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Episodio 51 ·

Non forzare i bambini a fare ciò che non vogliono fare

In questo episodio di Educare con Calma vi racconto di quando Oliver è stato forzato da un nostro amico a buttarsi in mare dagli scogli e rifletto sul perché dovremmo smetterla, da adulti, a forzare i bambini a fare ciò che non vogliono fare.

Ho anche pubblicato un posto relazionato:

https://www.latela.com/non-forzare

Il miovolume La Paura di cui vi leggo l'introduzione lo trovate qui: https://store.corriere.it/Avere-paura.-Capire-e-superare-piccoli-e-grandi-timori/OiKsEWcV_A0AAAFyMkdqOmC2/pc?CatalogCategoryID=AcOsEWcVhU0AAAFs6wcvJfuv (io non ci guadagno nulla, ma mi fa piacere se lo leggete).

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Benvenuti e benvenute a un altro episodio di Educare con Calma. Oggi vorrei approfondire un argomento di cui ho parlato questa settimana su Instagram e sul blog ovvero il non forzare i bambini quando non vogliono fare qualcosa. E lo faccio con un esempio pratico perché credo che gli esempi della vita quotidiana aiutino davvero tanto a capire la teoria. 
L’altro giorno eravamo in spiaggia con degli amici. A un certo punto un amico ha chiesto ai bambini se volevano andare sulle rocce e buttarsi in mare: Oliver subito ha detto no, ma poi ha deciso di andare e il mio errore è stato quello di non assicurarmi che avesse capito che andavano per buttarsi in mare e di non ricordargli che se una volta arrivato là non voleva buttarsi, non era costretto a farlo, poteva tornare camminando sulle rocce.
Io li osservavo da lontano, le due amiche di Oliver si sono buttate, ma quando è arrivato il turno di Oliver lui ha detto no. Al che ho visto che il mio amico ha insistito, ovviamente non sentivo che cosa dicesse. Io fino all’ultimo ho sperato che Oliver decidesse di tornare dalle rocce, perché era chiaro che non voleva buttarsi, ma alla fine il mio amico (a detta sua dopo avergli chiesto se voleva che lo buttasse lui) lo ha preso e lo ha buttato in mare.
Quando sono tornati ho detto al mio amico davanti ai bambini ovviamente che è sbagliato costringere e forzare i bambini a fare qualcosa che non vogliono fare. Possiamo incoraggiarli, certo, possiamo dire “Secondo me riesci, l’altra volta ti ho visto buttarti dalla piscina” per esempio, ma se comunque non vogliono farlo, noi adulti dobbiamo rispettarlo.         
Quando forziamo un bambino a fare qualcosa che non vuole fare, stiamo crescendo un adulto che:

  1. è meno predisposto a rispettare gli altri e la loro volontà
  2. è più predisposto a fare ciò che gli altri dicono anche se non gli sembra giusto

