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Episodio 75 ·

Leggerezza e problemi non-problemi / con Marco Sacchelli

In questo episodio di Educare con Calma, parlo con Marco Sacchelli di leggerezza, di quando noi genitori seguiamo più il metodo del bambino, di lasciare andare le cose che non possiamo controllare e di quanti problemi non-problemi ci facciamo.

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Carlotta: [00:00:00] Benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di Educare con calma. 
Oggi non sono sola. Ho invitato Marco Sacchelli a fare una chiacchierata con me. Io ho conosciuto Marco penso un anno fa circa su Instagram e mi ha colpita il suo lavoro di promozione della genitorialità consapevole o, come la chiamo io, educazione a lungo termine. Ricordo la prima volta che l'ho trovato su Instagram. Mentre lo ascoltavo parlare mi dicevo nella testa, anche io credo quello, anche io la penso così, anche io avrei detto così e da allora non l'ho più lasciato. Marco è anche papà e psicologo con un focus sull'educazione positiva, se non sbaglio, e lavora con scuole e genitori per diffondere il tipo di educazione in cui lui crede, in cui io credo. E ha da poco pubblicato il suo primo libro che si intitola Educare con leggerezza. Non mi rimane che dargli il benvenuto e lasciarvi all'ascolto. Ciao Marco, grazie per aver accettato il mio invito su Educare con calma.

Marco: [00:01:04] Ciao Carlotta, sono stra-stra felice, dopo tanto tempo che ci rincorriamo in qualche modo, no? Incontrarci, essere qua nel tuo podcast mi fa un immenso piacere.

Carlotta: [00:01:15] Grazie. Hai ragione, è un po che ci rincorriamo perché sono tantissimi mesi che ti dico dai, vieni, facciamo un episodio, dai, registriamo un episodio insieme. Ma che occasione migliore del lancio del tuo libro? Quindi io sono felicissima perché lo sto leggendo anche io e quindi sono veramente felice di poter parlare con te oggi. 
Ma senti, partiamo allora proprio dalla leggerezza, il titolo del tuo libro a me è piaciuto moltissimo appena l'ho letto, questo educare con leggerezza, devi sapere che sono oltre dieci anni che io lavoro sulla mia flessibilità personale. Appunto nel mio corso Educare a lungo termine dico proprio che la flessibilità e la bacchetta magica della genitorialità, ed è un'abilità che va coltivata, secondo me, un giorno sì e l'altro pure, perché per una persona come me che non ce l'ha particolarmente innata è faticoso, cioè, è un lavoro davvero a tempo pieno. E mentre leggevo il tuo libro pensavo che in tantissimi contesti la parola leggerezza spesso mi sembra sinonimo di flessibilità. Che ne dici? Me lo confermi?

Marco: [00:02:27] Sì, esattamente. È un po come dici tu, in psicologia si studia la flessibilità cognitiva, anche la fissazione, no?, che alcune volte abbiamo rispetto ad alcuni argomenti e alcune tematiche soprattutto io la leggo prima ancora di un comportamento, prima ancora di un modo di fare proprio di un modo di essere, di un modo di guardare le cose. 
Allora quando noi abbiamo un modo molto rigido, molto impostato, molto metodico, per alcune cose certamente è funzionale e utile e ci aiuta. Il problema è che quando diventa parte della nostra esistenza, del nostro modo di vivere, finché non tocca gli altri, può anche andar bene. Quando ci troviamo di fronte a un altro essere esplosivo come quello di un bambino, che è tutto fuorché calmo, rigido, ecco che allora lì entriamo in difficoltà, perché è chiaro che se io non sono flessibile e davanti a me ho un essere che come il sapone mi sguscia dalle mani, che cosa devo fare? 
Che cosa faccio? 
Solitamente cadiamo nel controllo, cadiamo nella rigidità, cadiamo nell'essere petulanti, cioè cerchiamo di ingabbiare in tanti modi i figli affinché la nostra rigidità e la nostra fissazione, quindi la nostra poca flessibilità, possa trovare un po' di pace, possa essere in qualche modo in linea con quello che vediamo. E questo diciamo è anche fattibile si può anche provare a fare, no? Il problema che si può provare a fare per un periodo molto ristretto, infatti tu parli di educazione a lungo termine, perché poi a un certo punto il bambino, tra virgolette, o si ribella per natura, per biologia, o perché comunque la nostra fissazione o la nostra rigidità non è così strutturale, ma si accompagna anche a momenti più leggeri. E quindi, o noi siamo dal primo giorno rigidi inflessibili e, come poteva essere un'educazione retrò un po' antiquata, e quindi magari riesce anche a plasmare il bambino, o dato che noi siamo nella maggior parte dei casi dei genitori che stanno provando e quindi si aprono anche a un'educazione empatica, un'educazione più leggera, più flessibile, allora il bambino, dopo, quando sa che hai sia rigidità che flessibilità, spingerà in tutti modi affinché tu tiri fuori quella flessibilità e quindi si ribellerà, reagirà, come dicevo rispetterà un pochino il suo essere sgusciante e il suo essere leggero. E allora, bisogna, come dire, capire, in quei momenti lì, quale grande occasione sono i figli per ritrovare un po' quella nostra leggerezza che comunque io credo faccia parte dell'essere umano.

