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Episodio 99 ·

Competizione a scuola? NO, dovremmo insegnare la cooperazione

In questo episodio di Educare con Calma vi parlo di 6 fattori che a scuola sviluppano una competizione malsana e come questi stessi fattori vengono approcciati nella pedagogia montessoriana. Se volete continuare la conversazione o scrivermi la vostra opinione (sempre in maniera gentile, costruttiva e rispettosa), vi invito a farlo nei commenti dell'episodio sul mio sito: www.latela.com.

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L’altro giorno in una delle mie dirette su instagram (sapete che io faccio dirette improvvisate e se sono da sola non le salvo perché mi piace proprio la spontaneità e temporaneità della diretta, proprio come se fosse un ritrovo tra amici, non è che se andiamo a mangiarci una pizza insieme lo registriamo e lo salviamo sui social media e allo tesso modo mi piace mantenere le mie dirette così). E appunto l’altro giorno in maniera molto spontanea parlavamo di competitività, perché notavamo come nell’ambiente del calcio ce ne sia molta sia tra bambini sia tra genitori (senza generalizzare perché ci sono realtà molto belle e amichevoli in cui si respira proprio un bell’ambiente), però a noi qui a Dubai è successo che tutti gli episodi relazionati al calcio siano stati poco piacevoli. Bambini al parco giochi che iniziano a giocare anche con Oliver ed Emily e poi escludono chi non gioca bene, che si urlavano addosso più che giocare, squadre che appena arrivi all’allenamento ti guardano da capo a piedi e cominciano a farti domande e se si rendono conto che non sai nulla di calcio, come Oliver, che va solo per divertirsi e imparare uno sport nuovo ma che per ora non ha mostrato interesse nelle partite, ti escludono subito ecc ecc

Ora, noi e i bimbi abbiamo esperienza solo con il calcio e con la pallacanestro come sport di squadra e nella pallacanestro c’è stato sempre e da subito un bellissimo ambiente, mentre nel calcio è più normale che l’ambiente sia molto competitivo, proprio anche tra genitori che urlano dagli spalti manco dovessero arrivare ai mondiali. E con alcuni genitori poi parlavamo di come al di là dello sport comunque questa competitività nasce dalla scuola e purtroppo, al contrario di quello che crediamo, non è sana per lo sviluppo dei bambini. Quindi oggi ho deciso di parlarvi di 6 aspetti dell’educazione tradizionale che incoraggiano una competitività malsana tra i bambini, non per dare contro alla scuola tradizionale perché non tutte le scuole sono così, ma perché come sempre credo sia importante essere consapevoli degli ambienti che frequentano in nostri bambini perché noi a casa possiamo fare molto. Quindi magari prima di dico questi 6 aspetti e poi vi do la “soluzione” montessoriana.  

1. Gli esami:

Gli esami sono prove costanti per qualificare i bambini, che finiscono per diventare il voto non solo della performance accademica ma anche del valore della persona. Non tengono conto del ritmo individuale di apprendimento. Richiedono che tutti i bambini acquisiscano la stessa conoscenza allo stesso tempo. Quando un bambino è più lento in una materia, viene punito con un brutto voto. Questo provoca in lui una sensazione di tristezza e frustrazione, soprattutto quando vede che il suo amico o la sua amica hanno preso un bel voto. Spesso il bel voto del compagno non aiuta il bambino a pensare “mi devo sforzare di più” anche perché magari lui si è sforzato al massimo con le capacità che ha in questo momento per quella materia (perché non l’interesse naturale del momento), ma lo condanna a sentirsi inferiore e a sentire che vale di meno.   

2. Compiti a casa che finiscono per fare i genitori:

Tra l’altro in alcune scuole ho visto addirittura compiti a casa con voto, e quando c’è il voto stai sicuro che il genitore si attiva.. E qui parlo proprio di quei compiti a casa (che io ricordo bene perché ero a farli con i bambini quando facevo da tutor), che sono più progetti universitari, modelli realizzati con la pasta, disegni perfetti con glitter e pezzi di foglie e legno, poster con effetti speciali, invenzioni che brillano, fanno fumo o magari fuochi d'artificio, che i genitori preparano o finiscono da soli generalmente a tarda notte sacrificando i loro momenti di riposo affinché il bambino prenda un bel voto. Purtroppo spesso quello che vedevo quando andavo a casa di queste famiglie è che sembrava che la cosa importante fosse il progetto del bambino, che forse spettacolare, ma in realtà poco importava al genitore poco se il bambino partecipava o meno e se imparava o meno. Questa competizione contro gli altri è una mentalità che i bambini vedono e interiorizzano.

