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Episodio 122 ·

Logopedia pediatrica: le domande più frequenti | con Sara Mariottini

Oggi parlo con Sara Mariottini, logopedista pediatrica, che risponde ad alcune delle domande più frequenti dei genitori.

:: Le domande

  1. 2:13 Quando compaiono le prime parole e come riconoscere che è la prima parola?
  2. 6:00 È giusto spronare i bambini in questo processo?
  3. 9:17 Bambini che tardano a parlare, quando mi devo preoccupare? 
  4. 12:47 E nel caso di famiglie bi/multilingue?
  5. 16:12 Il mio bambino ha due anni e mezzo: è troppo presto per la logopedia? E come so che ne abbiamo bisogno?
  6. 20:16 Domanda bonus: il ciuccio ostacola il linguaggio?

:: Trovate Sara

Sara
Livorno, Toscana · Emma (10m)
Ciao! Sono Sara, sono mamma e logopedista per l'infanzia. Mi trovi anche nel servizio 1a1 su La Tela.
benvenute e benvenuti a un altro episodio di educare con calma. Non so se vi ricordate, ma un po' di tempo fa abbiamo fatto una cosa un po' strana sul podcast con sara Mariottini perché una diretta di instagram non a non era funzionata. Quindi ci siamo spostate sul podcast e abbiamo parlato dei no che dicono i bambini? Poi è stato un po', un episodio di pensieri in ragnatela, però insomma in quell'episodio mi aveva intervistata lei, in realtà sul mio un podcast che è stata una cosa un po' una prima volta c'è sempre una prima volta, ma in quell'episodio. Anzi, quel giorno le ho detto ma scusami, ti ho qua sei una logopedista! Ci sono tantissime domande che io ricevo da parte dei genitori. Um proprio sul linguaggio il linguaggio è una cosa che mi affascina. Se hai ancora mezz'ora rimani e registriamo anche un altro episodio e quindi siamo qua. Lei è rimasta e quindi non sono sola o c'è anche qua con me ancora. Sara Sara Mariottini, che è una logopedista pediatrica, si occupa di aiutare i bambini nell'esordio linguistico, quindi nell'avvio del linguaggio e anche i genitori a capire come essere uno strumento promotore del linguaggio dei bambini e ciao sara di nuovo. Ciao, Dani. Per piacere. Di nuovo, In realtà, in realtà io e te non abbiamo mai fermato questa registrazione, ma facciamo finta che siano due episodi diversi. Dai, dai. Mi piace pensare. Allora, ascolta. In realtà questo episodio è nato perché a me piace tanto tanto analizzare o comunque parlare um delle domande più frequenti che i professionisti ricevono dai genitori, dagli adulti nel loro ambito. E quindi in realtà queste domande me le hai date tu. Poi ne abbiamo parlato insieme appena prima dell'episodio, quindi io direi se sei pronta, iniziamo. Pro Okay, iniziamo. Iniziamo. Allora, una cosa veramente la prima forse più gettonata è quando compaiono le prime parole. Ma non solo, anche come riconoscere la fatidica prima parola che sembrerà strano, però è una domanda che tantissimi genitori mi fanno. Secondo te questa è la prima parola o no? Eh, capita anche a me. Infatti, non non a caso. Infatti ti ho detto questa è sicuramente tra le prime domande. Allora intanto, quando compaiono le prime parole, di solito in media, quindi sono comunque riferimenti medi. Non non è detto che sia per tutti così e c'è una buona variabilità. Ecco intervi- intervi individuale nei bambini in media compaiono intorno ai dodici mesi, quindi mese più mese meno e questo è un po' il periodo e vediamo che c'è questa comparsa, di solito a seguito di un periodo invece precedente di lallazione. Quindi un periodo in cui il bambino ha fatto scoperta dei primi suoni prodotti dalla propria bocca e la lallazione che cos'è una ripetizione di sillabe, quindi una ripetizione che sentiamo come mamma eccetera eccetera. E una volta che il bambino sperimenta che con la propria bocca che la propria bocca è proprio uno strumento, ecco e e inizia ad utilizzarla per per la produzione di qualche suono. Poi si rende anche conto, sulla base del della risposta del genitore, che questi suoni possono essere veicolo di informazioni. E quando poi tutte queste informazioni nel bambino si intrecciano, esce fuori quella che è appunto la prima parola. Come li conosci? Beh, in realtà le prime parole dovrebbero essere