Carlotta: [00:05:12] È davvero così. E poi sicuramente diciamo che la flessibilità secondo me si adatta di più al tipo di approccio alla vita dei bambini, che è più un approccio del presente. Vivo il presente, vivo in questo momento non penso a domani, non penso a ieri. E quindi secondo me questo approccio probabilmente non solo si adatta di più ai bambini, ma fa anche sentire molto meglio noi genitori, credo, almeno io devo dire che spesso e volentieri cercare di essere flessibile per me va proprio contro natura perché io sono quel tipo di persona un po' rigida probabilmente, adesso magari dentro di te ridi perché viaggio il mondo da tre anni, cambio casa ogni mese, quindi tutti pensano che io sia molto flessibile. Invece quando c'è un cambiamento, magari un qualcosa inaspettato io sono la classica persona da scenario peggiore e quindi per me veramente lavorare sulla flessibilità, che adesso magari inizierò a chiamare leggerezza grazie a te, è proprio fondamentale. Ma senti, mentre ti ascoltavo pensavo che il tuo libro si intitola Educare con leggerezza, il mio corso si intitola Educare a lungo termine. Il mio podcast si intitola Educare con calma e questa cosa mi fa sorridere. Vorrei chiedere a te. Io la mia risposta ce l'ho. 
Secondo te perché questo enorme bisogno al giorno d'oggi di mettere l'accento, il focus sull'educare, sull'educazione, che poi ovviamente, credo, sia per me che per te sia più l'educazione del genitore, come dico sempre, è educare noi stessi prima dei figli. Quindi Marco, perché per te è così importante che passi l'importanza dell'educazione?

