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Episodio 114 ·

Imbarazzo: come parliamo di questa emozione ai bambini?

In questo episodio di Educare con Calma condivido con te la domanda di un genitore su come parlare ai figli di che cos'è l'imbarazzo e offro la mia risposta che tocca molti argomenti per me importanti.

:: Nell'episodio menziono:

Sono stata ispirata sull’episodio che ho fatto qualche settimana fa con Michela Imperio sull’imbarazzo che gli adulti provano a parlare di argomenti tabù, o di sessualità, o di sesso con i figli etc etc, anche dalla domanda sull’emozione dell’imbarazzo che mi ha fatto un genitore.
Infatti qualche settimana fa ho ricevuto una bellissima domanda rispetto a un gioco produttivo, Il vocabolario delle emozioni, che vendiamo sul nostro shop e la domanda ve la leggo, perché apre una bella riflessione sull’imbarazzo.

Cara Carlotta, 
sono anni che ascolto il tuo podcast e seguo i tuoi corsi, prima di tutto grazie per tutti i semini che hai piantato nella mia mente. Ammiro il tuo coraggio e la cura che metti in ogni parola che pronunci o scrivi. 

(Carlotta: e grazie per questa frase che mi fa felice perché la cura del linguaggio è una grandissima priorità nella mia vita).

Puoi essere davvero fiera di te stessa e darti una pacca sulla spalla perché grazie a te la mia famiglia si è dissociata dall’educazione tradizionale e sono sicura che insieme cambieremo le cose. 

Ultimamente giocando con i miei figli (gemelli di due anni e nove mesi) al gioco produttivo delle emozioni, stavo cercando esempi di quando si prova “imbarazzo” e non so cosa dire, perché mi sembra che ogni situazione imbarazzante sia solo frutto della nostra società e non vorrei proporre loro delle idee che, fortunatamente, essendo da così poco tempo nel mondo, non hanno. Ad esempio io provo imbarazzo quando non so una nozione di cultura generale, però non voglio dirglielo perché non vorrei portarli a temere l’errore e, razionalmente, penso che sia normale non sapere tutto, anzi una grande opportunità di essere curiosi, ricercare e imparare. 
Tu quale esempi usi quando giochi a questo gioco con Oliver ed Emily?

Carlotta:
Questa domanda mi è piaciuta tantissimo. Per due motivi: 
1. Perché questo genitore sta facendo il lavoro, sta analizzando, sta osservando, sta mettendo in dubbio (anche quello che trova su una piattaforma che ha molto valore per la sua famiglia come La Tela). Questo è un lavoro che dovremmo fare tutti: mantenere una mente critica, metterci in dubbio, metterci in gioco.
2. Il secondo motivo è perché questo genitore avrebbe facilmente potuto scegliere di criticare il nostro lavoro: avrebbe potuto dire che è uno sbaglio che abbiamo inserito l’imbarazzo come emozione perché in questo modo provochiamo e creiamo questa emozione nei nostri figli. Invece, ha scelto di fare una domanda: che esempi dai tu a Oliver ed Emily quando fate questo gioco?    
E questo approccio e questa domanda mi hanno dato la possibilità di rispondere e spiegare il mio punto di vista senza sentirmi attaccata e senza mettermi sulla difensiva: e questo è importante perché io ho fatto un grande lavoro su di me e oggi so accogliere le critiche con lo stesso rispetto e con la stessa attitudine con cui accolgo i complimenti, quindi anche se me l’avesse proposta come una critica non mi sarei sentita attaccata e non mi sarei messa sulla difensiva, ma non tutti hanno già fatto questo percorso e tante persone di fronte a una critica si sentono attaccati e ricambiano attaccando a loro volta. Quindi indirettamente questo genitore ci ha dato una bellissima lezione: in generale, quando non capiamo qualcosa o non siamo d’accordo con qualcuno o con qualcosa, invece di criticare, di puntare il dito, di dire la nostra opinione senza filtrare le parole e senza scegliere il linguaggio, invece di giudicare l’altro, possiamo scegliere un semplice gesto, fare una domanda, essere curiosi invece che giudicanti.

Detto questo, parliamo di imbarazzo. 
Noi sapete che pensiamo molto a tantissimi aspetti diversi quando creiamo un gioco o un prodotto su La Tela e ci prendiamo davvero, davvero, davvero, davvero cura delle parole che scegliamo e di che cosa mostriamo sia nella guida sia nel gioco in sé. 

Abbiamo pensato molto, anche in questo caso, se mettere questa emozione, l’imbarazzo, all’interno del gioco produttivo Il vocabolario delle emozioni, però proprio perché molte situazioni imbarazzanti, anzi, molte situazioni in cui proviamo imbarazzo perché in realtà le situazioni non sono imbarazzanti, ma noi proviamo imbarazzo per via della cultura in cui siamo e in cui cresciamo, molte situazioni in cui proviamo imbarazzo sono frutto della società in cui viviamo, che è una società che stigmatizza l'errore, e parlando delle situazioni in cui noi adulti sentiamo imbarazzo possiamo effettivamente generare l'emozione nella mente dei bambini in quelle stesse situazioni. 