comunque parole dette nello spontaneo, quindi non parole in ripetizione. A volte capita che il genitore, volendo stimolare un po' questo linguaggio, proponga no, eh? Parole. Le prime di solito sono mamma, papà, eccetera. E il bambino può darsi che in una prima epoca vada subito a ripetere questa parolina. In quel caso la ripetizione di quel target non è considerabile parola vera e propria, perché appunto è una semplice del genitore che semplice non è. Quindi è già un un passaggio importante. Ma la prima vera parola è una parola, una parola prodotta nello spontaneo, quindi proprio spontaneamente, nel momento in cui in cui il bambino desidera proprio comunicare quel significato. E di solito capiamo che è una vera parola. E non è una appunto, una un residuo della lallazione, perché vediamo che il bambino è ben coinvolto, guarda verso quello che sta denominato, associa molto spesso anche dei gesti. Quindi, insomma, vediamo che c'è proprio una vera e propria intenzionalità. Ecco, comunicativa rispetto a quello che sta dicendo. Esatto, tipo acqua. Io ricordo acqua, te le ricordi le prime parole dei dei tuoi guarda. No, purtroppo no. Devo essere sincera perché si mischiano, no? Tra prime produzioni, mi pare. Non è così semplice. Mi capita, infatti. Esatto. Però è una di quelle cose che mi sarebbe piaciuta invece prendere appunti invece non l'ho mai, non l'ho mai fatto. Purtroppo però mi ricordo molto, molto bene che entrambi per entrambi. C'era c'è stata proprio questa prima parola acqua, puntando il dito verso la bottiglia a tavola. Quindi si vede che io non davo da bere ai miei figli. Che fa? Fa capire quanto le prime parole spesso non siano appunto e papà, ma siano invece proprio riferiti a delle necessità importanti per il bambino. Perché lo strumento, il linguaggio è proprio uno strumento per arrivare ad uno scopo ben preciso. Molto spesso le mamme mi dicono ma ancora mamma non l'ha detto, ma sempre lì non hanno motivo di chiamarci? No, perché ci siamo, ci possono chiamare dandoci la mano, portandoci a farci vedere qualcosa. Quindi, insomma, non è scontato che siano poi le parole. E e invece mentre prima hai detto che spesso e volentieri o non mi ricordo le parole esatte, però hai detto hai parlato di spronare i bambini, tu consigli ai genitori di spronare i bambini verso queste prime parole o qual è il tuo approccio, allora? Diciamo che fin finché il il bambino è molto piccolo, quindi entro i diciotto ventiquattro mesi, quello che consiglio più che spronare, perché più che stimolare, ecco perché la la paro- le due parole Diciamo che di solito racconto ai genitori sono la parola stimolare la parola, favorire tutto ciò che è stimolare è un qualcosa che si va a fare quando in realtà ci si rende conto che magari c'è una vera esigenza di andare a sviluppare questo linguaggio, perché non sta rispettando magari determinati tempi o vediamo che è un pochino indietro rispetto a alla media. E niente di preoccupante in molti casi, ma semplicemente quindi in quel caso si cerca di adottare delle strategie per essere un pochino più stimolanti nei confronti dei nostri bimbi. Favorire invece, rappresenta tutto ciò che può essere un predisporre un ambiente comunicativo da parte del genitore che possa essere essere appunto favorente, quindi possa incentivare la partenza di questo linguaggio, che però è una partenza del tutto naturale. E infatti possiamo osservare che ci sono bambini in cui il linguaggio, a prescindere dalle modalità genitoriali, in qualche modo emerge e bambini in cui invece eh, magari il modello genitoriale è veramente molto um um favorente il linguaggio per cui magari sono genitori che attuano tante, tante modalità, diciamo mettono in pratica anche attività e giochi che che sono molto stimolanti, mi viene da dire per il bambino che favoriscono Esatto, ma favoriscono quella che è poi l'emersione naturale in quel bambino del linguaggio. Ecco, quindi questa è un po'. Ecco la secondo me, la modalità in cui si può agire prima e poi eventualmente dopo, nel caso in cui ci fosse bisogno. Ecco, sì, io da montessoriana ho sempre ha avuto le nostre carte della nomenclatura che