Marco: [00:07:13] Io ti risponderei a questa domanda con un'altra domanda a cui poi aggiungo una mia risposta, se vuoi, nel senso, come mai siamo così attenti a cercare di specificare la modalità di quell'educazione lì? Cioè noi non diciamo educare i figli, perché educare i figli si può fare in tanti modi, noi mettiamo l'accento e l'attenzione alla modalità, al modo, perché il modo è quello che noi diamo fa la differenza, fa la differenza e ne vediamo i risultati, ma non nel bambino, nelle atmosfere, nella sensazione, nella nostra appartenenza al nostro essere genitori al sentirci genitori che in qualche modo, come dire, fanno il loro sforzo mettono il loro impegno per un come, non semplicemente per un perché, e cioè devo educare i figli perché sono diventato genitore, quella diciamo forse è un po' la modalità vintage, un po' la modalità retrò. Cioè, io divento genitore per una serie di impulsi biologici culturali, una volta era ti sposi, fai figli, ti prendi un lavoro, ed era quindi anche molto più rigido tutto, la società era più rigida, il mondo era più rigido, il mondo era più impostato, catalogato, molto più classista in tutti gli aspetti, no? Oggi che, per dirla un po' alla Bauman, è un mondo molto più liquido, molto più anche possibilista in tutti i casi, noi capiamo che non era tanto il fatto di rispondere a un impulso biologico la cosa importante di diventare genitori, ma è quello che gli diamo ai nostri figli che fa la differenza. E io credo che quando tu ti rendi conto di questo, tu incominci anche a ripercorrere un po' la tua storia personale e ti rendi conto che forse tante di quelle cose che pensavi anche buone, erano un pochino avvelenate e non c'era, e questo lo puoi leggere con molta rabbia nei confronti dei tuoi genitori, oppure con un po' di empatia, anche per il fatto che semplicemente erano e davano quello che potevano dare con le risorse che avevano. Però cavolo!, dopo è chiaro che diventi un punto di domanda e dici, ma allora io che cosa voglio fare con i miei figli? Allora lì nasce, ok per me è fondamentale magari l'educazione con calma, a lungo termine, e per me, magari utilizzo leggerezza perché per me forse la mia vita, che è stata devo dire leggera, però ho sempre avuto questo tarlo di non diventare vittima del gioco del mondo, del gioco degli schemi, del gioco del lavoro, del gioco della pressione, del gioco del dover far soldi, del gioco del dovere, come dire, diventare un po' una marionetta di questo mondo qui, e di come ci vuole un po' la società e di come ci vogliono i genitori. Io ho avuto la fortuna di avere anche genitori che mi hanno sempre lasciato una porticella aperta, nonostante comunque la loro pesantezza mi sia anche un po' arrivata, le loro dinamiche, le loro difficoltà e ho detto, cavolo!, per me è importante dare questo messaggio. Penso che ognuno poi, come dire, e non per parlare del libro, ma per parlare un po' dell'approccio, non significa che per educare con leggerezza ci si debba fiondare in educare con leggerezza, cioè, io posso carpire un aspetto di questa cosa qui, che magari mi è utile per un mese della mia vita, e quel mese lì, magari, mi aiuta a incastrare un altro modo e poi alla fine creare e vivere il mio unico modo, unico e irripetibile di stare insieme ai miei figli, perché poi alla fine è sempre e solo una relazione. Al di là dei metodi, al di là della calma, della leggerezza, del lungo termine o di quello che vuoi, comunque poi devi far tuo quello che dice Carlotta, quel che dice Marco, quello che dice qualsiasi altra persona che si può occupare di educazione e quindi per me questo era importante. Ho divagato un po', ma insomma il senso è questo.

Carlotta: [00:10:59] Il senso si capisce perfettamente. Poi tra l'altro secondo me si abbraccia e si sposa molto bene con una cosa a cui pensavo proprio ieri, che era, oggi giorno con tutta questa informazione sulla genitorialità, e veramente ce n'è tantissima (mentre come dicevi tu per i nostri genitori era diverso e ovviamente dobbiamo proprio avere questo tipo di empatia verso il modo in cui ci hanno cresciuti perché non avevano questo tipo di informazione), ma c'è anche l'altro lato della medaglia ... tutta questa informazione spesso e volentieri ci fa veramente credere di dover essere qualcosa che non siamo. Ci mette sempre dei paletti, ci mette sempre, Ok, siamo arrivati fino a qua, puoi andare fino là, e a me questo piace tantissimo. Lo ammetto, io sono una persona che ha bisogno di questo tipo di sfida, di vedere la bandierina laggiù e dire ok, posso arrivarci perché io per natura sono fatta così, mi piace evolvere, mi piace lavorare su me stessa. Ma non tutti sono fatti così e spesso e volentieri con tutta l'informazione che c'è, uno dice, ok ok ok, devo fare questo, però devo fare anche quello, però devo dirlo così, però poi devo anche pensare questa frase che dico e se dico questa parola, magari posso creare questo trauma. Calma!, credo che la tua risposta sia esattamente la mia, e il focus non è tanto sull'educazione, perché alla fine anche io sono stata educata con metodi diversi, ma anche io sono stata educata, quindi probabilmente il focus è proprio quello. Il focus è proprio sul metodo di educazione e credo che quando si arriva un pochino a vedere il, in inglese si dice la big picture, quindi il quadro generale di quello che vogliamo, del principio base che vogliamo nel nostro tipo di educazione, allora lì, sì, che poi possiamo vedere tutti gli altri approcci, tutti i metodi sotto una luce diversa, sotto una luce nuova. 
Tutto questo te lo dico perché avevo in mente una domanda per te, ma che mi sono dimenticata nel frattempo, quindi ...io e Marco ci vediamo in questo momento, quindi vedo la sua faccia e ride.  In realtà volevo chiederti, a te, questo tipo di educazione viene normale?, viene spontanea, cioè nel senso, tu Marco quando sei diventato papà eri così naturalmente o hai dovuto lavorare su te stesso e sei hai dovuto lavorare su te stesso qual è la cosa, l'aspetto, che ti ha fatto fare più fatica in assoluto?