Per esempio, se io dico ai miei figli, che mi sono sentita in imbarazzo l’altro giorno quando sono inciampata e sono caduta per strada, invento eh!, perché non è una situazione in cui io proverei imbarazzo, magari mi chiedono perché, e io a quel punto se voglio rispondere onestamente probabilmente spiegherei che è perché ero in mezzo a tante persone e si sono girati tutti a guardarmi quando sono caduta. In questo modo io sto trasmettendo loro che quella è una situazione di imbarazzo e che mi importa di quello che la gente pensa di me in quel momento, invece che importarmi di quello che il mio corpo prova in quel momento perché magari mi sono fatta male, e tutto questo è il contrario di quello che io vorrei modellare per i miei figli e voi sapete che noi siamo il modello per i nostri figli.

Quindi per me la risposta a questa domanda, e tra l’altro in seguito a questa riflessione ho aggiunto proprio anche una parte sull’imbarazzo nella guida per il genitore di questo gioco produttivo, quindi adesso quando andate nella guida del gioco vedrete che c’è tutta una parte sulle riflessioni proprio dedicata all’emozione dell’imbarazzo, e credo che la risposta in questo caso sia un po’ sempre la stessa che darei in tante altre circostanze: ogni genitore deve osservarsi e osservare i propri figli e usare la propria mente critica, come ha fatto questo genitore, per riflettere e per capire quali aspetti, in questo caso del gioco, sono adatti alla propria famiglia e quali no. 

Nella nostra famiglia, per esempio, Oliver ha mostrato imbarazzo in maniera abbastanza naturale fin da piccolo: ricordo quando l’ho notato per la prima volta, era un giorno ed eravamo in bici in piazza e c’era tantissima gente intorno a noi, e lui è caduto dalla bici e la prima cosa che ha fatto, ancora prima di alzarsi, è stata quella di guardarsi intorno per vedere se qualcuno l'aveva visto. Io ricordavo che aveva 2 anni, ma Alex mi ha poi ricordato che eravamo già nella casa a San Pedro, proprio prima di partire per il nostro viaggio intorno al mondo, e quindi Oliver aveva quasi 4 anni e frequentava già la scuola Montessori e magari questo comportamento è nato proprio da lì, perché non è un modello di imbarazzo che ha in casa, o magari, semplicemente, fa parte della sua personalità.
 
Da allora, però, ho continuato a notare questa cosa di Oliver, quando cade in una situazione simile, noto che continua a provare questa sorta di imbarazzo. Quindi quando abbiamo giocato a questo gioco per la prima volta, io che ovviamente mi ero preparata prima di giocare, avevo pensato appunto agli esempi di emozioni, a che esempi mi avrebbero potuto dire i miei figli, a che emozioni avrei potuto dire io a loro, che conversazioni potevano nascere da queste emozioni e dalle conversazioni sulle emozioni, che motore sarebbe stata una emozione piuttosto che l’altra etc etc, quindi, dopo tutto questo lavoro, quando abbiamo giocato per la prima volta a questo gioco su quella emozione, io ho usato proprio quell’esempio, ho detto a Oliver: “Ti ricordi che quando a volte cadi ti guardi in giro per vedere se qualcuno ti ha visto? Ecco, quello è una forma di imbarazzo”. E poi ho colto l'occasione del gioco per spiegare che spesso ci sentiamo in imbarazzo per situazioni che la società decide che sono imbarazzanti e non perché in realtà quella situazione sia imbarazzante, perché cadere dalla bici non è imbarazzante, come dicevo prima dobbiamo controllare il corpo per vedere se sta bene, poi dobbiamo controllare la bici per vedere se funziona ancora, poi dobbiamo preoccuparci di risalire sulla bici se riusciamo, se non abbiamo dolore, sicuramente tutto questo ha molta più importanza che quello che pensa la gente intorno a noi quando cadiamo, quello che pensa la gente intorno a noi quando cadiamo è l’ultimo dei nostri problemi. E tutta questa conversazione è nata proprio grazie a questo gioco e io noto che piano piano questa conversazione, che poi abbiamo ripetuto all’infinito, sta entrando nella mente di Oliver, piano piano sta lasciando andare il giudizio della gente. Ovviamente tutto questo si spiega in maniera comprensibile per l'età del bambino che abbiamo davanti e facendo esempi e domande, per esempio: "A te fa ridere che una persona cada dalla bici? No!, nemmeno a me! Oppure. Che cosa pensi quando vedi una persona che cade dalla bici? Ecco, si, anche io, penso di andare ad aiutarla e chiederle se sta bene! Che cosa altro potremmo fare quando vediamo una persona che cade dalla bici?"… Questo tipo di domande e tipo di conversazione apre tantissime altre conversazioni importanti oltre a quella dell'imbarazzo dettato dalla società e può anche farci riflettere su come noi vediamo gli altri, per esempio, quando cadono dalla bici, che ci aiuta a capire che magari anche gli altri ci vedono allo stesso modo quando noi cadiamo dalla bici, ma apre moltissime altre conversazioni sull'empatia, sul bullismo, etc etc….