sono sempre state la nostra, insomma il il nostro, il nostro favorire il linguaggio perché sono esattamente un'immagine e e ci stimolano tra virgolette anche stimolano e anche favoriscono tra virgolette un linguaggio che magari non abbiamo all'interno della casa, quindi, che può anche andare a rispondere a quello che è l'interesse momentaneo del bambino. Se per esempio fuori sappiamo che è sempre interessato alle formichine, guarda le formichine per strada, allora quello è il momento in cui gli metto le carte della nomenclatura, del degli insetti, per esempio, eccetera eccetera. Quindi capisco perfettamente cosa intendi per perché comunque lo strumento li, cioè il linguaggio che stiamo in qualche modo cercando di favorire e lo stiamo cercando di fare perché semplicemente nel bambino è vero che nella maggior parte dei casi è naturale, ma gli permette di mettersi maggiormente comunque in comunicazione con noi con il mondo circostante. Quindi è comunque bello far sì che questa strada verso verso il linguaggio possa essere percorribile in modo ancora più facile. Ecco, grazie proprio all'amico del genitore. Esatto. E ascolta, prima hai anche detto um hai accennato a dei piccoli ritardi e questa è una delle altre domande del tipo anzi, più che una domanda è una preoccupazione tipo il mio bambino o la mia bambina non parla ancora? Mi devo preoccupare? E questo tra l'altro se riesci o se vuoi rispondere anche proprio alla parte bonus di questa domanda per le famiglie multilingue come me come la mia, per esempio um con insomma, ecco la la stessa domanda però riferita alla famiglia, al bilinguismo, al bilinguismo sì, sì, sì. E anche questo, infatti è chiaramente uno dei dei dubbi che nel caso in cui soprattutto si abbiano o più figli oppure parenti con figli. Quindi in tramite il paragone di solito no che si consiglia di non fare. Però insomma, viene spontaneo. E se subentra questo pensiero o a volte in casi diciamo um purtroppo a volte capita che anche qualcun altro no ci dica, ma non parla ancora e quindi magari questo ci ci appesantisce. Ecco, ecco quand'è che è necessario. Io direi che più che preoccuparsi, o meglio preoccuparsi, ma inteso come termine preccuparsi, quindi occuparsi prima e okay, diciamo che le linee guida ci dicono che un bambino dovrebbe arrivare teoricamente. Prendiamo con le pinze questi valori intorno ai ventiquattro mesi con un vocabolario superiore alle cinquanta parole. Molto spesso arriviamo a questa a questa età con un vocabolario molto più ampio e ma in alcuni casi invece può essere di no. Questo non è un momento in cui allarmarsi, quindi non è assolutamente questo un fattore che ci ci deve allarmare, ma semplicemente ci fa osservare un pochino più da vicino la situazione e qualora ne sentissimo anche noi, il l'esigenza, il desiderio di di capire di più e di capire come possiamo essere strumento. Ecco di stimolazione di questo linguaggio, perché si può fare molto spesso il genitore è proprio il protagonista, soprattutto all'inizio di questa stimolazione. Capire se è il momento, magari di consultare un professionista che possa aiutarci a capire quali sono gli da considerare in quel momento, cosa andare a stimolare e come farlo, eccetera eccetera. Quindi diciamo che i ventiquattro mesi sono un po' lo spartiacque. Ma è anche vero che io dico sempre ai genitori che incontro i il settanta per cento di questi bimbi che a ventiquattro mesi dicono meno di cinquanta parole, poi va incontro a uno sbocciare. Più tardi vengono definiti Blum proprio perché sbocciano più tardi, nel settanta per cento dei casi entro trentasei mesi. Quindi insomma, è comunque un'attenzione in più che noi poniamo semplicemente per stare più tranquilli noi e per far sì che il nostro bambino possa essere il più velocemente possibile messo nelle condizioni di comunicare. Perché è una cosa tanto bella? È una cosa tanto piacevole anche per lui? Aumenta, no, arricchisce la sua autostima, lo fa sentire compreso. Quindi insomma, ce ne occupiamo solo per un suo diciamo, per far sì che lui possa stare meglio alla fine, ma non perché c'è questa urgenza. Ecco, e necessità sempre di di voler