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Episodio 79 ·

I capricci non sono capricci!

In occasione del lancio della mia nuova guida online per genitori + libro stampabile per bambini "È il tuo coccodrillo. Verità bomba sui capricci e come affrontarli con calma", ho deciso di dedicare l'episodio di oggi ai capricci. Vi spiego perché il termine capricci è sbagliato, e vi racconto con esempi pratici e riflessioni oneste perché dovremmo cambiare la mentalità sui capricci.

Se ti piace questo episodio, se le mie parole toccano qualche corda dentro di te, amerai la mia nuova guida sulle crisi dei bambini (quelli che comunemente chiamiamo "capricci"): "È il tuo coccodrillo - Verità bomba sui capricci e come affrontarli con calma" che include un libro stampabile per bambini perché anche loro possano iniziare a capire come funziona il loro cervello e che esiste un modo pacifico di affrontare le crisi.

Nell'episodio menziono anche la guida gratis "10 modi per educare con calma durante una crisi" che ricevi come regalo di benvenuto quando ti iscrivi alla mia newsletter. Puoi iscriverti qui.

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Ho da poco lanciato la mia nuova guida per genitori sui capricci. Si intitola “È il tuo coccodrillo. Verità bomba sui capricci e su come affrontarli con calma”, è ricca di spunti per i genitori per cambiare la mentalità sui capricci e include un bellissimo libro illustrato per bambini stampabile in cui succede proprio una situazione (ispirata a una storia vera con mio figlio Oliver piccolo) che verrebbe definita capriccio e in cui vi mostriamo come la affrontiamo.

In occasione del lancio della guida, oggi vorrei parlarvi proprio di capricci e inizierei dicendo che tanti dei comportamenti che oggi descriviamo come capricci in realtà non sono capricci. E lo dico con tanta sicurezza per una semplicissima ragione: i capricci, nell’accezione del termine che intendiamo noi, non esistono! Ora, sento già le vostre menti dire, non è vero, ma allora questi comportamenti che cosa sono, io ti posso descrivere mille situazioni in cui mio figlio fa i capricci.

Quindi mi spiego meglio: questi comportamenti che noi, tradizionalmente, chiamiamo capricci esistono, certo, li conosciamo tutti, li abbiamo vissuti tutti con i nostri figli, ma è come li definiamo che è sbagliato: la parola “capricci” è sbagliata! Perché ha una connotazione estremamente negativa nella mente delle persone, appena diciamo capriccio relazionato a un bambino, pensiamo che in quel momento il bambino si sta comportando “male”.

Quante volte mia nonna quando i miei figli piangono o si lamentano, mi dice “fanno i capricci, eh ”; quante volte se i bambini si comportano “male” al ristorante, il cameriere gli dice “dai, non siate capricciosi, fate i bravi”… e così via… la parola capriccio ha un’accezione negativa nella nostra mente.

In realtà, non so se ci avete mai pensato, ma la parola capriccio etimologicamente parlando (io sono un’appassionata di etimologie) non ha nulla a che vedere con un mal comportamento, deriva da capo riccio, ovvero dall’avere i capelli ricci che un tempo erano associati a un carattere un po’ stravagante. E se guardiamo la definizione di capriccio il dizionario ci dice:

Voglia o idea stravagante o bizzarra, perseguita, sia pure non a lungo, con ostinazione o cocciutaggine

E questo è esattamente il comportamento del bambino che noi definiamo capriccio. È una voglia stravagante e ostinata che passa in fretta (soprattutto se siamo in grado di accoglierla noi genitori e di questo parlo dopo).

Quindi in realtà la parola capriccio oggi ha una connotazione negativa, ma il comportamento del bambino quando fa i “capricci” non è affatto negativo! È una voglia che il bambino non riesce a soddisfare o non riesce a esprimere o non riesce a processare e quindi si trasforma in una crisi, in un pianto, in un grido di aiuto, in una manifestazione di rabbia e frustrazione.

Ma ovviamente anche se razionalmente capiamo che il comportamento che noi definiamo capriccio non è negativo, l’accezione negativa della parola è talmente intrinseca in noi, è talmente naturale pensare “capriccio=comportamento negativo” che io nel mio corso Educare a Lungo Termine invito a rimuoverla dal nostro vocabolario e usare invece la parola crisi.

