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Perché non porto i miei figli allo zoo

Un articolo lungo per spiegare una decisione apparentemente estrema: non visitare gli zoo.

Carlotta Cerri
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Qualche settimana fa ho pubblicato un episodio del podcast sulla sostenibilità, in cui, parlando con mia sorella, ho detto che noi abbiamo scelto di non portare i nostri figli allo zoo e di vedere gli animali solo nel loro habitat, perché crediamo sia l’unico modo etico di vederli.

Da quelle parole sono scaturite tante riflessioni e domande, ma in particolare vorrei riflettere su due:

  1. Ma se non posso permettermi di viaggiare come fate voi, come faccio a esporre mio figlio a quegli animali?
  2. Ma in natura non sempre vedi gli animali, che delusione sarebbe per un bambino?  

Sapete che non è mia abitudine non riflettere sugli estremi che scelgo nella mia vita e so che non portare i miei figli allo zoo possa sembrare un estremo. Ho quindi fatto un po’ di ricerca e in questo articolo spero solo di piantare semini.

Che cosa ho scoperto sugli zoo

Prima di tutto ho scoperto che non tutti gli zoo e gli acquari, che oggi io (ammetto) demonizzo un po’, non sono etici.

Alcuni sono migliori di altri

Non c'è dubbio che le cose siano cambiate da quando gli zoo erano prigioni per animali costruite per fare soldi. In particolar modo, ho scoperto che ci sono alcuni zoo e acquari migliori di altri, ovvero quelli che hanno la sigla EAZA (European Association of Zoos and Aquaria) e Waza (World Association of Zoos and Aquaria): questo è una sorta di marchio di qualità che racchiude i migliori zoo e acquari che tengono in conto requisiti di conservazione, ricerca scientifica, educazione ambientale e benessere animale.

Gli zoo donano per la conservazione delle specie

Ho scoperto un altro dato interessante: una grande percentuale (a volte anche metà) dei fondi a livello mondiale per la conservazione di specie a rischio d’estinzione vengono donate proprio dagli zoo. Questo significa che alcuni zoo hanno davvero uno scopo di conservazione.

Due mie esperienze

Questo, purtroppo, per me non basta: immergendomi nella lettura di siti web di EAZA e WAZA ho visto una menzione al Berlin Tierpark, zoo di Berlino, a cui avevo scelto di andare nel 2015 perché sul sito web dicevano tutte le cose giuste. Ho pianto tutto il tempo: quella tigre che stava in uno spazio più piccolo del mio trilocale. Quel gorilla che non voleva stare sotto gli occhi della gente e non aveva un posto dove nascondersi. I suoi occhi fissi nei miei da dietro il vetro non li scorderò mai. 

Eppure quella non è stata l’ultima volta che mi sono lasciata convincere dal marketing di uno zoo.

È successo di nuovo a Fuengirola, il cui zoo è menzionato in tutta Spagna insieme a quello di Valencia, per la loro missione di conservazione di specie in via d’estinzione e rilascio di alcune in natura. Anche quel giorno ho pianto tanto: mai scorderò quello scimpanzé agitato che cercava di scavare con le unghie la sua prigione di roccia. Per minuti interi. Quel giorno, forte di una maggiore consapevolezza dopo Berlino, ho usato le lacrime per spiegare ai miei figli che cosa stava succedendo, che quella non è casa sua, che gli scimpanzé non vivono in Europa, che lì è dove deve stare per il resto della sua vita perché attira turisti, e quanto sarebbe bello vederlo svolazzare di liana in liana nel suo habitat naturale.

[Anni dopo, durante il nostro viaggio per il mondo, in Vietnam abbiamo visto i gibboni proprio come volevamo: nella loro giungla, piccoli piccoli perché lontani, sulle fronde degli alberi più alti, svolazzando da una liana all'altra. È stata un'emozione indescrivibile!]

