emozione di cui parlavamo prima: vergogna, imbarazzo, rabbia, tristezza.  

Questo non significa giustificare il comportamento o non fare nulla e lasciare correre. Significa dare loro il tempo per processare l’emozione prima di agire. Nel frattempo possiamo dare la nostra attenzione al bambino o la bambina vittima del comportamento di nostro figlio, perché in questo modo stiamo anche modellando con il nostro esempio il comportamento che vorremmo che avessero i nostri figli quando vedono un’ingiustizia. 

La situazione con nostro figlio la affrontiamo quando lui è calmo.

Non lo puniamo né lo mandiamo il bambino in camera sua, perché questo tipo di punizioni non insegnano nulla. Il concetto del “vai in camera tua” non è sbagliato di per sé, è un’opzione valida suggerire che si prenda un momento suo per calmarsi, ma è controproducente quando è un’obbligazione, una punizione. È molto più produttivo se per esempio in casa il bambino ha un posto specifico per calmarsi, potrebbe essere il tavolo della pace di cui ho parlato nell’episodio dei conflitti tra fratelli, e quello che facciamo noi è chiedere al bambino se VUOLE andarci per stare un momento da solo.

Questo non funziona se il bambino è ancora arrabbiato e mostra comportamenti di attacco: per questo a volte è quasi meglio sfogare l’adrenalina prima, per esempio andare a correre se avete un giardino o fare dei salti in casa o anche solo ballare una canzone movimentata. E poi quando il bambino è calmo, allora possiamo parlarne e suggerire il concetto delle scuse, ma non imporle. È sempre più efficace modellare con il nostro comportamento, come dicevo prima, per esempio andare noi a chiedere scusa, ma possiamo anche suggerirlo ovviamente. Per un bambino che non sa ancora esprimere le scusa verbalmente, puoi chiedere “Sei triste per aver picchiato il tuo amico?. Vorresti che ti aiutassi a chiedere scusa? Magari dice sì, ma non è ancora sicuro abbastanza da farlo da solo. E allora lo facciamo noi per lui, lo aiutiamo sul momento vocalizzando le scuse e a casa poi cerchiamo di trovare dei modi per aiutarlo a farlo da soli la prossima volta, per esempio utilizzando una lezione di grazia e cortesia, di cui vi parlo nei miei corsi. 

E con questo basta perché ho sforato alla grande, ma lo sapevo già e questa volta va così. Spero di aver piantato qualche semino nella tua mente e se ti interessa approfondire questo approccio educativo ti consiglio i miei corsi online che trovi sul mio sito www.latela.com

Ti do appuntamento a venerdì per un altro episodio di educare con calma. 

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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