Crisi a me sembra una parola molto più onesta per descrivere quel comportamento. E non solo più onesta, ma secondo me aiuta anche il genitore ad avere più empatia in quel momento. Perché? Perché tutti ci sentiamo in crisi a volte. Se io vengo da te e ti dico “Mi sento totalmente in crisi” tu ti siedi con me e mi dici “Parliamone”. Non mi dici “ecco, sei sempre la solita, ma non ti vergogni a comportarti così, smetti di piangere, calmati”… ecc ecc ecc E allora perché non pensiamo lo stesso quando i nostri figli sono in crisi?

Una domanda che faccio ai genitori nel mio corso e che ha cambiato tantissimo la mia visione personale delle crisi dei miei figli è: Quando ti senti fuori controllo, in crisi, vorresti qualcuno che ti punisse o che ti aiutasse a calmarti? Onestamente sono sicura che ognuno di voi nella sua mente ha risposto, vorrei qualcuno che mi aiutasse a calmarmi. Anche io.

Quindi credo che per cambiare questo alone di negatività che avvolge la parola “capricci” sia importante

1. Sostituire la parola capriccio con crisi: le parole che usiamo, lo dico sempre, ormai sarete stanchi di sentirmelo dire, sono potentissime, anche e sopratutto nella nostra mente. Se continuiamo a chiamarli capricci, nella nostra mente sarà molto più difficile cambiare prospettiva e smettere di vedere il comportamento come negativo.

E 2. Informarsi, essere curiosi, inquisitivi, capire che cosa c’è dietro alla crisi dei nostri figli e non mi riferisco solo a che cosa l’ha causata, perché davvero a volte non c’è ragione che noi consideriamo valida (occhio, c’è sempre una ragione, ma spesso per noi è davvero “inutile”… non posso mettermi il paio di calze che volevo perché mamma le ha lavate, avevo sete ma mio fratello ha bevuto dalla borraccia prima di me, mamma è salita in macchina prima di papà… cose che ci sembrano assurde e ci fanno girare gli occhi al cielo).

Ciò che intendo con “capire che cosa c’è dietro alla crisi” è capire chi è nostro figlio in quella determinata fase del suo sviluppo.

Vi faccio due esempi.

Mio figlio ha 2 anni e mezzo e si butta a terra piangendo, perché non gli voglio dare un terzo biscotto.

I due anni sono un periodo di fortissima transizione interiore. I bambini sono nel pieno della fase dell'auto-affermazione. E che cosa succede in questa fase dello sviluppo? Succede che si stanno rendendo conto di essere persone a se stanti, diverse da mamma e papà e con una propria capacità decisionale. E di che cosa hanno bisogno in questa fase dello sviluppo? Hanno bisogno di praticare la loro volontà e la loro indipendenza e quella crisi perché io non do il terzo biscotto non è altro che la manifestazione della loro volontà, è mio figlio che mi dice “quello che voglio io è diverso da quello che vuoi tu e la mia volontà conta tanto quanto la tua”. Il livello di confusione mentale di un bambino di due anni è "simile" a quello di un bambino che entra nell’adolescenza, ma con *molta* meno capacità di razionalizzare e comprendere ciò che gli sta succedendo. È un mix esplosivo.

Altro esempio, mia figlia ha 6 anni, provo a parlare con lei di un comportamento che non mi è piaciuto, lei mi dà una manata sul braccio, mi dice che non vuole parlare e se ne va. Anche questo comportamento nella nostra mentalità è una forma di capriccio.

Eppure, quello che non vediamo in questo comportamento, è che i 6 anni sono delicati. A 6 anni i bambini sono a cavallo tra il primo e il secondo piano dello sviluppo. In termini Montessoriani il primo piano dello sviluppo va da 0 a 6 anni e il secondo piano dello sviluppo va da 6 a 12 anni. Immaginiamo una linea per terra che divide i due piani dello sviluppo.

A 6 anni, per dire un’età indicativa, ma può averne 5 o può averne 7, nostro figlio è come se avesse un piede al di qua della linea e un piede al di là della linea. È grande, ma è ancora piccolo. Io spesso penso a un ponte, è come se i nostri bambini a questa età fossero su un ponte da soli e camminasse verso la pubertà: a volte procedono spediti e ci sembrano così grandi, cosi maturi, così autonomi e indipendenti; altre volte si guardano indietro, ci vedono ancora più lontani e si ricordano che forse non hanno così voglia di essere grandi.

E allora tornano un pochino verso di noi ed è in quel momento che magari esce un comportamento da bimbo più piccolo ed è in quel momento che ci prendono così alla sprovvista, perché fino a due minuti fa ci sembravano pronti per andare a vivere da soli, che ci escono quelle frasi tipo “ma smettila, che sei grande”, “solo i bambini piccoli si comportano così”, “ma non hai più due anni”.