Marco: [00:13:38] Ma, io credo che in qualche modo un certo tipo di approccio alla vita, alle cose, alle situazioni, a cercare di leggerle sotto una chiave diciamo più leggera, non farmi un po' ingabbiare in quell'ansia del dovere, eccetera, io l'abbia mantenuto, ce l'abbia un po' connaturato a me stesso, alla mia natura, fa parte della mia natura, e questo perché mi rendo conto che nei tanti passaggi non sempre semplici, perché il fatto di avere un certo tipo di approccio non significa che la vita sia stata sempre in discesa, nonostante riconosca una serie infinita di privilegi o di possibilità, ma le leggo anche così proprio perché probabilmente, come dire, quando tu ti rendi conto un po' del tuo percorso e cerchi di fare un percorso, ti rendi conto anche dove hai potuto mettere i piedi e dove magari sei riuscito a non sprofondare. Però è chiaro che la genitorialità comunque, sebbene io avessi questo diciamo questo approccio qui, ha rappresentato una bomba esplosiva dentro di me, specialmente perché mi sono reso conto che sebbene in linea generale io potessi essere leggero per tante altre, tantissime altre cose, non lo sono. Perché all'interno, dopo la genitorialità vissuta in linea generale con certo tipo di approccio, dopo si va nello specifico, si va nelle situazioni, si va nelle modalità. Allora mi sono reso conto che su tante cose la leggerezza se ne va, se ne va a Timbuctù come nel cartone degli Aristogatti e io rimango impantanato in una serie di fissazioni e di rigidità di controllo. In particolare modo mi devo dire che il fatto di essere diventato genitore, il fatto di parlare anche di queste tematiche qui, mi ha richiamato, come dire, a fare tutte le cose bene. Rispetto a tutto quanto può sembrare rigidità, tipo, parli così, devo dire questo, se dico questo devo accogliere la sua emozione in questo modo, fino a che mi sono ritrovato a dire, però, il motivo per cui lo faccio qual è?, perché sto parlando così, perché mi sto interessando in questo modo, perché?, perché poi io dentro di me lo sentivo che c'era una patina non di finzione, ma di non attinenza a quello che io davvero sono. Allora lì ho dovuto lavorare per smussare, per lasciar andare molto il controllo su certe situazioni, ad esempio tutte quelle cose che riguardavano quello che poteva succedere, questa paura del futuro, tutte quelle cose che magari, oddio, se non intervengo ora chissà quello che succederà dopo. Allora se ora non è indipendente, che non riesce a scendere le scale, no amore le scale devi riuscire a scenderle da sola, che sì, in linea generale certo che va bene, ....ed io prendo spunto anche da tante cose che tu dici sull'indipendenza e su altro, però è anche vero che ci sono vari momenti in cui è molto più funzionale accogliere la difficoltà del bambino piuttosto che fissarti che ora è giunto il momento che lei faccia le scale da sola. E quello che poi vedi quando le cose le leggi con consapevolezza, e non voglio dire che io le legga sempre con consapevolezza, tutt'altro, ma quando cerchi di farlo, ti rendi anche conto che poi le cose si vanno un po' a incastrare da sole. Cioè, secondo me il mio richiamo alla leggerezza è anche quello di dire, non cerchiamo di voler essere noi a costruire i nostri figli. I figli si crescono e si costruiscono da soli. E questo lo fanno sia i figli che hanno avuto un'educazione molto rigida e molto impostata, molto, se vogliamo, anche violenta. E sia i figli che vengono costruiti o si costruiscono attraverso un'educazione appunto più empatica. La differenza lo fa che questa loro costruzione che viene in automatico, viene da loro spontanea, saranno, diciamo, i pieni o i vuoti che si ritroveranno, saranno il modo in cui dovranno circondare le loro ferite o il modo in cui fioriranno le loro ferite. È questo secondo me la differenza, però non sono io che devo costruire Asia o Sveva e dire che tu devi arrivare a questo e io allora ti imposto tutta la tua vita, le tue cose, le tue, ... ecco, perché altrimenti attingiamo, invece più che ad un potere della leggerezza e della flessibilità, ad un potere che dà un senso di gabbia che mettiamo addosso ai nostri figli e che poi nella maggior parte dei casi loro cercano in tutti i modi di togliersi e quindi tu, vai ancora più in crisi perché dici, allora, se non sono riuscito così, che cosa devo fare, che cosa posso fare? E quindi scadiamo nelle manipolazioni, nei ricatti emotivi e in tutte quelle serie di cose che poi alla fine vorremmo anche evitare. 