osservare e anticipare i tempi. Ecco, assolutamente no. In molti casi poi la natura fa fa il suo corso, ecco. E invece ascolta del multilinguismo, perché la mia esperienza con il multilinguismo è stata completamente diversa. Nel senso che Oliver è stato quello che tu hai chiamato BM. Um quindi lui ha iniziato a parlare verso i due anni e me-, cioè non è che ha iniziato a parlare, però ha iniziato davvero a fare frasi di senso compiuto verso i due anni e mezzo prima erano più parole qua e là. Io ho sempre attribuito al multilinguismo, al bilinguismo, perché lì cresciamo con le allora li crescevamo con tre, anche quattro lingue. Emily, cresciuta con tutte le stesse lingue a un anno, faceva già le sue frasi di senso. Quindi lei mi ha fatto capire che lasciamo perdere. Infatti siamo qui per sfatare un grande mito che è quello proprio che il bilinguismo porti ritardo nel linguaggio è veramente questa? Forse è una delle credenze che verso cui si fa più difficoltà, insomma, a sradicare questa credenza, perché è molto, molto radicata e non deve spaventare molti genitori che ad oggi, come te, vivono all'estero, vivono in giro per il mondo e giustamente espongono i propri bambini e anzi è bene che sia così a a più lingue e non è a non ci sono assolutamente studi che dimostrino il il fatto che il bilinguismo multilinguismo possa portare ritardo nel linguaggio. Quello che possiamo vedere all'inizio è che magari i i bambini utilizzano un vocabolario fatto da più parole e di più lingue. Quindi dobbiamo anche considerare questo vocabolario come un unico vocabolario. Quindi non considereremo per esempio, il bambino che dice cane e dog come una parola sola, perché il significato è uno, ma prenderemo in considerazione il come se fossero due parole diverse, perché il bambino in realtà ha padronanza di utilizzo di due vocaboli ben diversi e quindi semplicemente questo all'inizio. Per cui osserveremo che magari nella singola lingua dice meno parole, ma perché ne dice anche in altre in altre paroline. E poi non cambia niente a a livello di percentuali. Nel cioè nel senso che il bambino, che naturalmente avrebbe sviluppato un linguaggio più più lentamente o comunque come nel caso di di Hollywood no, è un un late bloomer è se fosse stato esposto a una una singola lingua o come è stato esposto a più lingue, sarebbe stata esattamente la stessa situazione. Quindi non è il multilinguismo che comporta un rallentamento. Ecco il linguaggio Questa è una falsa credenza. Appunto. Grazie, grazie. Questo fantastico questo questo punto questo io adoro sfatare i miei e questo veramente è un mito che io ho vissuto in prima persona, quindi mi fa piacere che anche tu lo lo confermi. Anche perché spessissimo ho dei genitori che mi chiedono ma, um mio figlio ha un anno, un anno e mezzo, due anni. Sarà troppo presto per mettere una seconda lingua o sarà troppo presto per mettere una terza lingua? Lo confondo E invece è proprio il contrario. Nel senso che è proprio prima vengono esposti meglio è. Esatto? Esatto. Come diceva la mia mitica Silvana Quattrocchi montanaro, i bambini sono dei geni nell'apprendimento delle lingue. Quindi a più lingue li esponi e e più loro le le assorbono tutte nei primi sei anni, diciamo assolutamente allora. E invece quando riconoscere? Se abbiamo bisogno di un aiuto esterno. Per esempio, un mio bambino ha due anni e mezzo, non parla ancora come dovrebbe o come io penso che dovrebbe. Perché poi, ecco, ci sono anche percezioni c'è la vocina della società in cui parlavamo. Nell'altro episodio che ci dice e vabbè, ma due anni e mezzo dovrebbe già parlare, eccetera, eccetera. Quindi, ecco, um però quando è troppo presto per la logopedia, è come riconoscere quando c'è davvero bisogno di un aiuto. Esatto, diciamo anche questa è un po', una ra- racchiude riguarda anche un po' un'altra falsa credenza che è quella di Non si inizia la logopedia prima dei tre anni, dovuto al fatto che ci si immagina la logopedia come ci si siede a tavolino, si prende un bel quaderno, si vedono tutte le paroline che ci servono, eccetera eccetera e diventa un po', una logopedia scolastica e che può essere una versione