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Episodio 83 ·

Adozione: una conversazione a cuore aperto / con Roberta

In questo episodio di Educare con Calma ho deciso di ospitare con Roberta che dopo aver ascoltato l'episodio sulla PMA si è offerta di venire a raccontarci come lei è diventata mamma: attraverso l'adozione nazionale.

È un episodio intenso, una conversazione importante.

:: Un appunto di Roberta:

«Volevo specificarti una cosa che mi sta a cuore. Io ti ho raccontato la mia esperienza di mamma: io personalmente lo sento un ruolo così grande che c'è spazio per due. In questi anni da mamma ho sempre pensato e sentito che mio figlio ha due mamme, e non che io sia l'unica mamma vera. Ma non è per tutti così, c'è chi la chiama la "signora che ti ha partorito". Avrei voluto partorirlo io? Sì. Avrei anche voluto viverlo dal suo primo respiro. Ma non è così. E se lo avessi partorito non sarebbe stato lui e io sono così grata di essere la sua mamma».

:: Link utili menzionati nell'episodio:

:: Un pensiero di Roberta e Vanessa, due mamme per sempre:

«In Italia e non solo ci sono tanti bambini che stanno aspettando la loro mamma e il loro papà. Tutti questi bambini sono imbottigliati nella burocrazia, aspettano mesi o anni. Aspettano nelle case famiglia o negli istituti. È giusto che ci siano accertamenti e controlli prima che un bambino vada in adozione. Non sappiamo quanto sia giusto, però, che questo tempo sia così lungo.

Perché un bambino deve aspettare 6 mesi, perché deve aspettare 1 anno o 3 o 4?

Oggi leggevo un post di una mamma affidataria, è il compleanno del bimbo che ha accudito per un anno, il bambino non è più con lei ed è in casa famiglia. Lei scrive “Cucciolo mio, oggi, prima di soffiare sulle candeline, pensa forte ad una mamma tutta per te, che arrivi presto a curare il tuo cuoricino e a prepararti torte al cioccolato”.

Noi non sappiamo come far cambiare le cose, come far fluire tutto. È un pensiero che ci spezza il cuore, credo che spezzi il cuore di tutti. Forse è per questo che se ne parla poco.

:: Come appoggiare il podcast:

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Carlotta: [00:00:00] Benvenuti e benvenute a un altro episodio di Educare con calma. Oggi non sono sola, ho qui con me, non con me, ma dall'altra parte dello schermo e la vedo, la vedo già, Roberta, che è mamma di un bambino che è arrivato nella sua famiglia quando aveva circa cinque mesi e mezzo. E Roberta un giorno ha ascoltato la chiacchierata che ho fatto con Elisa Pella che ci raccontava come era diventata mamma attraverso e grazie alla PMA, ovvero la procreazione medicalmente assistita e ha deciso di scrivermi. Ha deciso di dirmi che questo episodio l'aveva colpita molto e mi ha chiesto se avessi voglia di raccontare anche la sua storia, ovvero la storia di come lei è diventata mamma attraverso l'adozione. E quando mi ha scritto la sua storia le ho risposto immediatamente, le ho detto registriamo e quindi non mi rimane che dare il benvenuto a Roberta, ringraziarla per avermi chiesto di essere ospite del podcast perché credo che comunque ci voglia anche una sorta di coraggio nel voler raccontare queste storie e credo che queste storie davvero debbano essere raccontate e dovremmo parlarne di più e quindi la ringrazio veramente tantissimo perché credo e anzi sento già che sarà una conversazione che pianterà semini. Ciao Roberta, grazie per essere qui con me oggi.

Roberta: [00:01:22] Ciao Carlotta.

Carlotta: [00:01:23] Ciao, come stai?

Roberta: [00:01:25] Sto bene, sono molto emozionata.

Carlotta: [00:01:29] Non ti preoccupare, qualsiasi cosa io taglio, incollo. Quindi non ti preoccupare.

Carlotta: [00:01:37] Grazie mille ancora. E lo so che tu la tua storia l'hai già raccontata a grandi linee a me e che mi ha colpita molto, mi ha commossa molto quando la leggevo l'ho letta tutta d'un fiato e quindi mi piacerebbe che la raccontassi proprio per introdurre tutto l'episodio, che la raccontassi anche a chi ci sta ascoltando, anzi a me. Di nuovo fai finta che siamo solo io e te.

Roberta: [00:02:05] Il mio compagno, allora era il mio compagno. Nel 2014 abbiamo iniziato a cercare un figlio. Circa un anno dopo questo bambino non arrivava. Abbiamo iniziato a fare degli accertamenti medici e abbiamo scoperto la nostra infertilità di coppia, che può essere quindi della donna come dell'uomo o di entrambi. Questa scoperta per me è stata molto dolorosa, quando hai il dolore di non poter rimanere incinta e la paura che la coppia che andava benissimo e che decide di fare un figlio possa scoppiare, perché poi la sterilità è una bomba...è stato un periodo molto difficile e doloroso perché io ho sempre dato per scontato che sarei diventata mamma nella vita e il primo pensiero era io non posso realizzare questo mio desiderio e quindi siamo andati a fondo per cercare di capire bene cosa fare dal punto di vista medico, ma fin da subito abbiamo iniziato anche a parlare di adozione in quei mesi dove, come ti dicevo, ho vissuto un grande dolore e ho elaborato questo dolore, piano piano era sempre più chiaro dentro di me che il mio desiderio di gravidanza non coincideva con il mio desiderio di maternità ed era per me molto importante per la mia vita diventare madre e quindi poter accudire, amare, veder crescere un figlio. E potevo lasciar andare il desiderio di rimanere incinta perché ero pronta ad amare un figlio che non avrei partorito.