3. I voti:

I voti sono diventati quasi il momento chiave del percorso. Sono quelli che determinano se un bambino impara o meno. Lo fanno in modo tale che se un bambino è curioso di insetti o dinosauri, ma non ha imparato a conoscere i fiumi, prende un brutto voto e quindi "ha bisogno di migliorare" sui fiumi senza tenere in conto che se gli avessero chiesto qualcosa sugli insetti avrebbe preso il voto migliore. I voto suppongono un tale elemento di pressione che i bambini e i ragazzini finiscono per studiare per passare l’esame e non per imparare. Memorizzano concetti per il giorno dell'esame che qualche giorno dopo rimangono nel cassetto dell'oblio. Spesso imparano le parole esatte del libro perché l’insegnante toglie un voto se non lo fanno (storia vera che mi ha raccontato una bambina a cui insegnavo mentre stavamo ripassando scienze in inglese (7 anni, lei spagnola) e vedevo che lei stava facendo molta fatica ma che in spagnolo lo sapeva e allora le ho detto: “usa le tue parole in inglese, quelle che conosci” e lei mi ha detto che non voleva perché l’insegnante toglieva punti). Poi ci stupiamo se adulti italiani colti con studi importanti non conoscono la geografia mondiale o anche solo italiana, per esempio.

4. Squadre competitive:

Una delle cose che molti genitori non sanno è che, riassumendo moltissimo, gli studi sullo sviluppo dei bambini dimostrano che prima dei 6 anni i bambini lavorano meglio individualmente, dopo i 6 anni lavorano in gruppo. La scuola di solito fa il contrario: ovvero li mette in gruppo a cantare canzoni e fare disegni e attività prima dei 6 anni e alle elementari li divide in banchi singoli e li sgrida se parlano. Una volta si lavorava molto meno in gruppo, oggi tante scuole hanno attività di gruppo alle elementari, ma troppo spesso il lavoro avviene in gruppi avviene in modo competitivo. Il gruppo con il miglior lavoro avrà un risultato ottimo e avrà un punto in più sul voto finale o qualcosa del genere. Quindi anche qui il focus è sul “competere” con l’altra squadra, l’altro gruppo, piuttosto che fare ricerca per imparare ciò che stiamo scoprendo.

5. Le punizioni (non potevano mancare):

Quando un bambino "si comporta male" a scuola, viene inflitta una punizione. A volte questa punizione è per la classe intera, a volte è per un singolo individuo e quel bambino viene punito e umiliato davanti all’intera classe, altri 20, 25 bambini. La punizione a questo punto diventa irrispettosa, è una mancanza di rispetto. Il bambino si sente ridicolizzato e inferiore rispetto ai suoi coetanei e questo suscita in lui sentimenti negativi. Si fa poco lavoro con il bambino stesso per fargli comprendere le conseguenze delle sue azioni in modo rispettoso e individuale.

6. E poi non potevano nemmeno mancare i premi, gli adesivi ecc:

I premi sono una corruzione, le cose vanno detto come stanno, corrompono i bambini per lo sforzo. I premi a scuola sono pericolosi perché incoraggiano una competizione malsana, e visto che non si rispettano i tempi e gli interessi individuali, spesso anche se i bambini si sforzano, non ottengono il premio perché non hanno raggiunto l'obiettivo e quindi si sentono frustrati. Vedono che il compagno o la compagna ha preso tre adesivi e loro nemmeno uno. La motivazione diventa demotivazione. Cominciano a pensare di non valere perché non ottengono quell’inutile adesivo. Nessun bambino dovrebbe essere ricompensato per l'apprendimento. Dovremmo lavorare di più affinché i bambini si sentano felici nell'apprendimento, in modo che imparino con curiosità ed entusiasmo. Da poco un genitore mi ha raccontato che a scuola si dà un adesivo a chi è gentile tutto il giorno: io sono rimasta di sale. Perché siamo passati a usare premi non solo per premiare lo sforzo ma anche per premiare i comportamenti: dovremmo usare anche un po’ di buonsenso, essere gentili tutto il girono significa che se hai un’emozione forte e la esprimi con un urlo, cosa normalissima per un bambino piccolo, non ricevi il tuo premio e impari che le emozioni come la rabbia vanno represse.  

Ora. Voglio usare la pedagogia montessori per parlarvi di come incoraggia la cooperazione e NON la competizione.

Maria Montessori credeva che l'educazione fosse lo strumento migliore per raggiungere la pace, cosa che credo anche io: credo che se mai raggiungeremo obiettivi importanti come l’assenza di guerre o la cura del pianeta Terra è partendo dai bambini e promuovendo nei bambini valori di rispetto e pace. Detto questo, vorrei dirvi a differenza con gli aspetti elencati prima nella scuola montessori tradizionali. 

  • In Montessori non ci sono esami:

La motivazione dei bambini è continuare ad apprendere e migliorare se stessi. Le insegnanti valutano i bambini con metodi loro che spesso restano privati e non vengono nemmeno comunicati al genitore, se non ce n’è bisogno.

  • In Montessori non ci sono compiti noiosi:

L’apprendimento funziona attraverso le esperienze. I bambini vivono il loro apprendimento in aula. Possono ampliare le loro conoscenze a casa, ma non ci sono compiti monotoni e ripetitivi come nell'insegnamento tradizionale. E non ottengono voti, quindi quando fuori dall’aula visitano musei, fanno progetti o ricerche lo fanno senza la pressione di ricevere un voto o di fare il miglior progetto e quindi lo vivono come un momento di gioia dell’apprendimento, posso nutrire il loro naturale amore per il sapere che tutti i bambini hanno. E questo rimuove la competizione, perché ottenere un voto alla pari con il resto dei compagni crea molta pressione.