reale di quello che accade, ma dopo una certa età no, perché i bambini chiaramente riescono più facilmente a star seduti a seguire quello che che gli si può presentare, eccetera. Prima di quell'età. Molto spesso la logopedia consiste proprio nel gioco, nel gioco a terra, nel gioco e nel gioco rivolto a quello che desidera maggiormente il bambino. Quindi che sia un momento seduti a tavolino, che sia un momento seduti a terra, ecco si inserisce l'obiettivo comunicativo e linguistico all'interno di qualsiasi attività che si possa fare col bambino in quel momento. Chiaramente, quindi questo significa che è già possibile iniziare anche a due anni, Di solito in una primissima fase, quindi quella intorno ai due anni, tre ventiquattro mesi, trenta mesi no, per capirsi. Quindi due anni, due anni e mezzo e si tende a fare all'inizio prima un percorso più indiretto, quindi un percorso in cui attraverso il genitore si cerca di dare delle dei consigli, delle strategie e e osservare come si riescono a mettere in atto queste strategie nel contesto familiare e che poi, se ci pensiamo, un genitore è l'unica persona. Spesso la persona che sta maggiormente a contatto col bambino o anche la persona attraverso cui il bambino apprende più facilmente perché è il canale no, anche a livello emotivo. Questo poi, insomma ce lo sai spiegare meglio tu verso cui il bambino riesce ad apprendere tante, tante, tante informazioni, più di quelle che potrebbe regalargli e dargli un. Lo sa che magari una persona comunque non non conosciuta, non familiare e e quindi appunto in un primo momento si cerca di di fare un percorso indiretto. Quindi il logopedista che forma o che aiuta appunto proprio il genitore con strumenti pratici da calare nel contesto quotidiano il contesto delle routine quotidiane, il contesto dei giochi e delle attività che facciamo nel nostro quotidiano per poi verificare se c'è già un'evoluzione perché in alcuni casi è così e o se invece è più avanti si rende necessario proprio anche l'intervento diretto dell' logopedista nella seduta di gioco col bambino. Quindi questo è un po' um per dire che si può iniziare anche prima comunque dei tre anni, perché si inizia quando c'è realmente bisogno. Ecco, non si bruciano le tappe esatto e soprattutto se come posso dire se c'è necessità di iniziare e e magari il bambino ancora non non ha le competenze per poter stare attento? Chiaramente si si valuta anche questo non non si pretende dal bambino un qualcosa che che lui non in quel momento non è. Non è portato a fare, non vuole fare, non è in grado di dare assolutamente assurdo. Tra l'altro quello che hai detto mi risuona molto familiare, mi sembra che ce l'abbia raccontato anche barbara nelle e sulla balbuzie proprio questo approccio del lavorare che appunto il professionista lavora prima con il genitore e poi è il genitore che lavora con il con il bambino. È un episodio tra l'altro bellissimo per chi non l'avesse ascoltato, invito ad andare a cercarlo e ascolta ho riflettuto moltissimo, eh su questa prossima domanda che volevo farti e ho deciso di fartela. Però faccio una premessa stiamo parlando del ciuccio, il fatidico ciuccio. Io non ho mai dato il ciuccio ai miei figli, quindi è stata una scelta tra l'altro. Ormai avevamo scelto di non darlo con Oliver. Non ne abbiamo mai avuto bisogno con Emily. In realtà quando abbiamo pensato eh, magari ci avrebbe aiutato perché non ha mai dormito, era troppo tardi, non l'ha mai accettato e quindi alla fine abbiam tagliato la testa al toro. Però ecco per questo a me non piace parlare delle cose di cui non ho esperienza e il ciuccio è una di quelle. Però è anche vero che ci sono veramente tanti ma tanti ma tanti ma tanti genitori che mi fanno la stessa domanda. Ovvero il ciuccio ostacola il linguaggio e senza entrare nel um è giusto dare il ciuccio è sbagliato dare il ciuccio um quando è giusto toglierlo, a che età bisogna toglierlo che secondo me dipendono da tantissimi fattori diversi. Però secondo te eh, mi piacerebbe proprio che tu rispondessi a quella domanda. Il ciuccio ostacola il linguaggio zero zero, pressione zero, pressione zero gestione, diciamo. Io