Carlotta: [00:04:03] Quindi questa è una cosa che tu hai saputo da subito nel senso che l'hai proprio sentito, hai detto ok non posso rimanere incinta, ma non importa io comunque vorrei un figlio nella mia vita. L'hai sentito da subito o è stato un processo?

Roberta: [00:04:16] No, è stato un processo. Cioè quando abbiamo scoperto l'infertilità di coppia c'è stato solo spazio per il dolore, è stato uno shock, un trauma. Non ho dovuto elaborare il fatto che per me la gravidanza e quindi il generare non coincideva con la maternità, per me personalmente, perché poi per ognuno è diverso. Non sminuisco la gravidanza, cioè credo che sia un'esperienza meravigliosa, ma per me era importante diventare madre. Nella mia vita io sentivo di avere proprio il desiderio di veder crescere, accudire e amare un bambino e questa era la cosa importante per me e che coincideva con il desiderio di mio marito, perché poi è la coppia che decide. Quindi abbiamo iniziato a raccogliere informazioni per capire come funzionava l'adozione. Quindi ci siamo ritrovati davanti al sito del Tribunale dei minori di competenza del nostro territorio e abbiamo visto la lista di documenti e condizioni necessari per presentare la domanda. Una delle condizioni ad essere sposati e noi a quei tempo non eravamo ancora sposati. Quindi abbiamo romanticamente deciso davanti al sito del Tribunale dei minori di sposarci e ci siamo sposati due settimane dopo. Ci siamo sposati sicuramente per il grande amore che c'è tra me e mio marito, ma per diventare i genitori di nostro figlio.

Carlotta: [00:06:04] Cavolo!

Roberta: [00:06:05] Quindi, ci sposiamo. E poi per presentare la disponibilità all'adozione nazionale e/o internazionale bisogna presentare una domanda al Tribunale dei minori. E poi si viene chiamati dai Carabinieri per degli accertamenti, tipo professioni, nomi e cognomi. Poi si viene chiamato dai servizi sociali territoriali che fanno una relazione psicosociale della coppia e ci deve essere anche un'idoneità fisica quindi tutti esami fisici, esami del sangue, lastre ai polmoni, elettrocardiogramma, pap-test. E mi sembra basta così.

Carlotta: [00:07:03] Non sapevo questo.

Roberta: [00:07:04] Si, ci deve essere anche un idoneità fisica, che non significa che bisogna essere perfetti fisicamente.

Carlotta: [00:07:11] Certo.

Roberta: [00:07:13] Ma che naturalmente il bambino che arriverà deve essere affidato a due genitori che sono sani.

Carlotta: [00:07:21] Certo.

Roberta: [00:07:23] E quindi io ho iniziato a raccogliere informazioni su internet sui vari blog di quello che avrebbero potuto chiedere i servizi sociali perché era la parte che più mi spaventava.

Carlotta: [00:07:36] È una serie di interviste o un colloquio solo, come funziona?

Roberta: [00:07:42] Dipende da ogni Asur (Azienda Sanitaria Unica Regionale), dipende quindi da ogni servizio territoriale. Noi abbiamo fatto due colloqui di gruppo, cinque colloqui con l'assistente sociale, cinque colloqui con la psicologa e un incontro a casa. E poi la relazione che viene prodotta dalla psicologa e dall'assistente sociale viene data ad un giudice che è il giudice onorario, quindi è uno psicologo che fa un'udienza con la coppia e fa un'ulteriore valutazione. E poi sarà il giudice onorario, insieme al giudice togato, ad emettere o meno l'idoneità della coppia per l'adozione.

Carlotta: [00:08:25] Ma è un processo lunghissimo, quanto dura in tutto questo processo?

Roberta: [00:08:30] Dipende dalle ASL, comunque sui mesi la nostra adozione è andata a buon fine perché poi, finita l'udienza con il giudice, c'è il decreto di idoneità che serve per l'adozione internazionale che arriva dopo mesi perché deve essere emesso il decreto e deve passare in cancelleria eccetera eccetera. Quindi ad esempio a noi il decreto di idoneità dall'inizio dei colloqui all'arrivo del decreto di idoneità è passato un anno, ma, io dalla disponibilità al colloquio con il giudice ci ho messo quasi tre anni.

Carlotta: [00:09:12] Oh, quindi è lunghissimo.

Roberta: [00:09:15] Se avessi fatto l'Internazionale quattro anni e da lì avremmo dovuto presentare tutti i documenti di idoneità ad un ente e sarebbe iniziato il percorso di adozione internazionale.

Carlotta: [00:09:29] Capito. Praticamente da quando voi avete deciso, ok adottiamo, avete preso questa grandissima decisione, che già dire adottiamo è una grandissima decisione di per sé, e da lì sono passati tre anni.

Roberta: [00:09:45] Perché i nostri servizi sociali sono molto lenti, sennò dovrebbero passare sui sei mesi dalla disponibilità alla chiamata dei servizi sociali.

Carlotta: [00:09:57] Ho capito quindi per voi è stato un processo lunghissimo.