Carlotta: [00:18:33] Esatto. Mentre ti ascoltavo parlare pensavo proprio ad una conversazione che ho avuto da poco con una mamma, prima hai detto una frase, hai parlato dell'indipendenza che a volte cerchi di prendere spunto da me, o da quello che io cerco di trasmettere ai genitori e hai parlato di indipendenza. E io effettivamente lì ho pensato, certo!, perché Montessori basa tantissimo l'approccio sull'indipendenza, sul lasciami fare da solo. E questo mi ha fatto riflettere su una frase di una mamma, l'altro giorno, ma come lei tantissimi altri genitori, che mi diceva, mia figlia si rifiuta di mettersi le scarpe, se le è messe fino a ieri e adesso si rifiuta di mettersi le scarpe, non vuole proprio mettersi le scarpe, io non so che cosa fare, che cosa devo fare? E io per un attimo ho pensato a tutto quello che potevo dirle sullo sviluppo di sua figlia e poi le ho detto, mettigliele tu, ed è proprio per me questo mettigliele tu, è quella leggerezza di cui parli e quella flessibilità di cui parli, mettile tu la scarpa!, In questo momento magari lei ha altre 1000 come si dice, milestones, aiutami…

Marco: [00:19:51] Ah sì, l'inglese.

Carlotta: [00:19:54] Beh oggi, mi viene in inglese...

Marco: [00:19:56] Pietre miliari.

Carlotta: [00:19:57] Sì, pietre miliari, ecco, altre 1000 pietre miliari in questo momento del suo sviluppo che sta cercando di conquistare e non vuole mettersi la scarpa, mettigliela tu la scarpa e poi magari alla fine le dici vuoi chiudere tu il velcro?, e lei chiude il velcro, et voila e magari il giorno dopo fate la stessa cosa e magari il giorno dopo ancora e poi un giorno si rimetterà la scarpa lei da sola, quando è pronta. Quindi ecco, per me questo a volte è un po' quella confusione che si genera quando parliamo magari di un metodo come Montessori e prendiamo il principio principale di Montessori, che è proprio l'indipendenza, e lo vogliamo applicare con rigidezza e non si dice rigidezza...vero?.

Marco: [00:20:42] Rigidità.

Carlotta: [00:20:46] Va beh, dopo 15 anni fuori dall'Italia a volte me ne esco con i miei exploit, però questo secondo me è quello di cui parlavi.