cerco di essere più delicata possibile, ma anche perché comunque onestamente io non sono mamma e quindi in questo in A. A livello di questa tematica mi rendo proprio conto di quanto in realtà essere mamma che ha provato ad usare il ciuccio o come ha provato ad usare il biberon, eccetera eccetera. Bisogna esserci nella situazione no, per comprendere quale sia la difficoltà reale del dell'utilizzo, del toglierlo del insomma e di tante faccende, insomma, che non sono assolutamente facili. E a livello vi dico invece di studi e di funzionalità. Ecco, dal punto di vista linguistico e non dobbiamo pensare che il ciuccio sia un ostacolo a livello di esordio e di sviluppo del primo linguaggio. E infatti a meno che, insomma, ci sono casi in cui parlo di insomma, bambini già avrebbero la possibilità di dire le prime parole, magari si utilizza questo ciuccio durante tutta la giornata, oltre che la notte che di solito è il momento in cui in cui si usa di più e e quindi il bambino ha fisicamente un ingombro no in bocca, per cui chiaramente è è meno propenso a voler utilizzare questa bocca, ma perché semplicemente ha proprio un ingombro fisico, una sorta di tappo no? E quindi salvo queste eccezioni, ma che comunque sono relativamente poche. Poi ci sono bambini addirittura che arrivano a un momento in cui se lo tolgono, parlano e poi se lo rimettono. Quindi insomma, non non hanno limiti nemmeno sotto questo punto di vista. E ecco, il ciuccio non va a limitare dicevo l'esordio e lo sviluppo del linguaggio limita che cosa? Ma solo in casi di utilizzo prolungato. E il movimento e la maturazione dei movimenti della lingua. Per cui ci potrebbe essere appunto, a seguito di un di un utilizzo prolungato, un ostacolo nella produzione e nella pronuncia di alcuni fonemi. Per esempio la L, per esempio la S, perché magari si tende ad avere una lingua un pochino più che che va verso i dentini. Ecco qualche distorsione, appunto, di alcuni fonemi. Questo al massimo, è quello che potrebbe succedere. Che non succede comunque in tutti i casi, perché dipende anche da quanto utilizzo si fa del ciuccio e da qual è l'età in cui si va a ridurre. Quindi, insomma, non dobbiamo preoccuparci e spaventarci del fatto che ci limiterà assolutamente nel linguaggio. Non è quello che succede nella maggior parte dei casi. Se c'è una limitazione, questo è importante da capire, cioè se c'è una limitazione nel nello sviluppo del linguaggio, quindi il bambino che non parla o che parla veramente poco, eccetera probabilmente non è tanto dovuto al ciuccio, quanto magari a uno sviluppo, appunto, che in molti casi sarebbe appunto e si sarebbe sviluppato in ritardo. E è bene comunque entro una certa età, toglierlo. Ma non è eh. Ecco, per quell'obiettivo lì ecco, questo è importante. Fantastico, grazie, sei stata illuminante. Anche perché in realtà mi piace parlarne anche proprio da un punto di vista prettamente scientifico, in un certo senso perché a volte, essendo un argomento in cui insomma si um mettono di mezzo molto anche le emozioni. Perché riguarda veramente, come dicevo, all'inizio tanti fattori e quindi a volte, quando si mettono di mezzo le emozioni su questo ciuccio che bisogna dare, che non bisogna dare, quando bisogna toglierlo e poi c'è la società, sempre la vocina che dice um insomma devi devi toglierlo, tuo figlio a non parlerà mai ancora il ciuccio ha tre anni, eccetera eccetera. Quindi ecco, questo sicuramente aiuta Secondo me ad avere una visione è più obiettiva del dell'argomento. Ci daresti perché non lo so se ha senso parlare di età indicative. Però se tu dovessi consigliare immagina che ci sia una famiglia con un bambino o una bambina che usa il ciuccio sporadicamente durante il giorno. Magari poi lo usa di notte. Um, a che età consiglieresti di iniziare la transizione? Di solito si tende a iniziare a ridurre anche proprio per una questione di facilità, perché molto spesso è più facile iniziare a ridurlo in una fase più precoce piuttosto che troppo avanzata. Quindi iniziare a ridurlo intorno all'anno. In questo caso, magari stai parlando di una famiglia in cui già c'è stata questa riduzione di