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Episodio 55 ·

Sensi di colpa (parte 3): "Non mi piace giocare con mio figlio"

In questo episodio di Educare con Calma vi parlo di una confessione che mi fanno molti genitori e nella quale mi riconosco al 100%: mi sento in colpa perché non mi piace giocare con i miei figli. Anche a me non è mai piaciuto giocare con i miei figli, ma da quando ho capito che cosa sono disposta ad offrire e che anche le mie preferenze contano, sto imparando a stare e giocare con i miei figli in modo tutto nuovo. 

:: In questo post ho menzionato:

Episodio 53 Riflessioni sui due anni (riguardo all’idea del “ciò che siamo disposti ad offrire”)

Episodio 42 ("Sto sbagliando tutto") e 43 ("Non so facendo abbastanza")che sono i primi episodi su altri tipi di senso di colpa

Episodio 23 Viaggiare a tempo pieno: domande e risposte

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  • Educare a lungo termine: un corso online su come educare i nostri figli (e prima noi stessi) in maniera più consapevole. Tanti genitori mi dicono che gli ha cambiato la vita.
  • Co-schooling – educare a casa: un corso online su come giocare con i figli in maniera produttiva e affiancare il percorso scolastico per mantenere vivo il loro naturale amore per il sapere.
Oggi vorrei parlarvi di una frase che molti genitori mi scrivono: mi sento in colpa perché non mi piace giocare con i miei figli. 
E onestamente non ho nemmeno una scaletta, non so esattamente che cosa possa rispondere, ma so bene di volerne parlare perché mi sono sentita spesso allo stesso modo e con gli anni ho imparato non solo a convivere anche con questa parte di me, accettarla e perdonarmi, ma anche a comunicare ai miei bambini le mie preferenze, a comunicare loro ciò che sono disposta ad offrire, e di questa idea di che cosa siamo disposti ad offrire ne ho parlato nell’episodio 53. Ma andiamo in ordine. 

Prima di tutto vi racconto un piccolo dietro le quinte. Io non amo sedermi per terra e giocare con i giocattoli e non mi è mai davvero piaciuto giocare  o fare attività con i bambini: vedo mamme che sono naturalmente predisposte a giocare con i bambini, a loro sembra venire tutto così spontaneo, facile, inventano un gioco al minuto, sanno sempre come intrattenere i bambini, non si vergognano a fare i pagliacci e lo fanno anche bene, corrono, saltano, ballano, cantano canzoni, giocano a nascondino e sembrano perfino divertirsi mentre fanno tutto questo… 

Ecco, io non sono una di quelle mamme, proprio zero. Io preferisco attività e giochi rilassanti, sedermi a leggere un libro o colorare o giocare a carte o fare un puzzle. Attenzione, non sto dicendo che non sono capace a fare attività e giocare con i bambini, nella mia vita pre-mamma ho lavorato con i bambini per tanti anni e loro mi adoravano, ero brava a preparare le “lezioni” e implementarle… cantavo, ballavo e giocavo. Proprio come quelle mamme d cui parlavo prima. Me la cavavo bene. Ma dire che mi piaceva è tutt’altra cosa.

Non mi piaceva. I bambini si divertivano, certo, ma io no. Non era una di quelle attività che mi rigenerava, per esempio. Sento tante mamme dire che si sentono rigenerate quando possono sedersi e giocare con i figli, ecco io no: mi sento esausta, mi prosciuga mentalmente.

Quando sono diventata mamma, ovviamente nulla di questo è cambiato. Sapete quello che si sente dire spesso, che appena diventi madre è come se si schiacciasse un bottone e boom l’istinto materno si attiva e inizi a trovare piacere in cose che prima non ti piacevano. Ecco, io personalmente quel bottone non l’ho trovato. 

Non voglio che mi fraintendiate: io per esempio ho fatto cose come le giostrine montessori per i miei figli da zero, ho cercato i materiali, mi sono creata i modelli da stampare che ho poi incluso nel mio corso Educare a lungo termine e quello l’ho fatto perché mi piaceva, la manualità mi piace, mi rilassa, mi ricarica… ma perché la faccio da sola. È un momento mio, è me-time, senza bambini da dirigere, da coinvolgere, che poi magari non seguono il mio piano mentale, il mio ordine mentale, che colorano fuori dalle righe… ecco, il perfezionismo è un’altra di quelle cose con cui ho dovuto fare i conti dopo essere diventata mamma e ho imparato con Oliver ed Emily a essere molto più flessibile quando lavoriamo insieme, a seguire loro e il loro modo di lavorare anche se non rispecchia quello che farei io… cioè, io ero una di quelle mamme che avrebbe aiutato i figli a fare i compiti a casa di disegno per esempio per portarli a scuola belli… quindi capirete che sono davvero cambiata tantissimo e oggi mi preferisco, credo che sia più sano per me e per loro, lasciare più tempo, più lentezza, più libertà di espressione e più accoglienza verso l’imperfezione e questo lo devo soprattutto a Montessori.