  • In Montessori i bambini non ricevono voti:

La guida OSSERVA ogni bambino. Ognuno di loro segue un ritmo individuale e ogni progresso o ogni difficoltà non viene valutata o etichettata o premiata. Questo motiva il bambino ad imparare senza paura, senza pressione, solo per la soddisfazione di sapere, di scoprire qualcosa di nuovo.

  • In Montessori, come vi dicevo prima si lavora in maniera cooperativa fin dalla scuola elementare:

In questa fase, i bambini hanno un grande bisogno di socializzazione a cui si può rispondere attraverso il lavoro cooperativo. I bambini collaborano, si aiutano a vicenda per giungere a conclusioni, per conoscere un argomento specifico, per correggere i loro errori anche. Non competono tra loro, si aiutano.

  • Nelle aule Montessori c'è un misto di età:

Il modo migliore per il bambino per imparare a non fare paragoni è quello di potersi sentire parte di una micro-società in cui ci sono bambini più piccoli da aiutare, ma anche bambini coetanei o più grandi che possono aiutarlo. Questo bilancia, crea un equilibro, anche di emozioni e sentimenti ed esperienze. E poi annulla quel confronto costante sulla valutazione e l’evoluzione dei coetanei e promuove valori come solidarietà, empatia, pazienza, dialogo, risoluzione di problemi, cooperazione… Questi sono valori che la scuola dovrebbe insegnare e che serviranno un futuro migliore.

  • In Montessori non ci sono né premi né castighi:

Ci sono bambini che ragionano sulle conseguenze delle loro azioni e partecipano a riparare il danno causato o a risolvere il conflitto che si è generato con un amico, senza essere ridicolizzati in pubblico. I premi non servono perché la motivazione di fare bene o essere gentili è intrinseca, arriva da dentro. E visto che si lavoro molto in maniera individuale, anche quando un bambino fa qualcosa di ottimo, le insegnanti possono parlarne con lui senza coinvolgere gli altri e anche questo impedisce che si creino sentimenti negativi di invidia e competitività.

E poi c’è un'ultima riflessione che voglio fare prima di lasciarvi andare alle vostre giornate, perché è possibile che qualcuno di voi lo abbia pensato mentre mi ascoltavate.

Alcuni persone pensano che sia importante risvegliare nei bambini la sensazione di competizione in modo che diventino adulti brillanti e competenti. Ma la competizione tra le persone suscita sentimenti negativi, sensazioni che poi in età adulta ci impediscono di concentrarci su ciò che è davvero importante, che è il percorso, il lavoro, lo sforzo e a lungo andare la mentalità della competizione offusca i nostri veri obiettivi. Il modo migliore per essere persone competenti nella vita è conoscere il proprio valore. Viviamo in un mondo competitivo. È vero. Ma il modo migliore per essere competenti e avere successo è essere soddisfatti di ciò che facciamo. Non raggiungeremo mai la piena soddisfazione se stiamo sempre cercando di superare il prossimo, se non ci concentriamo sulle nostre conquiste individuali e soprattutto sul nostro percorso che è diverso da quello di qualsiasi altra persona, se pensiamo di più a superare il prossimo piuttosto che noi stessi. Perfezionarsi è una tendenza umana, tutti tendiamo a perfezionarci se ne abbiamo la possibilità e non ne siamo ostacolati, e nelle aule Montessori è proprio questo che si vuole: dare ai bambini la possibilità di perfezionarsi seguendo i propri interessi e la propria curiosità senza la richiesta di essere i migliori o i primi della classe, perché quella richiesta, quella pressione, è proprio ciò che poi ammazza la tendenza a perfezionarsi. È un po’ come Picasso disse sull’arte, “Tutti i bambini nascono artisti. Il problema è rimanere artisti mentre cresciamo”. 

Per migliorarci, per perfezionarci, dobbiamo imparare a competere con noi stessi, dobbiamo sviluppare la sicurezza in noi e sapere come superare noi da soli i nostri limiti. La concorrenza serve nel mondo adulto perché può ispirare, perché alla fine tutto ciò che creiamo è un remix di ciò che già esiste, ma la competizione malsana che insegna la scuola tradizionale non ci insegna a vedere la concorrenza come qualcosa di positivo, ma come qualcosa che ci provoca invidia. La competizione si può imparare nello sport, in cui il gioco alla fine è proprio quello, la competizione è il gioco, si basa su quello. Ma la scuola dovrebbe basarsi sull’apprendimento, sulla gioia dell’apprendimento, sulla promozione dell’apprendimento e sul trasmettere valori più sani come la collaborazione.

E mi devo fermare perché i bimbi stanno cuocendo delle uova (che ormai saranno pronte) e io ho promesso che avrei apportato il mio contributo preparando un’insalata. Quindi vado, ma prima vi ricordo che mi trovate anche su www.latela.com e su instagram come lateladicarlottablog.

Buona serata, buona giornata o buona notte, a seconda di dove siete nel mondo.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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