fatto perché lo utilizza in momenti sporadici, eliminandolo se possibile entro i due anni, due anni e mezzo. Questo ripeto, non per discorso tanto linguistico, ma più di natura, di sviluppo armonico delle strutture appunto dei dentini, del palato, del movimento, della lingua, eccetera eccetera. Quindi poi, per ripercussioni che eventualmente potremo poi osservare più avanti che non sono, ripeto perché a volte cosa succede? Che magari mi trovo di fronte ai genitori che vivono invece una reale esigenza di utilizzo del ciuccio, perché c'è una situazione talmente importante e difficile e che voglio voglio che si rendano conto che quali sono i costi e i benefici, cioè se in quel momento è veramente difficile sopportare la situazione senza ciuccio. Diamo questo ciuccio c'è male che vada. Se dovesse essere, avremo poi da um occuparci non è detto che sia così, ma in alcuni casi sì di una deglutizione che possa essere appunto con interposizione della lingua sui dentini di un palato che può essere più ogivale eccetera eccetera. Per cui poi ci occuperemo di quello, ma non è assolutamente un un qualcosa di assolutamente preoccupante e che ci porti a snervare e a diciamo costringerci a correre perché poi questo succede un po' come succede a volte per il pannolino che correndo poi si fa peggio perché non siamo ancora pronti noi, non il bambino. E quindi insomma, è più difficile. Quindi con calma, con serenità, sapendo avendo le conoscenze giuste, magari riusciamo a pensarci anche per tempo. Ecco, questo sì, esatto. E poi sicuramente, quando ci sono dei grandi cambiamenti nella nostra vita, tipo l'inizio dell'asilo piuttosto che sto lasciando il pannolino piuttosto che è nato mio fratello, mia sorella. Quello è il momento meno indicato per togliere il ciuccio. Assolutamente. Esatto. Tutte le immagini di transizione Sì, sì, sì. Quindi questo è anche importante anche capire un po' l'età e capire proprio osservare il nostro bambino, la nostra bambina, e capire in che punto dello sviluppo è, se ci che che ostacoli sta vivendo nella sua vita in quel determinato momento e fare una valutazione più possibile obiettiva. Ecco, cercando anche di favorire proprio quelle che sono le sue emozioni di dare valore anche a quelle che sono le sue emozioni. Um Sara, grazie fantastico veramente sei stata super chiara, super concisa. Cioè io ve veramente apprezzo le persone che sanno essere concise perché io proprio non è una mia qualità quando parlo grazie No, non penso che i miei parenti sarebbero d'accordo con questo perché di solito sono una chiacchierone. Però dai su quello che che riguarda il mio lavoro cerco di dire l'essenziale fai bene perché alla fine è l'essenziale quello che rimane, quindi sicuramente è una strategia vincente. Devo imparare da te. Grazie infinite. Sara, è stato un piacere averti come ospite di nuovo e completamente in maniera improvvisata, su educare con calma e ci chissà che non ci sia un'altra opportunità in in futuro. Un altro episodio, un altro Altri dubbi, altre domande? Volentieri. Siamo qua tanto grazie a te, Carlo, Grazie per il tuo tempo. Ciao sara. Ciao. Sono stata veramente molto, molto felice di aver registrato questo episodio completamente inaspettato e ho anche un po' improvvisato con sara perché in realtà probabilmente non è un episodio che io avrei registrato perché queste non sono tematiche a cui penso nel mio quotidiano perché i miei bimbi sono più grandi, ma in realtà credo che sia venuta fuori davvero una bellissima intervista molto interessante e che possa aiutare anche tanti genitori con bambini più piccoli dei miei. Vi ricordo perché non gliel'ho chiesto sono proprio un po' sbadata um che potete trovare sara su um instagram come logopedista sara mariottini e anche sul suo sito logopedista sara mariottini punto com e con questo vi saluto vi ricordo anche che trovate me, ovviamente sul mio sito www punto la tela punto com e anche su Instagram come la tela di Carlotta blog. Buona serata. Buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo ciao ciao

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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