E questo un po’ mi emoziona quando lo dico perché ci vedo tantissimo Oliver in questa fase e anche se non è affatto facile, quando ha una crisi, cerco di interpretare il suo comportamento, di essere il suo interprete, me lo immagino su quel ponte che si gira e mi dice: “mamma, mi sono girato e ti ho vista così lontana che mi sono spaventato e non so come attirare la tua attenzione perché tu mi vedi così grande, ma io sono ancora piccolo”.

Ma lui non dice tutto questo, magari fa come la bambina di cui parlavo prima e mi dice che non vuole parlare e se ne va in camera sua. Quel comportamento, per quanto fastidioso, non è una regressione, non è un capriccio, è un bisogno della nostra presenza, di tenerci ancora un po’ con sé, perché si rendono conto che si stanno allontanando velocemente. Dobbiamo accoglierli.

Ma più abbiamo questa mentalità del capriccio, questa visione negativa della crisi, meno possiamo accoglierli durante la crisi. E quando non li accogliamo diventa una lotta di potere.

Riprendo l’esempio della bambina che ha una crisi perché vuole il terzo biscotto: abbiamo detto 2 biscotti, mangiamo sempre solo 2 biscotti per merenda, mia figlia lo sa, eppure me ne chiede un terzo e quando me ne chiede un terzo, perché ha voglia di mangiarne tre e sta praticando la sua volontà, io dico di no, si mette a piangere disperata, inizia la crisi.

Ma il problema non è la crisi, la crisi è solo l’espressione della sua rabbia, della sensazione di impotenza di fronte alla mia decisione categorica, è un dire “guarda che questa cosa non mi piace”, ma lei tutto questo lo esprime piangendo e picchiando e buttandosi a terra perché 1. Magari non sa ancora esprimerlo a parole e 2. Anche se è un bambino o una bambina vocale, verbale, il suo cervello non è ancora in grado di processare quest’emozione forte in altro modo, non è ancora in grado di processare le emozioni.

Quindi il vero problema non è la crisi: il vero problema è come noi genitori rispondiamo alla crisi. È la nostra reazione che porta alla lotta di potere e quando entriamo nella lotta di potere, perdiamo tutti.

La differenza di un genitore che entra nella lotta di potere e uno che riesce a restarne fuori, spesso sta in quel momento, brevissimo, in cui stiamo per reagire.

Riprendiamo il nostro esempio dei biscotti: mio figlio ha una crisi fortissima perché gli ho detto di no.

Io genitore reagisco alla sua crisi, mi arrabbio, gli dico “non è possibile che ti metti a piangere così per un biscotto, te l’ho detto cento volte che piangere non serve a nulla, cosa pensi di stare risolvendo così? Smetti di piangere, tanto il biscotto non te lo do lo stesso”. Questa è una reazione. Con questa reazione nessuno impara nulla, perché la mente del bambino in quel momento non è ricettiva, quindi le nostre parole non servono a nulla, nemmeno a farci sentire meglio, tra l’altro, perché poi ci sentiamo in colpa.

Ora immaginiamo che invece di reagire, io genitore faccio una pausa e scelgo il modo in cui voglio agire. Agisco, non reagisco.

Quella pausa mi dà il tempo di ricordarmi chi ho davanti, che è spesso una persona altamente fraintesa, che conoscevamo ieri ma che oggi magari è già cambiata perché così è l’evoluzione dei bambini, e spesso è una persona che non sa ancora controllare le sue emozioni e che ha bisogno di praticare la volontà e l’indipendenza. Ho di fronte una bomba a orologeria.

Quindi quella pausa mi dà il tempo di ricordarmi che la sua crisi è del tutto normale, è una risposta totalmente e assolutamente normale. Mi dia il tempo di ricordarmi che mio figlio non mi sta sfidando. Ma sopratutto mi dà il tempo di ricordarmi che questa crisi non è un problema, e io genitore non devo risolverla, non devo aggiustare la situazione, spesso devo solo esserci, essere presente e rimanere calmo.

E quando mi ricordo tutto questo, magari invece di arrabbiarmi, di infastidirmi, di alzare gli occhi al cielo, di urlare, trovo una soluzione creativa: propongo di andare in frigo e trovare qualcosa che non abbia zucchero, magari funziona; o magari se quel biscotto è così importante perché ormai la mente del bambino è così focalizzata sul terzo biscotto, magari propongo di mangiarne un pezzettino, tagliarlo con il coltello per fare qualcosa di interessante, e lasciare il resto per domani, e magari funziona.