Roberta: [00:10:00] Lunghissimo, ma a me questo processo lunghissimo però è servito perché il mio desiderio di maternità era un'ossessione. Io la vivevo come una mancanza, non mi sentivo una donna completa. E poi, dopo circa un anno dalla presentazione della domanda, ho iniziato a capire che vivevo appunto nella mancanza e quindi mi sono resa conto che c'era un rapporto appagante con mio marito, delle amiche con un rapporto autentico, un lavoro che mi piaceva e quindi ho ricominciato a vivere con un desiderio di maternità, ma ero molto felice della vita che vivevo, non sentivo più la la mancanza di non poter essere madre

Carlotta: [00:10:00] Certo, e quindi dici che ti è servito perché in un certo senso ti ha permesso di passare dal sentire di avere una mancanza all'apprezzare tutto quello che avevi intorno nella tua vita e semplicemente avere questo desiderio di maternità.

Roberta: [00:11:18] Sì. E quindi quando abbiamo iniziato i colloqui con l'assistente sociale, eravamo pronti perché era passato tanto tempo, quindi erano passati tre anni, quasi tre anni dalla disponibilità che avevamo dato. C'eravamo informati, avevamo iniziato a creare lo spazio dentro di noi per il nostro futuro figlio e i colloqui con l'assistente sociale ci sono serviti molto perché lei ci ha parlato di adozione nazionale che è un tema che non conoscevamo bene, del rischio giuridico. Il rischio giuridico è il rischio che c'è negli affidamenti che vengono fatti prima dell'adozione. E quindi è il rischio che il minore ritorni nella famiglia di origine, ok, perché la legge italiana tutela la famiglia biologica, ma questo la coppia lo sa dal principio, cioè, una cosa che sa quando viene fatta una proposta di abbinamento il giudice spiega la situazione giuridica del minore quindi spiega se c'è rischio giuridico, se non c'è rischio giuridico o che tipo di rischio giuridico c'è, cioè molto alto o molto basso, quindi la coppia consapevolmente accetta.

Carlotta: [00:12:44] È una montagna russa di decisioni, di piccole decisioni accettazioni, praticamente.

Roberta: [00:12:49] Sì, sei sempre alla ricerca di una consapevolezza cioè devi essere proprio certo perché non deve prevalere il desiderio di diventare genitore, devi essere certo che tu potrai reggere quella situazione perché poi ci sarà un bambino o una bambina che non può soffrire di una tua debolezza da un punto di vista burocratico, quindi facciamo i colloqui con l'assistente sociale che ci parla dell'adozione nazionale del rischio giuridico ci chiede di scrivere le nostre autobiografie che poi le leggiamo davanti a lei e poi iniziamo i colloqui con la psicologa, con la psicologa parliamo dell'infertilità di coppia, di come l'abbiamo elaborata, del nostro bambino immaginario, di come ci immaginiamo noi come genitori e di come in generale abbiamo affrontato le difficoltà che ci sono capitate nella nostra vita. Poi l'assistente sociale fa la visita domiciliare a casa, vengono a casa per verificare che la casa abbia uno spazio per un bambino, non perché dobbiamo avere una villa o semplicemente che ci sia una cameretta e non ci hanno mai fatto controlli a livello di redditi, si dichiara il reddito quando fai la domanda di disponibilità però non ci hanno mai chiesto nulla di più. È importante dirlo perché a volte si dice che l'adozione è solo per chi ha una certa disponibilità economica.

Carlotta: [00:14:30] E invece non è così, almeno non è stato così nel vostro caso.

Roberta: [00:14:33] Sì, semplicemente devi avere un reddito per poter mantenere un figlio. Credo che questo sia normale. E in tutto questo percorso una cosa che a me ha colpito tantissimo è sentirmi dire che noi non avevamo nessun diritto a diventare genitori. L'unico che aveva un diritto ad avere una famiglia è il bambino. Per me è stato difficilissimo fare spazio a questa affermazione. Però nel percorso dell'adozione è centrale perché al centro di tutto c'è il bambino, certo c'è il tuo desiderio di diventare genitore, ma non può venire prima delle esigenze di un bambino.

Carlotta: [00:15:19] E questo è una cosa di cui forse parlavo in uno degli episodi, ed è proprio una di quelle cose che in un certo senso forse sorvoliamo tutti, ma forse dovrebbe essere così per tutti i genitori perché non dovremmo sentirci in diritto di avere un figlio, ma dovremmo pensare al suo diritto, al diritto di questo bambino di avere una famiglia che lo accoglie, che sia biologica, che non sia biologica. Ma questa secondo me è una cosa bellissima da dire. Sicuramente per dei genitori che si approcciano all'adozione deve essere difficilissima da sentire, ma credo che per dei genitori che diventano genitori biologici dovrebbe veramente essere uno di quei semini da piantare e su cui riflettere.

Roberta: [00:16:12] Una differenza che c'è tra genitori biologici e genitori adottivi è il percorso per diventare genitori. Cioè, noi siamo costretti a fare dei colloqui con l'assistente sociale, con la psicologa che comunque ti centrano, cioè inizi a pensare a quel ruolo. Inizi a pensare se sarai adatto a quel ruolo, se sarai in grado di affrontare determinate situazioni. E a volte non viene vissuta bene. Perché uno si chiede, ma perché tutte queste domande? Perché no? Ci sono tanti bambini che stanno aspettando una mamma e un babbo, però è giusto, essere consapevoli se si è pronti ad affrontare certe situazioni.

Carlotta: [00:17:02] Che poi forse a dire il vero, questi colloqui veramente dovrebbero farli a tutti i genitori. Più ti sento parlare, più penso che noi lo diamo veramente per scontato, almeno genitori come me e mio marito danno per scontato di poter diventare genitori, un po' come dicevi tu all'inizio, tu davi per scontato di poter diventare madre e quando dai qualcosa per scontato alla fine lo prendi anche un po' sottogamba, forse. 
Nel senso, perché voi avete bisogno di colloqui e noi non abbiamo bisogno di colloqui?, cioè perché voi avete bisogno di essere reputati idonei a diventare genitori e noi no solo perché possiamo essere genitori biologici? Va beh, chiudiamola lì questa cosa, perché è un pensiero a ragnatela.