E poi ho detto anche a quel genitore che in casa loro se preferiscono non dare esempi di imbarazzo, o non ancora esempi di imbarazzo, potrebbero decidere di eliminare quell'emozione dalle carte del gioco per ora e presentarla quando capiterà una situazione chiara ed esplicita di imbarazzo. Oppure se vogliono includere l’emozione dell’imbarazzo perché vogliono avviare una conversazione, potrebbero cercare nei libri che hanno a disposizione in casa, o andare in biblioteca, o informarsi su internet, cercare appunto degli esempi di imbarazzo e usare quelli: “Io ricordo, per esempio in libro che noi abbiamo letto e di cui ho scordato il titolo, riguardava un orso, grande e piccolo, una cosa che direi ad Oliver ed Emily potrebbe essere, Ti ricordi quando il piccolo orso non sapeva fare quello che sapeva fare il grande orso? E non voleva nemmeno provarci perché aveva paura che gli altri animali ridessero di lui? Ecco, quello è un esempio di imbarazzo! E poi ti ricordi che cos'è successo? Esatto, ci ha provato tante volte e alla fine ci è riuscito! A volte ci sentiamo in imbarazzo se non sappiamo fare una cosa, però è solo facendo quella cosa che impariamo a farla, quindi non deve importarci quello che pensa la gente quando non siamo capaci, o non siamo ancora capaci a fare una cosa…etc etc”. Questo è quanto mi verrebbe da dire ricordando quel libro.

Questo discorso, per esempio, che noi abbiamo fatto tantissime altre volte proprio leggendo quel libro, ha aiutato tantissimo quando Oliver è andato alla prima lezione di calcio, aveva 5 o 6 anni, non rammento esattamente, e un bambino gli ha detto che era il peggiore. Quando Oliver è tornato a casa e ce lo ha raccontato, noi gli abbiamo risposto “Certo che sei il peggiore, loro giocano da mesi e tu inizi oggi, non hai mai fatto una lezione di calcio prima!”. E allora da qui siamo anche arrivati alla conversazione che toccava di striscio il bullismo, su come quel commento lo avesse fatto sentire e su come possiamo scegliere di non fare sentire gli altri in questo modo e cioè come si era sentito lui.  

Io penso che sia importante saper nominare le emozioni, sapere riconoscere le emozioni, ed è proprio per questo che abbiamo creato questo gioco produttivo che abbraccia e raccoglie le emozioni principali perché poi ci sono oltre 80 emozioni, quindi sicuramente non è una lista completa delle emozioni che possiamo provare, ed anzi c’è pochissimo vocabolario intorno alle emozioni e di questo voglio parlarvi molto di più in futuro perché credo davvero che sia uno spunto di riflessione importantissimo partire dalle emozioni e dal linguaggio che abbiamo delle emozioni.
Ecco appunto anche l’emozione dell’imbarazzo è importante saperla nominare anche per avviare proprio conversazioni su quanta poca importanza dovremmo dare a quello che pensa la gente di noi. E anche per questo dopo tante riflessioni con il team avevamo scelto di includere anche l’emozione dell’imbarazzo, perché può essere un motore di tante conversazioni. 

E ci tengo comunque a ricordare che ogni conversazione, e ogni gioco, e ogni situazione, ogni “trucco” che leggete nel mio corso, su Instagram, in altri libri etc,  vanno adattati alla famiglia, vanno adattati al bambino o alla bambina che avete davanti, alla persona che siete voi, al bambino o alla bambina dentro di voi, ci sono tanti metodi là fuori, e questa è una cosa di cui ho già parlato in passato, ma spesso proprio perché ci sono tanti metodi ci dimentichiamo un pochino di usare il buon senso, ci dimentichiamo un pochino di osservare chi abbiamo davanti, di osservare la persona che abbiamo davanti, e per me quella è la base dell’educazione, osservare chi hai davanti prima di qualsiasi altro metodo, c'è un tempo per tutto e spesso osservando i nostri bimbi capiamo quando arriva il tempo giusto per una determinata cosa. Per questo insisto tanto, tanto, tanto, tanto nei miei corsi e anche nei giochi produttivi, in tutti i prodotti che vi propongo, sull’importanza dell’osservare e dell’osservazione, di osservare se stessi e anche i nostri bambini.

Ecco, basta, questo era quello di cui volevo parlarvi oggi, è un po’ una ragnatela di pensieri oggi, perché alla fine ero partita volendo parlare dell’imbarazzo e solo dell’imbarazzo nei bambini, e del perché abbiamo voluto inserirlo nel gioco, poi però ho seguito i vari fili della mia ragnatela di pensieri. Ecco spero di avere lasciato qualche semino che magari germoglierà.
Con questo vi saluto...

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.