E se non funziona, provo qualcos’altro, perché io ho fiducia in me, sono il capitano della barca, sono l’assistente di volo, so che cosa fare durante una crisi e so che la cosa peggiore che posso fare è perdere la calma. Perché la mia calma è la calma di mio figlio, perché mio figlio si fida di me; proprio come la ciurma si fida del capitano e i passeggeri si fidano dell’assistente di volo. Se entrano in panico l’ora, tutti entrano in panico.

E essere il capitano della barca significa anche che a volte dobbiamo tornare sui nostri passi o prendere la decisione scomoda:

  1. Magari questa settimana è il primo giorno che mangiamo zucchero e allora torno sui miei passi, glielo lascio mangiare il terzo bisogno biscotto, ma prima aspetto che si calmi e gli spiego che non avevo capito quanto fosse importante il biscotto e che *per questa volta* può mangiarlo;
  2. Oppure so che questa settimana abbiamo mangiato molto zucchero e allora semplicemente non posso lasciare che ne mangi di più, e so che la mia decisone è giusta, mi fido di me, del mio buon senso perché so che non arriva dall’autorità (dal io sono il genitore e fai cosa dico io) ma dall’analisi della soluzione (questa settimana abbiamo mangiato troppo zucchero e non posso cedere), e allora aspetto che si calmi e poi ne parliamo, che può portare alla soluzione o a più lacrime, ma prima o poi passa anche questa crisi.

Vorrei quindi lasciarvi due idee per agire di fronte a una crisi:

  1. Sincronizzare il respiro

Fin da quando Emily era piccola, ho notato che potevamo sincronizzare il respiro. Spesso quando dormiva su di me, se sentivo che respirava affannosamente, facevo caso al mio respiro e puntualmente era affannato – per stress, preoccupazione, o anche sono per un film.

Negli anni l’ho testato: bastava che calmassi il mio respiro, perché lei calmasse il suo.

E ancora oggi, quando mi permette di abbracciarla durante una crisi, faccio dei respiri profondissimi, senza dire una parola, mi concentro sulla mia respirazione: lei la replica e si calma più in fretta.

Il nostro respiro è uno strumento potentissimo nella gestione delle nostre emozioni, azioni e relazioni.

  1. Mostrare empatia

Tanto del mio metodo educativo si basa sull’insegnare l’empatia ai miei figli attraverso il mio esempio. L’empatia è qualcosa che io ho dovuto imparare a mia volta nei loro confronti – soprattutto nei momenti di crisi, quando mi sembra che piangano per nulla, quando non li capisco, quando penso che mi stiano sfidando…

Quelli sono i momenti in cui se mostro io empatia a loro, loro la imparano da me. E la imparano per poi utilizzarla la prossima volta, durante la lite con il fratello, quando la sorella gli dà la manata ecc ecc.

Io devo modellare con il mio esempio, perché se io non sono un genitore che impara a fare il genitore, non posso certo aspettarmi che i miei figli siano persone che imparano a fare le persone.

Trovate altre idee concrete nel mio PDF gratuito 10 modi per educare con calma durante una crisi, divise tra focus sul genitore e focus sul bambino, vi lascio il link nelle note dell’episodio perché lo ricevete come regalo di benvenuto quando vi iscrivete alla mia newsletter.

E se volete approfondire l’argomento capricci e volete farlo insieme ai vostri figli, per avviare interessanti conversazioni con loro, allora vi invito a comprare la nuova guida È il mio coccodrillo. Io sono felicissima del risultato finale, Miriam ha fatto un bellissimo lavoro con le illustrazioni che sono dolcissime, esattamente quello che cercavamo per parlare di un tema ostico come i capricci in maniera diversa da come lo affrontano gli altri libri per bambini sulla rabbia (di cui vi parlo nelle risorse della guida) e la guida per il genitore offre spunti davvero validi, tanti dei quali non ho mai scritto altrove.

Anche di questa nuova guida vi lascio il link in nelle note dell’episodio, sono sicura che vi aiuterà a cambiare la mentalità sui capricci ed entrare in meno lotte di potere con i vostri figli, migliorando così la vostra relazione.

E con questo vi saluto e vi do appuntamento alla prossima settimana con un altro episodio di Educare con Calma.

Buona serata, buona giornata o buona notte, a seconda di dove siete nel mondo. Ciao.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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