Roberta: [00:17:44] Di base c'è che tutti i bambini che vanno in adozione hanno un vissuto di abbandono che li può segnare. Ci sono bambini che stanno per anni in istituto o in case famiglia, o hanno dei vissuti molto importanti e un genitore adottivo deve sapere se è in grado di supportare il figlio.

Carlotta: [00:18:14] Certo, voi siete entrati in questo processo pensando di avere un neonato in casa?

Roberta: [00:18:23] Io non l'ho mai pensato, non pensavo fosse possibile quando ne sentivo parlare, magari mi è capitato di sentirne parlare una volta ad un'altra coppia aspirante a essere genitori adottivi, ha detto, i neonati vanno solo ai raccomandati. Ma io no, non tenevo in considerazione innanzitutto l'adozione nazionale, non la tenevo proprio in considerazione. Noi eravamo proiettati sull'internazionale. Io non mi sentivo pronta ad affrontare un rischio giuridico, non sarei stata capace di reggere il colpo. E quindi nella adozione nazionale ci sono pochi casi con un rischio giuridico, sicuramente sono meno frequenti i casi con un rischio. Nell'internazionale non c'è rischio giuridico. Ecco la differenza principale è che nell'adozione nazionale il bimbo è nel territorio italiano, ma non è detto che sia di origini italiane. E un'altra cosa importante da dire è che è gratuita.

Carlotta: [00:19:40] Ho capito.

Roberta: [00:19:41] Nell'adozione internazionale la coppia sceglie il Paese e ogni Paese ha delle regole diverse e ha un costo che varia di Paese in paese.

Carlotta: [00:19:56] Questa è una cosa che faccio fatica a immaginare, l'idea di entrare in un processo di adozione e pensare che può arrivarmi un figlio di otto nove anni, per esempio con tutto un trascorso. Come l'hai vissuta tu?

Roberta: [00:20:12] Io non ero assolutamente pronta per un bimbo di otto nove anni ed è una cosa che ho dichiarato perché io ai tempi avevo sui 32, se non ricordo bene, 32 anni, quindi io non mi sentivo pronta per un bambino di otto nove anni, anche se nei colloqui a noi hanno sempre detto che i bambini che vanno in adozione hanno dai sei anni in su. Invece adesso, guardando le altre famiglie che si sono create, non è corretto quello che ci hanno riferito. Ci sono anche bambini più piccoli che vanno in adozione. Io ti dico le disponibilità che noi abbiamo dato. Abbiamo dato la disponibilità ad accogliere un bambino con una lieve disabilità e curabile e che avesse meno di otto anni. Poi per quanto riguarda le disabilità c'è tutto un discorso molto ampio perché poi quando vai nell'adozione internazionale con l'ente ti spiegano bene che tipi di disabilità sono. E dai una disponibilità alle patologie. Questa patologia me la sento, questa non me la sento.

Carlotta: [00:21:22] Si entra proprio nei dettagli insomma.

Roberta: [00:21:25] Sì. Nella nazionale è più immediata la cosa perché comunque fai colloquio con un giudice che ti conosce e già definisci la disponibilità. Ad esempio sono disponibile a diventare genitore di un bimbo o una bimba che sono stati abusati. O figlio di un tossicodipendente, e dai delle disponibilità precise.

Carlotta: [00:21:55] Sì, ti mette proprio di fronte alle realtà più oscure dell'umanità.

Roberta: [00:22:02] Sì, e quindi in tutto questo tempo fai uno spazio dentro di te a diventare genitore di un figlio senza sapere, è una femmina, è un maschio? Che colore avrà la sua pelle? Quanti anni avrà? Noi eravamo pronti un po' a tutto. Io non avevo un figlio immaginario. Io quando pensavo a mio figlio, pensavo a cosa avrei potuto fare con mio figlio. Pensavo a più a situazioni, non tanto a lui, a un figlio immaginario. Non riuscivo perché erano talmente ampie le possibilità, che non riuscivo ad avere una idea del figlio.

Carlotta: [00:22:43] Guarda questa cosa che hai detto, non lo so perché, ma mi ha emozionata perché quando io ero incinta dei miei figli in confronto ai tuoi pensieri i miei pensieri erano davvero superficiali, mi chiedevo se avessero tratti finlandesi o meno. Sognavo gli occhi azzurri, ovviamente pensavo all'importanza che fossero sani, certo, ma forse anche quello lo davo per scontato. E sono stata fortunata e invece mi rendo davvero conto ora di quanto anche quei pensieri in realtà arrivassero da una situazione di privilegio di coppia: il privilegio del poter generare un figlio. Il mio privilegio della gravidanza. E mi è piaciuto tantissimo quello che hai detto, che non avevi un figlio immaginario, non pensavi che il colore degli occhi o della pelle, ma pensavi solo a quello che avresti potuto fare con lui insieme. È un pensiero potente, profondo, che porterò con me, che mi fa apprezzare davvero moltissimo il privilegio che ho avuto. Quindi ti ringrazio per queste parole. Però scusami, no, ti ho interrotta, vai avanti. 
Quindi a questo punto che cosa succede? Ti arriva una chiamata, o cosa succede?