Marco: [00:20:56] Sì, è quando tu parti dal metodo, invece di partire dalla relazione, che è lì che ti freghi, ma ci freghiamo tutti. Non è che lo facciamo perché siamo sciocchi, ma semplicemente perché noi stiamo cercando un modo di capire qual è la modalità migliore per stare con i nostri figli. Tante volte il modo, tante volte la rigidità, non è semplicemente frutto di una nostra impostazione, ma anche frutto di un atto anche volte d'amore, di cura, cioè, io ho paura che tu magari non possa sviluppare la tua indipendenza, io ho paura che se ora non sono rigido con te tu possa avere dei problemi in futuro rispetto a certe cose, quindi è un interesse. La cosa peggiore da fare sarebbe oddio, non sono leggera, sono rigido, allora mi frusto e mi sento in colpa perché non sono rigido, no? Lo leggo tramite una modalità che non è la più funzionale, ma comunque che attinge alla stessa intenzionalità, cioè la genitorialità è fatta anche di intenzioni. Poi è chiaro che l'intenzione si deve trasformare in pratica e nella pratica bisognerebbe rispondere, per me, al principio di "cosa fa bene a chi" e "se c'è un modo di far bene a tutti", quindi di rispondere ai miei bisogni, ai suoi bisogni e allora quando io magari appunto nell'esempio di prima, perché sono esempi semplici, ma sono quelli che mandano anche più in crisi, sono quelli della quotidianità, perché essere genitori non si fa su un podcast o a parlarne, ma si fa dopo, quando ritorno e devo mettere le scarpe, magari ad Asia. E sì, è proprio quella cosa lì, di riuscire a intervenire comprendendo se c'è la necessità, se c'è la possibilità di lasciarli fare da soli. E allora io risponderò chiaramente al suo bisogno perché guardo a lei e a lui, e allora è chiaro che è vero che i bambini hanno questo senso fortissimo di indipendenza che se gli viene lasciato, come dire, intatto, si manifesta in più e più occasioni, ed è anche da leggere chiaramente, seppur con fatica, come un qualcosa di positivo rispetto a un bambino che tutto vuole e smette di fare qualsiasi cosa a sei anni, e allora lì mi dovrei domandare, se ho preso troppo spazio o se magari gli devo lasciare più spazio a lui, eccetera. Però poi se quel giorno lì, magari semplicemente è stanco, non ne ha voglia, mettere le scarpe per andare a scuola vuol dire che pensa già alla scuola, magari è una fase evolutiva particolare, magari semplicemente è una richiesta di più attenzione, perché avere bambini anche troppo indipendenti per noi genitori va anche bene, però magari alcune volte quando un bambino è troppo dipendente, troppo bravo, tra virgolette non è che ci scordiamo di lui, ma su tante cose magari non ci mettiamo più l'accento e magari quando lui dopo fa la richiesta, rispetto a un bimbo che richiede sempre, dici no, tu non puoi farmi la richiesta, magari ho il fratello che si lamenta in continuazione, tu devi essere quello più bravo e allora dopo lì c'è il rischio di cadere nei ruoli. Invece i bambini devono fare i bambini, gli adulti devono fare gli adulti e qui secondo me c'è quella parte anche di inventarsi un po' la genitorialità, cioè va bene tutto, ti studi tutto, ti leggi tutto, ma poi prova anche a inventarti il tuo modo. E se quella volta glì devi mettere le scarpe, se quella volta lì gliele metti te insieme a tuo marito e vi sembra di fare la cosa più sbagliata del mondo, se al bambino non fa male, non è la cosa più sbagliata.