Proprio per questa mia tendenza a non amare il gioco con i miei figli, io li portavo spesso fuori e praticamente pianificavo ogni pomeriggio un parco giochi o un’attività come le lezioni di ballo o di musica tennis ecc ecc Finché nel 2018 (Oliver aveva 3 anni, Emily 1 e mezzo) siamo andati in Canada per due mesi (che forse ricorderete se avete ascoltato l’episodio con domande e risposte sul nostro stile di vita nomade) e lì a Montreal non avevo amici con cui andare al parco giochi né conoscevo attività a cui portare i bimbi ed è successa una cosa interessante: ho iniziato a portare i bimbi al parco giochi da sola e mi ero resa conto che mi rilassava moltissimo, molto di più dell’avere sempre qualcosa da fare e qualcuno con cui farlo, che alla fine era toppo anche per me che sono un essere sociale e amo stare con la gente. 

E questo l’ho scoperto un giorno che ero in un parco giochi a Montreal e mi sono resa conto che per la prima volta ero seduta ad osservare i miei figli mentre giocavano, e dico per la prima volta perché a Marbella era raro che io osservassi i miei figli giocare, c’era sempre qualche mamma con cui chiacchierare e quindi spesso ci sedevamo e parlavamo tra mamme che era anche bello perché questa rete di mamme era un bel supporto psicologico anche per me. Ma l’avevo portato all’estremo, raramente stavo in casa con i miei bimbi o mi fermavo a osservarli giocare. E questa nuova consapevolezza mi è piaciuta tanto che quando sono tornata alla vita normale a Marbella ho cambiato tutto: ho tolto tutte le attività pomeridiane dei bimbi tranne il nuoto e ho iniziato a dire no a molti incontri tra mamme. Invece andavo sola con loro al parco giochi o spesso rimanevamo a casa: e tra l’altro è stato proprio il periodo in Canada che ha avviato il processo per insegnare ai bimbi a giocare insieme in casa e a rispettare il lavoro mio e di Alex, e visto che le cose non capitano mai per caso queste capacità ci sono venute molto utili quando poi siamo partiti per viaggiare a tempo pieno, che ovviamente abbiamo dovuto imparare all’ennesima potenza a convivere insieme h24. 

E questo cambiamento ha avuto un riflesso immenso nella nostra armonia di famiglia e per la prima volta mi sono resa conto che la routine che avevo messo in piedi prima non rispettava il nostro ritmo biologico di famiglia (ogni famiglia ha un proprio ritmo biologico), ma era una routine che io avevo creato perché… ma, non so perché, forse perché era quello che facevano le altre mamme e quindi io mi accodavo. Dopo il Canada ovviamente i bambini avevano qualche attività programmata o ci trovavamo con amici ed era bellissimo ma succedeva molto meno, quindi su 5 giorni di scuola magari avevamo una playdate un giorno e una lezione di nuoto l’altra e pazienza se sacrificavamo il tennis.

Erano chiaramente più sereni loro ed ero più serena io. Perché? Forse perché vivevamo più lentamente e questo aiutava tutti ad arrivare a fine giornata non affannati, con quella sensazione di aver corso tutto il giorno come un headless chicken, un pollo senza testa come si dice in inglese.   

Ma la lentezza non è l’unica cosa che mi ha insegnato quel cambiamento: avere più tempo libero, senza attività e senza persone intorno mi ha insegnato davvero a stare con i miei figli e nel lockdown mi sono davvero resa conto che molti genitori non sanno stare con i figli e tra l’altro lo capisco benissimo, perché quando per motivi di lavoro i bambini vanno a scuola dalle 9 del mattino alle 4 del pomeriggio, poi hanno un’attività extra scolastica e quando si arriva a casa è praticamente ora di cena, i genitori devono cucinare e poi routine della nanna… il tempo di qualità genitore-figlio è stato praticamente inesistente. E non dico che sia sbagliato, ci sono genitori che non possono fare altrimenti e i bambini sono sereni comunque perché si abituano a questo stile di vita (i bambini hanno una capacità di adattamento pazzesca), ma a me Carlotta quello stile di vita non rendeva felice. Mi sentivo spesso in colpa perché non dedicavo tempo di qualità ai miei figli e quindi ho capito che dovevo cambiare qualcosa e per me la soluzione è stata quella di ridurre le attività con altra gente e aumentare il tempo insieme.