Roberta: [00:23:55] Siamo rimasti alla visita domiciliare e quindi i servizi sociali producono la relazione. Quindi il giudice si trova la relazione di idoneità fisica, la relazione dei servizi sociali e nel nostro tribunale un foglio dove noi davamo le nostre disponibilità, quindi di età, di stato di salute, del bambino eccetera e facciamo un colloquio che è quello appunto con i giudici onorari, perché sono psicologi, e ci hanno sempre detto che il colloquio era una formalità perché comunque avendoci già tutti i documenti. Invece per noi è stato tostissimo perché è un'udienza, in realtà non è un colloquio, un'udienza di 2 ore con tante domande e quindi la mia sensazione era che non so quanto fosse andato bene, per quanto la relazione dei servizi sociali non presentava criticità e quindi il giorno dopo vado al lavoro e, esattamente 24 ore dopo il colloquio, squilla il telefono rispondo ed era il giudice che mi annunciava che c'era un abbinamento per noi.

Carlotta: [00:25:26] 24 ore dopo!, wow, non te l'aspettavi?

Roberta: [00:25:29] Iniziavamo lì praticamente la vera attesa. Quindi mi ritrovo scalza, non ero in Ufficio, mi ritrovo scalza a chiamare mio marito e ad annunciare che eravamo diventati genitori.

Carlotta: [00:25:50] Incredibile!

Roberta: [00:25:51] E il giudice non ci ha detto niente, mi ha detto solamente al telefono, le posso dire che aveva ragione, è un maschio, perché io avevo la sensazione che fosse maschio.

Carlotta: [00:26:03] Ma dai!

Roberta: [00:26:05] Si. E abbiamo avuto il colloquio cinque giorni dopo. Sono stati cinque giorni dove abbiamo dormito poco, niente. Era una montagna russa di emozioni. E durante il colloquio ci hanno raccontato la storia di nostro figlio.

Carlotta: [00:26:25] Che, non dirò il suo nome, preferisco chiamarlo pulcino, che ci stava aspettando. Era in una casa famiglia e aveva cinque mesi e mezzo...

Carlotta: [00:26:44] Che anche questo probabilmente è stata una completa sorpresa.

Roberta: [00:26:50] Assolutamente! Cioè proprio inaspettata, totalmente. Io non mi sono mai immaginata di diventare mamma di un neonato. Perché non era tra le possibilità, cioè non ce l'avevano elencate tra le possibilità.

Carlotta: [00:27:04] Incredibile!

Roberta: [00:27:06] Due giorni dopo conosciamo pulcino.

Carlotta: [00:27:13] Wow!, e com'è stato quel momento? Ti sei sentita subito, mamma?

Roberta: [00:27:21] Allora, io di quel giorno mi ricordo tutto.

Carlotta: [00:27:24] Mi ricordo i suoni, il campanello che abbiamo suonato quando siamo entrati, il suo sguardo curioso, il suo odore, quando ha alzato le manine per venirmi in braccio e con mio marito...

Carlotta: [00:27:45] Fai piangere anche me. Piangiamo tutte e due...

Roberta: [00:27:54] Abbiamo giocato un po', poi mi si è addormentato anche in braccio. Il primo incontro, però, mi sentivo un sacco di occhi addosso, perché c'era l'assistente sociale che non era naturalmente quella che ci aveva seguito fino a quel momento, che comunque era lì e che avrebbe deciso quando il pulcino poteva tornare, poteva venire a casa con noi. Poi c'erano le persone che gestivano la casa famiglia...

Carlotta: [00:28:27] Sì, eri un po' come un'attrice sotto i riflettori, tra virgolette...

Roberta: [00:28:37] Siamo andati via che mio marito era a petto nudo perché mi hanno chiesto se lasciavo la mia T-shirt tale che il pulcino poteva tenerla con sé. E il giorno dopo quando siamo tornati, quello lì è stato è stato il mio momento magico perché lui dormiva e io l'ho preso in braccio e io lì ho sentito qualcosa, il cuore che si apriva. Proprio una bolla d'amore. Io e lui. E mi sono sentita nel posto giusto con lui.

Carlotta: [00:29:25] Sì, è questo risponde un po' alla mia domanda. Sì, ti sei sentita sua madre? Subito?

Roberta: [00:29:30] Sì, sì. Una parte di me si è sentita subito mamma. Ma per sentirmi proprio sua mamma ho avuto bisogno che anche lui mi scegliesse come punto di riferimento. Cioè io avevo bisogno di conoscerlo, di dormirci la notte, di passarci del tempo, di metterlo attaccato a me. Poi, per ogni mamma è diverso. Per me è stato così, però è stato amore fin da subito.

Carlotta: [00:30:00] Sì, comunque anche la frase che hai detto adesso, cioè per sentirmi mamma ho dovuto aspettare che lui mi scegliesse come punto di riferimento. Non dico niente basta, perché se no mi commuovo di nuovo, perché questa frase dovremmo dirla tutti. Bellissima. 
Senti, che ostacoli incontri nella tua quotidianità, nella comunicazione con gli altri, frasi che ti senti dire che non ti piacciono, gesti che ti infastidiscono? Ce ne sono o no? E perché.

Roberta: [00:30:43] Allora, quando il Pulcino è arrivato, sono arrivati tutti, amici e parenti a conoscerlo. E una delle cose che a me ha dato più fastidio sentire è, come si fa ad abbandonare un bambino e mi ha dato tanto fastidio sentirlo dire da mamme, perché è un giudizio nei confronti della madre biologica del pulcino. Nessuno ha il diritto di esprimere un giudizio del genere davanti al pulcino, anche se era piccolo. Nessuno ha il diritto di chiedersi il perché la madre biologica del pulcino abbia deciso di abbandonarlo. E solo lui può farsi questa domanda e quindi mi ha veramente colpito. Mi dava proprio tanto fastidio.