Carlotta: [00:24:20] Anzi, probabilmente è esattamente quello che dobbiamo fare, perché in realtà quello che dobbiamo fare secondo me come genitori, oltre al metodo, oltre a tutto quello che possiamo leggere, è educare guardando la persona che abbiamo davanti. Quindi io sono una madre in un modo con Oliver e sono una madre in un altro modo con Emily, perché hanno bisogni diversi, sono persone diverse. Questo secondo me è qualcosa che tantissimi genitori, soprattutto i genitori che seguono un metodo, secondo me spesso e volentieri questo se lo dimenticano e lo dico perché credo che sia importante proprio perché io arrivo dal metodo montessoriano che oggi è molto in voga, tutti vogliono Montessori, tutti vogliono fare Montessori, Montessori ormai è diventata quasi una etichetta, secondo me, ancora di più dobbiamo ricordarci che educhiamo chi abbiamo davanti, educhiamo noi stessi secondo chi abbiamo davanti, secondo il bambino che abbiamo davanti. E questo è importantissimo secondo me. 
Senti Marco, io parlerei con te per ore, ma oggi so per motivi vari, siamo un po' stretti di tempi e in più sai che a me piace lasciare i podcast corti, brevi e molto fruibili per i genitori, ci tengo però a farti un'ultima domanda, che mi incuriosisce. Se dovessi estrapolare dal tuo libro un'idea pratica da mettere in atto nel quotidiano, un'idea per il genitore che un genitore può prendere oggi, adesso, in questo momento e applicare, perché è talmente facile che non può non farlo, quale sarebbe?   
Silenzio... Difficile?

Marco: [00:25:58] Sì, è difficile. Nel senso, io ho voluto scrivere questo libro che è un po' double face. Cioè da una parte, come dire, c'è il livello un po' ispirazionale, di visione, di guardare le cose in un modo diverso. E poi c'è una parte che ho chiamato leggerezza educativa, cioè proprio nel contesto pratico perché poi io sì, sono psicologo, ho studiato, studio, mi informo, penso come te, come tutti che fanno queste cose qui. Però alla fine poi, come dire, io mi ritrovo lì con le braghe calate davanti a mia figlia che mi urla per 3 ore e mi picchia e mi dice che sono brutto, sarò anche brutto, però insomma sono tuo padre e le dico, guarda che condividiamo il 50% del patrimonio genetico, però è giusto comunque "andare nella ciccia" come si dice in Toscana. Ed è ad esempio quello di guardare il momento che uno sta vivendo con il proprio figlio, e innanzitutto uno può domandarsi, "qual è quella cosa che sto cercando di controllare che è fuori dal mio controllo?". Su quella cosa lì, non ci devo mettere più attenzione, non ci devo mettere più energia, devo lasciarla andare, devo smettere di parlarne, devo smettere di ripeterlo, devo solo domandarmi qual è quindi questa cosa qui? Su cosa posso controllare, su cosa posso dare a mio figlio e per tutto il resto la smetto di riempirmi la testa di spazzatura, perché quella è semplicemente spazzatura cognitiva, emotiva, che mi appesantisce, che mi porta sempre a fare le stesse discussioni che magari, e questo lo fanno su alcune cose un pochino di più le donne, e magari la sera quando siamo a letto incominciamo a parlare di quello, invece di fare l'amore, invece di darci un bacio, invece di connetterci come coppia, perché quando guardo mio figlio lo guardo solo tramite quella cosa lì, quello che sta sbagliando, quello su cui io comunque non ho controllo e mi faccio un'altra domanda, "qual è quel problema non problema su cui sto prestando troppa attenzione?". Tutti noi abbiamo un'eccessiva attenzione, anche lì è frutto dell'interesse, è frutto di tutte queste cose che ci piace fare, però non trasformiamo la genitorialità in un lavoro, in una cosa che dobbiamo seguire passo passo perché sennò cade il mondo, e quindi se appunto mia figlia tutte le mattine si alza invece di fare le scale da sola stile appunto bambina perfetta, vuole per forza che io la prenda in braccio, io la prendo in braccio e smetto di angosciarmi per questo problema non problema, perché alcune volte non sono problemi se non sono come dire cose che affaticano il bambino, è chiaro che se un bambino non parla a quattro anni c'è un problema perché è fuori da una norma statistica e va affrontata con dei professionisti, ma questo mi richiama al terzo punto "se c'è un problema lo affronto, se il problema non c'è me lo sto facendo io ed è un problema non problema, non lo affronto più", faccio l'unica cosa necessaria per risolverlo, punto. Quindi i bambini, alla fine, è vero che crescono tutti e che si educano tutti e che raggiungono tutti i certi stadi dello sviluppo. L'alternativa superficiale sarebbe come dire, vabbè, se siamo cresciuti tutti in tutti i modi. L'alternativa leggera è cresciamo tutti se pensati, se amati, se sorretti, se coccolati nei nostri bisogni e se anche non con tutta la pesantezza e tutte le fissazioni che hanno i nostri genitori, che se i nostri figli potessero parlare come adulti ci direbbero tranquillamente e lasciami un po' stare. 