Forzare i bambini a fare qualcosa, anche con le migliori intenzioni, anche se per esempio vogliamo motivarli perché pensiamo che sono in grado di farlo, è una forma di abuso, stiamo abusando della loro incapacità di fare fronte alla nostra logica e alla nostra persuasione e così facendo non stiamo solo insegnando loro a non rispettare la propria volontà ma stiamo anche insegnando loro a usare lo stesso tipo di abuso nelle loro relazioni.
E poi magari saranno adulti che rubano un bacio sulla bocca a una ragazza anche se lei dice no, anche quello è abuso. Magari saranno adulti che proveranno sostanze stupefacenti perché tutte le loro amiche lo fanno. Magari saranno adulti che saliranno in macchina come 6 persona senza potersi allacciare le cinture perché anche se non se la sentono ascolteranno gli amici che li convincono, proprio come succedeva quando erano piccoli e noi li convincevamo a fare qualcosa che non volevano.       
Insegnare agli adulti intorno a noi a rispettare la volontà dei bambini e chiedere sempre il loro consenso (che si tratti del bacio della nonna o dell’insegnante a scuola che tira giù i pantaloni per cambiargli il pannolino) è tanto importante quanto insegnare ai bambini a far valere i propri no e l’importanza del consenso. 
C’è una frase in inglese che dice “Brave is being afraid and doing it anyway” e non vorrei sbagliarmi ma credo che sia diventata famosa per uno dei film della Walt Disney Ribelle - The Brave: ecco, per me, è sbagliatissimo come messaggio per i bambini, le bambini ma anche  i ragazzini e le ragazzine. Non è coraggioso chi ha paura e lo fa lo stesso; è coraggioso chi ascolta e onora le proprie emozioni indipendentemente da ciò che dicono gli altri.
E certo, il confine tra incoraggiare e costringere è sottile, ma proprio per questo dobbiamo prestare ancora più attenzione. Tra l’altro sul mio blog c’è un articolo anche sul forare o meno i figli a portare avanti un hobby, vi metto il link nelle lotte dell’episodio. Quindi come dicevo prima va bene provare a convincere, ma quando proviamo io consiglierei di evitare sia i paragoni con gli altri, sia di sminuire le emozioni che provano i nostri bambini: è più facile a dirsi che a farsi, e per questo nel mio corso online dedico un’intera unità nel modulo della comunicazione rispettosa propria ai cambi di frasi, quindi scrivo una frase e poi suggerisco un’alternativa rispettosa. E in questo episodio vorrei farvi alcuni esempi relazionati alla coercizione, quindi al convincere i nostri figli a fare qualcosa che non vogliono fare. 
Per esempio invece di dire la classica frase:
“Ma dai, non c’è nulla di cui avere paura!” Possiamo dire “Se non te la senti, non devi farlo, puoi provarci la prossima volta”.  
Oppure invece di dire “Dai, non preoccuparti, è solo un tuffo” (per convincerli a buttarsi dallo scoglio) -> Mi sembra che tu non sia convinto, preferisci tornare camminando sugli scogli?
Oppure invece di dire “Ma è facile, guarda la tua amica come l’ha fatto!” possiamo dire “Lei lo ha fatto, ma se tu non te la senti, puoi provarci un altro giorno”. Perché ricordiamoci che a lungo termine il paragone insegna ai nostri figli non solo a non pensare con la loro testa ma anche a compararsi con gli altri invece di dare sempre più importanza a ciò che vogliono e sentono loro. Già la scuola è un continuo paragonare, una continua competizione che non solo è deleteria ma sta diminuendo drasticamente l’empatia, quindi è ancora più importante che cerchiamo di non perpetuare questa comunicazione in casa.
E in tutte queste situazioni possiamo aggiungere una frase di incoraggiamento, per esempio possiamo dire:
“Io credo che tu sia capace”, “io credo che tu possa farcela, ma se non te la senti non devi farlo” e poi fare una pausa per vedere la sua reazione, ma se la risposta è comunque no, allora bisogna rispettarla. In questo modo con le nostre parole mostriamo la nostra fiducia e che noi crediamo in lui, al di là di quello che deciderà, indipendentemente che si tuffi o meno, per esempio. Perché altrimenti rischiamo di passare il messaggio che quando fanno qualcosa che non si sentono di fare si meritano di più il nostro amore e la nostra approvazione e la nostra stima e questo è un messaggio davvero deleterio per le loro relazioni future.    
Oppure, riprendendo l’esempio del tuffo, possiamo dire “Io vorrei tuffarmi, ma tu puoi tornare camminando sugli scogli. Ti va bene?”
O ancora possiamo dire: “Se vuoi ti faccio vedere come lo faccio io e poi tu decidi”. In questo modo con il nostro esempio mostriamo che è fattibile e poi il bambino deciderà che cosa fare, perché l’opzione di tuffarsi è ancora valida, come è valida anche quella di tornare camminando.  
L’importante è eliminare la coercizione dal nostro stile di comunicazione, ovvero proprio eliminare il convincimento, la forzatura, perché non solo è una comunicazione non rispettosa (io per esempio se mio marito avesse una paura non la sminuirei cercando di convincerlo a farlo lo stesso, ma lo rispetterei, e quindi perché cerco di convincere i miei figli? Meritano forse meno rispetto?). E poi perché la ragione migliore, la ragione più importante per decidere di fare qualcosa è volerlo fare: questo è il messaggio sano che vogliamo trasmettere, un messaggio anche di rispetto verso se stessi.
Se mio figlio non se la sente ancora di tuffarsi dallo scoglio anche se lo fa sempre in piscina e anche se io so che ce la può fare e che non è pericoloso, significa che non è ancora pronto per farlo e non solo lo rispetto, ma lo stimo perché si ascolta. Se voglio mostrargli che si può fare lo faccio io, mi tuffo io, una giorno, un altro giorno e  magari al quinto giorno deciderà di provare. 
Se mia figlia dice che ha paura di un cartone animato o di un libro, anche se io so che è tutto finto, da genitore non la convinco e le dico “Ma va, è solo un libro, non è reale!” ma rispetto la sua paura e spengo la tv o chiudo il libro. (poi vi ricordo che prima dei 5-6 anni il cervello dei bambini è assolutamente incapace di distinguere fantasia e realtà, anche se loro ci dicono che sanno che è finto, in realtà non lo sanno al 100% come lo sappiamo noi adulti quindi è ancora più importante rispettare le loro emozioni). 
E tutto questo non solo perché è più rispettoso, ma anche perché noi siamo il loro esempio: le frasi che usiamo quando i nostri figli sono bambini saranno le mentalità che loro avranno quando saranno adulti: se noi usiamo la coercizione, i nostri figli saranno molto più predisposti a usarla loro stessi da adulti nelle loro relazioni ed è possibile che valori importanti come la libertà di scelta o il consenso, per esempio, avranno molta meno importanza nella loro mente. E ha senso questo ragionamento, perché se noi vogliamo insegnare il consenso, ma poi li forziamo a tuffarsi o a dare il bacio alla nonna… non siamo coerenti e la coerenza è una degli strumenti più importanti e più efficaci per l’educazione a lungo termine. 
Io lo so che non è facile cambiare la comunicazione. So che spesso le frasi ci escono dalla bocca ancora prima di renderci conto di che cosa stiamo dicendo e sono le frasi con le quali siamo cresciuti: si tende sempre ad educare come siamo stati educati, ma questo non significa che non possiamo cambiarlo. Io sono la prova vivente che il cambiamento è possibile perché sono stata cresciuta in un modo, tutte le frasi che mi uscirebbero naturali sono tipiche dell’educazione tradizionale, eppure ho scelto di cambiarle. Tante sono già riuscita a cambiarle, tante altre no e ci sto ancora lavorando. E non mi sento un fallimento per quelle che non sono ancora riuscita a cambiare: so che ci sto lavorando e che il cambiamento richiede tempo e a volte anche qualche delusione. L’importante è non scoraggiarsi perché l’educazione a lungo termine è appunto a lungo termine, che significa che i semini che stiamo seminando ora, non li raccoglieremo noi, ma li raccoglieranno i nostri figli da adulti. 
E con questo pensiero vi saluto e vi do appuntamento alla prossima settimana. Se vi manco come sempre mi trovate su latela.com o su ig e Facebook come lateladicarlottablog. 
Buona serata, buona giornata o buona notte, a seconda di dove siete nel mondo. Ciao   

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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