Carlotta: [00:31:48] Credo che ci sia veramente tantissimo lavoro da fare sul renderci conto del privilegio che abbiamo e mi rendo conto da queste frasi che dici che comunque tanti dei commenti, anche questo commento, potrebbe arrivare da un posto di privilegio, probabilmente. Ovviamente noi non possiamo cambiare il privilegio che abbiamo, ma possiamo influire tra virgolette, possiamo cambiarlo attraverso il tipo di comunicazione che abbiamo con gli altri.

Roberta: [00:32:17] Ecco un'altra affermazione che ci siamo sentiti dire ogni tanto, anche adesso, ed è, come siete stati generosi, come siete bravi, che bel gesto che avete fatto. Noi non abbiamo fatto nessun bel gesto. Semplicemente noi volevamo diventare genitori e nostro figlio aveva bisogno di una mamma e di un babbo. Basta. Non è beneficenza l'adozione.

Carlotta: [00:32:49] Credo che sia anche una sorta di interesse personale, ovviamente. Non lo so perché la gente dice questa frase, probabilmente la dice perché non ci pensa, a volte diciamo delle frasi che siamo abituati a sentire dire in determinati contesti e quindi le diciamo senza pensare, però effettivamente è una frase che ha poco senso.

Roberta: [00:33:12] A volte viene detta anche perché una persona si trova magari spiazzata perché magari non se l'aspetta. E quindi per dire qualcosa ...

Carlotta: [00:33:25] Dice la frase che è abituata a sentire.

Roberta: [00:33:27] Sì. Senza nessuna cattiveria dietro. Un'altra cosa, io l'ho vissuta poco, per adesso, però mi è capitato, "Ah, quindi non è tuo? Oppure, ma la vera madre dov'è? Chi è? Io quando mi è capitato ho sempre risposto che mio figlio ha due mamme e ha due babbi e che siamo entrambi veri, esistiamo entrambi.

Carlotta: [00:34:02] E invece immagino che non rispondi a domande sulla madre biologica.

Roberta: [00:34:06] Non rispondo perché l'adozione nazionale, comunque, è molto delicata da un punto di vista burocratico, e non rispondo. 

Carlotta: [00:34:21] Non rispondi perché non è una domanda da fare. 

Roberta: [00:34:32] Non rispondo perché nel caso, sarà mio figlio che racconterà quello che sappiamo della sua storia di origine. 

Carlotta: [00:34:32] Prima ho detto una cosa che probabilmente non credo, in generale penso che ci siano domande che non vadano fatte, ma in realtà sono indecisa su questo, perché penso che sia anche importante fare le domande quando non sappiamo qualcosa e quando siamo curiosi, perché solo così riusciamo anche ad avviare conversazioni che poi rompono dei tabù. Probabilmente dovremmo scegliere il tipo di domanda e dovremmo scegliere il modo in cui esprimiamo la domanda.

Roberta: [00:35:16] Però, a volte si fa la domanda che viene posta e solo riguardo, ah!, ma è italiano, quindi sapere l'origine. E magari non c'è l'interesse nel capire il percorso d'adozione, ma è semplicemente una curiosità.

Carlotta: [00:35:36] Un gossip.

Roberta: [00:35:38] Un gossip. Perché se uno fosse interessato al percorso d'adozione capisce che ci sono certe informazioni che non si possono dare perché magari sono delicate.

Carlotta: [00:35:49] Magari, ad esempio ti darebbe fastidio se ti chiedessero se avete dei rapporti, delle relazioni con la famiglia biologica di vostro figlio?

Roberta: [00:36:00] No, non mi darebbe fastidio. Gli spiegherei come funziona l'adozione, che quindi nel momento in cui un bambino parte da un affidamento preadottivo e poi arriva, e si conclude l'adozione, i rapporti con la famiglia di origine si interrompono già dall'affidamento preadottivo.

Carlotta: [00:36:20] Certo, e senti, in tutto questo tuo figlio sa già qualcosa? Vabbè, ovviamente adesso è piccolo, ma mi chiedo se ne abbiate già parlato, se abbiate già introdotto questo discorso, se hai intenzione di farlo, se hai già pensato a come farlo, se ti senti nervosa all'idea di di avere questa conversazione.

Roberta: [00:36:45] Io l'ho fatto fin da subito, fin da quando era piccolo. Perché è un discorso che emotivamente era molto carico raccontargli la sua storia e quindi gliel'ho raccontata anche per rasserenarmi io e per trovare le parole giuste e quindi il pulcino sa che ha due mamme, sa che la sua mamma e il suo babbo di pancia non si potevano occupare di lui. Sa che è stato in una casa dei bambini e sa che noi siamo arrivati e che siamo diventati la sua mamma e il suo babbo per sempre. Abbiamo fatto anche un libro con delle foto e un errore che avevo fatto era inserire un disegno della madre biologica, inizialmente come prima pagina, e mi sono accorta di aver sbagliato perché ho messo del mio su una storia che appartiene solo a lui e ho dato una sensazione, un'impressione, un'immagine a una persona che io non conosco e che solo lui ha il diritto di crearsi l'immagine della sua madre biologica. E quindi sono riuscita a rimediare perché avendo fatto questo con anticipo sono riuscita a capire di aver sbagliato e tutto questo grazie a Fabia di "adozioni e altri racconti" che ha un profilo Instagram dove parla di storie di adozione e fa anche dirette con delle professioniste. Quindi per chi fosse interessato all'adozione consiglio il suo profilo perché trovate tantissime esperienze di famiglie adottive.