Carlotta: [00:29:48] Fantastico! Allora se poteste vedere il video ci sono io e Marco che parla, eccetera eccetera, io che faccio sì con la testa in maniera molto energetica, che gli faccio fam up, va beh, che gli faccio segnali di fumo per dire grande!, fantastico, perché tra l'altro mi sembrava di sentire parlare mio marito in quanto io spesso e volentieri mi stresso e mi preoccupo per cose che appunto problemi non sono, per problemi non problemi, come dicevi tu. E lui mi diceva sempre, "senti, hai controllo su questa cosa?". E io rispondevo di no. E allora perché te ne preoccupi? Lasciala andare, buttala fuori dalla tua testa. E questo per me è stato appunto il mantra degli ultimi dieci anni che mi ha aiutato tantissimo, tantissimo, tantissimo a vivere come dici tu, con più leggerezza e anche proprio a, diciamo, a trasformare un po' la mia negatività in quasi positività e ottimismo. Marco, so che devo lasciarti andare, però ti ringrazio. Sei stato veramente gentilissimo, grazie per il tempo che mi hai dedicato, anche last minute, perché lo abbiamo deciso ieri di registrare questo podcast e abbiamo proprio preso così l'occasione al volo. E quindi grazie Marco.

Marco: [00:31:14] Io ringrazio te Carlotta, è stato davvero un piacere perché comunque era tanto, tanto tempo e niente sono davvero contento di averti conosciuto in persona, seppure distanti da uno schermo. Sono davvero contento.

Carlotta: [00:31:30] È vero, tra l'altro, forse è la prima volta che ci parliamo davvero, ci siamo sempre scambiati solo messaggi. E quindi è vero, ci siamo finalmente conosciuti. Senti ricorda ancora a tutti dove ti possono trovare e se c'è qualcosa che vuoi aggiungere, qualsiasi cosa, vai.

Marco: [00:31:46] Instagram, @marco.sacchelli e da lì poi chi è interessato può trovare tutti i vari link, le varie connessioni su  quello che faccio, sul mio lavoro e anche, eventualmente, sul libro.

Carlotta: [00:31:58] E io appunto vi invito a leggere il libro di Marco, Educare con leggerezza. 
E grazie.

Marco: [00:32:04] Ti ringrazio ancora e ringrazio anche tutti quelli che ci hanno e ci stanno ascoltando.

Carlotta: [00:32:08] Alla prossima! Ciao.

Marco: [00:32:09] Ciao.

Carlotta: [00:32:11] E so già che starete tutti correndo a cercare Marco su Instagram. Ormai avrete capito perché quando l'ho trovato non l'ho più abbandonato e quindi sono veramente, veramente felice di avervi regalato questa conversazione e credo che se ci sono due punti da portarsi a casa, due messaggi, due semini da portarsi a casa, sono, uno il cercare di ricordarci che educhiamo la persona che abbiamo davanti, educhiamo secondo il bambino che abbiamo davanti e non soltanto secondo il metodo d'educazione che abbiamo scelto. 
E due, cerchiamo di non fare dei problemi, le cose che sono dei non problemi. E questo lo dico a me stessa. 
Quindi grazie Marco per il promemoria. E non mi rimane che ricordarvi che mi trovate anche su www.latela.com dove potete anche lasciare un commento a questo episodio e anche su Instagram come @lateladicarlottablog.    
Buona giornata, buona serata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.