Ed è così che ho anche imparato a giocare con i miei figli. Senza adattarmi ai giochi che vogliono fare loro, che magari a me non piacciono, ma capendo che cosa sono disposta ad offrire io perché la mia volontà e le mie preferenza contano tanto quanto le loro. Ed è allora che ho capito che per me il vero problema del gioco con i miei figli era questa idea distorta del genitore che crea sempre giochi nuovi e sempre attività diverse, insomma la mentalità che ci propongono social media come instagram, pinterest, che ci sommergono letteralmente di possibili attività da fare con i bambini e di genitori che ogni giorno sembrano trovare il tempo per fare queste attività. E poi la nostra mente comincia a pensare “ecco, quello è il giusto modello di genitore, è lì che devo arrivare”. E invece no, l’unico posto dove dobbiamo arrivare è quel mondo interiore che non ha spazio per i sensi di colpa. E quei modelli che vediamo su instagram ci portano verso il senso di colpa, non ci allontanano dal senso di colpa. E quella è anche una ragione per cui io di solito pubblico pochissime attività sul mio profilo, non perché non ne faccia con i miei bambini ma perché non voglio contribuire ad avvicinare i genitori al senso di colpa. Che già quando si parla di educazione a lungo termine se non siamo consapevoli di noi e non sappiamo essere gentili con noi stessi di senso di colpa se ne genera già abbastanza (se volete approfondire il tema sensi di colpa vi invito ad ascoltare gli episodi 42 e 43 del podcast).


E vi assicuro che nemmeno io sono stata immune a quegli account di genitori che propongono mille attività e giochi e sembra che passino tutto il giorno a giocare con i loro bambini. E io seguivo tantissimi account così e se da un lato mi piacevano, dall’altro mi rendevo conto che mi mettevano ansia perché forse mi facevano sentire inferiore, meno mamma forse. E questo ovviamente si era intensificato proprio quando avevo deciso di stare più a casa con Oliver ed Emily al pomeriggio, perché mi rendevo conto che i pomeriggi erano improvvisamente lunghissimi e io non sapevo ancora davvero stare con loro e quindi mi sentivo un po’ persa. Quei profili mi facevano sentire come se dovessi fare qualcosa in più, come se dovessi creare una routine che fosse anche un’opportunità di apprendimento oltre che di condivisione. Per esempio, che ne so, giochiamo una mezz’ora, poi leggiamo un’altra mezz’ora poi facciamo quell’attività sul corpo umano, poi prepariamo insieme i biscotti ecc ecc ed è così che si creano dei bei ricordi insieme.

Ma io non sono quella mamma, perché mi stavo forzando ad esserlo?  Quella routine andava completamente contro la mia natura e alla fine era la stessa routine frenetica di prima senza l’aspetto sociale. 

E allora ho smesso di seguire tanti di quei profili su Instagram, ho abbandonato pinterest e sono ripartita da me, mi sono guardata dentro, mi sono chiesta che cosa fossi disposta ad offrire ai miei figli in quel tempo insieme, ho osservato loro per capire che cosa gli piace e mi sono osservata per capire capire che cosa piace a me. Perché i momenti in cui faccio qualcosa che piace anche a me, sono anche i momenti in cui i miei figli sono più serenisi divertono di più e quindi piano piano ho accettato che non sono quel tipo di mamma dall’attività sempre pronta (che chiariamo, io stimo perché non è semplice) e che va bene così. 

Ho scoperto, per esempio, che magari non mi piace mettermi a giocare con i lego se non ho delle istruzioni (perché non amo inventare cose come fanno i bimbi) o non sono disposta a preparare delle attività che trovo online, ma invece mi piace e sono disposta a giocare e perfino inventare giochi con i materiali montessori che abbiamo, che sono super versatili e si prestano a tantissime attività e giochi che io chiamo giochi produttivi. Ed è per questo che ho creato il corso co-schooling; educare a casa, proprio per condividere queste attività e questi giochi che mi hanno davvero aiutata a imparare a giocare con i miei figli e a scoprire che cosa sono disposta ad offrire. Poi ovviamente il corso è molto più ampio, chi ce l’ha sa che è molto più di questo.

E tra l’altro non solo ho scoperto che cosa sono disposta ad offrire, ma ho anche imparato a comunicavo ai miei figli. COme loro hanno le loro preferenza, anche io ho le mie e come loro le esprimono a me, io le esprimo a loro: se un gioco non mi piace glielo comunico e magari allora giochiamo 10 minuti con quel gioco e poi scelgo io un gioco. Ecco, questo tipo di compromesso per noi funziona molto bene. 

Ecco, non so nemmeno se ho detto tutto quello che era nella mia mente, perché ora non ho la più pallida idea di che cosa ho detto e cosa no, ma credo che per me l’essenza è proprio il cercare di allontanarsi dal senso di colpa. Cercare di accettare chi siamo e come siamo, anche se i social media e i film ci mostrano un modello diverso e cercare di capire che cosa siamo disposti ad offrire. E per chi può, anche osservare il ritmo biologico della nostra famiglia e riflettere sul tempo di qualità che passiamo con i nostri figli, e per me tempo di qualità non è tempo al parco giochi a chiacchierare con altre mamme mentre i bimbi giocano, ma è dedicare loro la nostra attenzione esclusiva. E con questo non voglio dire che dobbiate ora cancellare tutte le attività extrascolastiche e non vedere più amici, ma semplicemente sviluppare un nuovo livello di  consapevolezza del tempo che passiamo con i bambini. 

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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