Carlotta: [00:38:54] Lo lasciamo nella descrizione dell'episodio.

Roberta: [00:38:56] Noi abbiamo avuto un affidamento pre-adottivo e nell'affidamento pre-adottivo l'assistente sociale viene in casa per fare una relazione al giudice e nell'affidamento pre-adottivo il pulcino ormai conosceva l'assistente sociale e lui diceva l'assistente sociale, l'amica del giudice, la mia amica. Non so quando unirà i pezzi di tutto il puzzle.

Carlotta: [00:39:31] Prima o poi, quando sarà pronto, e la cosa bellissima che hai detto è il fatto che tu abbia iniziato così presto a raccontargli tutta questa storia ha dato tempo a te per praticare questa conversazione e praticarla e praticarla e praticarla e capire dove avrai, dove avevi detto delle parole sbagliate, dove avresti voluto cambiare delle parole. I disegni, per esempio. Una cosa a cui io non avrei mai pensato, ma un pensiero bellissimo. Quante volte noi genitori ci prendiamo il diritto di emozioni dei nostri figli mettendole nella loro testa tra virgolette? Eh, è veramente questo che hai detto, è bellissimo e in più ha dato a te la possibilità di quando arriverà quella conversazione, che sarà veramente una conversazione e tu ti sentirai molto più pronta, molto meno nervosa, molto più rilassata, perché l'hai fatto talmente tante volte che sarà come una seconda pelle.

Roberta: [00:40:50] Mio marito dice che è la sua storia, è un dato di fatto, è così, non dobbiamo caricarci sopra. Sarà poi lui a decidere di come elaborare quello che è successo nei primi mesi della sua vita.

Carlotta: [00:41:12] Guarda. Bellissimo, veramente veramente bellissimo. Senti, c'è un qualcosa che avresti voglia di condividere, di un messaggio per finire, uno in particolare, proprio dal cuore, che vorresti lasciare alle persone che si stanno approcciando a un processo di adozione, che sono nel mezzo, che magari hanno appena scoperto la diagnosi di infertilità di coppia e sono ancora nel pieno del dolore. 
Insomma, un messaggio a chi farà questo percorso.

Roberta: [00:41:44] Se è la vostra strada dovete avere tanta pazienza, ma arriverà il momento in cui vostro figlio sarà a casa con voi.

Carlotta: [00:41:56] E piangiamo di nuovo tutti. Senti ok, però l'ultima cosa, come si capisce, cioè come lo capisci se è la tua strada?

Roberta: [00:42:11] Lo capisci innanzitutto se sei in grado di capire che la gravidanza per te non è una priorità, perché poi quando c'è un problema di infertilità ti rivolgi al medico e il medico non ti dice, hai valutato l'adozione, ti dice vai in una clinica o all'ospedale, adesso non lo so, quindi a volte le coppie presi dal dolore dal momento di difficoltà seguono quello che dice il medico senza neanche ascoltarsi più di tanto, perché magari quello non è il percorso per loro. Io conosco una mamma adottiva che ha fatto un percorso di PMA, un tentativo e poi ha detto, ma io cosa ci sto a fare qua? Non fa per me. E ha poi fatto richiesta di adozione. Lo capisci se sei in grado di diventare mamma di un bimbo o di una bimba che ha già cinque anni e lo senti dentro di te. Se è una cosa che può fare per te, o che non assolutamente no, o se tu sei in grado solo di essere di diventare mamma di un neonato. È una cosa che ognuno di noi sa.

Carlotta: [00:43:26] Non lo so. Sto continuando a pensare mentre parli, lo saprei io?

Roberta: [00:43:31] Ma non è una cosa immediata.

Carlotta: [00:43:33] No, infatti. Ecco, esatto, non è una cosa immediata. Esatto, forse è anche il fatto di darsi tempo, cioè darsi tempo per scoprire, per rispondere a questa domanda, siete pronti? Non lo so, ma voglio darmi il tempo per scoprirlo se sono pronto.

Roberta: [00:43:51] Adesso ci sono tante esperienze. Riesci tanto a immedesimarti e a capire se il percorso dell'adozione è il percorso della tua famiglia. Ci sono tanti libri.

Carlotta: [00:44:09] Roberta Grazie, veramente, ci siamo emozionate più di una volta, io ancora più di te, perché io qua che ero zitta, zitta, intanto trattenevo le lacrime, ogni tre per due. Comunque ti ringrazio perché credo davvero che sia importante parlarne. Credo che sia importante educare le persone a parlarne. Come parlarne. Secondo me è una delle risposte più importanti è stata proprio sapere quelle frasi che ti hanno dato fastidio, perché credo che veramente tutti abbiamo la capacità dentro di noi di cambiare il modo in cui comunichiamo e davvero dovremmo lavorarci. Quindi penso che questo possa aver instillato tantissimi semini, ma è stata una chiacchierata di grandissimo apprendimento, quindi ti ringrazio per la tua mail e per essere stata qui con me oggi. Basta, semplicemente grazie.

Roberta: [00:45:06] Grazie a te, grazie a te, veramente.

Carlotta: [00:45:09] Sapete forse la frase che mi ha colpita di più?, è, mi stavo appropriando di una storia che era solo sua. Quanta consapevolezza! Quello che mi sorprende sempre e che mi emoziona sempre, ogni volta che parlo con genitori adottivi o con adulti che sono stati adottati è la loro consapevolezza, la consapevolezza che hanno che questa vita, che hanno il privilegio di accompagnare nella crescita, non è loro. Il rispetto con cui parlano di questa vita che sanno che non gli appartiene, perché sanno che appartiene solo a loro. E mi commuove perché ancora una volta tanti genitori e io mi includo, lo diamo per scontato. Trattiamo i figli come se fossero nostri, ci appropriamo delle loro sensazioni, delle loro emozioni, dei loro successi, invece di capire che tutto questo è solo loro!, che la loro vita non ci appartiene, appartiene solo a loro e loro a noi non devono nulla, nulla. E questo è un pensiero che ho da tanti anni, ma chissà, magari un giorno lo svilupperò anche qui. Per concludere questo episodio ho deciso di leggere una mail di una donna che mi ha scritto da poco e mi ha aperto il suo cuore. Non so se riuscirò a leggerla senza emozionarmi, ho fatto un sacco di prove e non ce l'ho fatta finora, ma so di volerci provare perché queste sono conversazioni davvero importanti.

Carlotta: [00:46:36]
Lettera: 
"L'infertilità può manifestarsi come un'epifania, come nel caso delle tube chiuse o della totale assenza di spermatozoi, o come un percorso, come nel mio caso, apparentemente senza gravi cause, semplicemente non arriva. Soprattutto nella seconda ipotesi, salvo gravi problematiche di salute o limiti etici o religiosi, la scelta più spontanea, tra virgolette, è spesso la fecondazione assistita. Lo dice la parola, è un'assistenza che ti aiuta ad arrivare dove non riesci ad arrivare, naturalmente, senza peraltro che sia del tutto escluso che tu non ci possa riuscire anche naturalmente, in un'altalena di speranze, delusioni che si ripropone ogni mese al di là delle stimolazioni. Entri in questo percorso di aiuti, tra virgolette, che si fanno via via più invasivi e ti trovi a spostare l'asticella della tua sopportazione in termini fisici, mentali, etici. Ti trovi a selezionare embrioni sani con la diagnosi pre-impianto, a valutare l'ovo-donazione, a cercare su internet maternità surrogata perché il tuo utero è stato definito inospitale, senza ragione apparente, e ti illudi che tutto ciò sia solo un aiuto alla tua naturale capacità di procreare. Quando scegli, o la vita sceglie per te, di fermarti, sei una persona distrutta fisicamente, emotivamente, eticamente. Hai bisogno di anni per riprenderti sotto questi aspetti, anni per ristabilire un equilibrio emotivo, mentale, fisico. Il mio ciclo mestruale si presenta ogni 22 giorni perché il mio corpo non riesce più a produrre progesterone da solo. A quel punto, quando hai ritrovato un equilibrio, la sola idea di mettere te stesso e la tua coppia in un'avventura altrettanto impegnativa emotivamente, oltre che praticamente, come il percorso dell'adozione, ti atterrisce.
Inoltre, per resistere anni nel percorso di PMA hai imparato a dare un valore enorme a quello che hai, al tuo compagno, ai tuoi interessi, a te stessa. Ti rendi conto che hai rischiato di perdere tutto per un desiderio immenso e meritevole, ma sei disposta a rischiare ancora? Purtroppo le poche storie di PMA che vengono rese pubbliche vengono raccontate dopo la nascita del bambino e si alimenta questa narrazione del, se ci credi ce la fai, che a mio parere è molto pericolosa. Sarebbe bello invece che si raccontasse che è possibile non farcela, non raggiungere l'obiettivo e tuttavia crescere come esseri umani anche grazie a questa esperienza. E allo stesso tempo che scegliere di preservarsi non è egoista o poco coraggioso, anche perché da quella scelta potrebbero rimanere le energie per intraprendere il percorso adottivo. Credo davvero che l'adozione debba essere "un piano A", una vocazione, una prima scelta di fronte a una diagnosi di infertilità. Oppure deve essere un altro viaggio, la consapevolezza che, come dice la mia psicologa, anche i figli naturali si adottano ogni giorno, perché tu non puoi conoscere tuo figlio anche se ha il tuo patrimonio genetico, prima che lui scelga di manifestarsi a te. E lo fa nei modi più imprevedibili, tanto che spesso ti trovi a pensare, ma da chi avrà preso, allora questo bambino che tu accogli con l'adozione diventa un compagno di viaggio e poco importa che ti chiami mamma, è una persona di cui ti fai carico senza alcuna aspettativa, consapevole che lui non si sostituirà ai figli che hai perso, perché i figli che non sono arrivati sono i figli che abbiamo perso e tu non ti sostituirei alla madre che lo ha lasciato. Puoi desiderare di compiere un viaggio simile? Io credo di sì, lo credo davvero. Però sono fermamente convinta che per intraprenderlo devi sentire questo desiderio con ogni fibra del tuo essere. Tu e il tuo compagno. Certo, avrai sempre paura. Ti chiederai, ma chi me l'ha fatto fare? Ma potrai guardarti negli occhi e sapere che lo avete voluto e che eravate insieme nella decisione. Forse la mia evoluzione e quella di mio marito e la nostra, come famiglia, ci porteranno là. O forse no. Di certo so che non mi troverò mai più in una situazione che è partita con, ma cosa vuoi che sia? Sono solo una decina di punture e avrai il tuo bambino tra le braccia. E invece, è diventata il mio incubo peggiore". 

Se volete partecipare a questa conversazione importante vi invito a farlo nei commenti all'episodio su www.latela.com/podcast. Buona serata buona giornata o buona notte. A seconda di dove siete nel mondo.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.