A volte il “sacrificio” di un animale in uno zoo aiuta altre specie

 Quel giorno allo zoo di Fuengirola ho anche imparato che probabilmente quello scimpanzé ha un ruolo importante: sacrifica la sua vita per permettere ad altre specie meno conosciute di vivere in libertà. Mi spiego: a volte il ruolo di un animale che attira le masse in uno zoo ha degli scopi e risvolti positivi per le popolazioni libere di altre specie in natura, animali più piccoli e meno “interessanti” per cui magari le persone non andrebbero allo zoo e/o non donerebbero. E invece quel determinato animale “interessante” in quello zoo attira le masse e lo zoo dona poi una grande percentuale di fondi per la conversazione di quelle specie “meno interessanti”. 

[Pensiero a ragnatela: non vi sembra assurdo definire alcune specie più “interessanti” di altre? Non vi sembra assurdo che i bambini vogliano vedere il leone e non l'uccellino o la mantide? Non è semplice, ma con i miei bambini cerchiamo di vedere la bellezza in ogni specie animale dalla mosca, al topo, all’elefante (e anche vegetale!)] 

L'esperienza con l'acquario 

Quella è stata l’ultima volta che mi sono fatta convincere dal marketing di uno zoo. Da allora non siamo mai più stati in uno zoo. Sono invece ancora entrata in un acquario, a Singapore per poi scoprire dentro che c’erano spettacoli di delfini (e fa parte del circuito WAZA!). Quello non è zoo, è circo!

[Il circo con animali è sempre sbagliato: se volete portare i vostri figli al circo, per favore assicuratevi che non abbiano animali, ma solo persone: le persone scelgono di fare lo spettacolo, gli animali no!] 

Quel giorno non avevo fatto bene i compiti prima di entrare ed è stata per me una lezione importante. Ho verificato ancora una volta che spesso anche i marchi che cercano di assicurare la qualità su carta non sempre la assicurano nella realtà.

Quando considero lo zoo?

Da allora, ogni volta che mi ritrovo in una città con uno zoo famoso, prima di tutto controllo che appartenga al circuito EAZA o WAZA (altrimenti lo escludo a priori) e poi mi faccio queste domande:

  • C’è interazione con gli animali? Mi lasciano toccarli o dare loro da mangiare?
  • Gli animali hanno posti per nascondersi?
  • Lo zoo ha progetti di rilascio degli animali in natura?

Se le risposte a quelle domande sono NO, SÌ, Sì allora considero di andare (poi magari la mia consapevolezza e sensibilità in tema non me lo permette, ma se i miei figli vogliono andare con Alex non li fermo). Per amor del vero, abbiamo visitato tante città con zoo famosi, ma né io né i bambini abbiamo mai più messo piede in uno zoo.

Quello che ci ha insegnato la Nuova Zelanda

E vorrei chiudere con ciò che la Nuova Zelanda ci ha insegnato, che è tantissimo in termini di preservazione degli ecosistemi (aggiornamento 2021: abbiamo vissuto un anno in NZ il primo anno di pandemia):

  • Vedere gli animali nel loro habitat naturale non ha prezzo. Non c’è emozione più forte che sentirsi ospiti in casa di un animale e avere il privilegio di vederlo, anche se solo per pochi secondi. Un giorno siamo andati in barca a vedere le balene: in tre ore abbiamo visto una sola megattera ed è stato difficile (noioso) con i bambini di 3 e 4 anni, ma che meravigliosa emozione in quei pochi minuti e che privilegio vedere quella coda! 
  • I bambini non amano solo vedere animali grandi e “interessanti”, amano ciò che amiamo noi! Spesso basta una camminata nella natura, magari con una guida che ti sa coinvolgere per apprezzare la fauna e la flora locale. Oliver ed Emily hanno adorato ogni escursione guidata di Bird Watching in Nuova Zelanda (ne abbiamo fatte tantissime!), anche se gli uccelli erano lontani, anche se li vedevamo per mezzo secondo. Un Kaka un giorno si è fermato su un ramo davanti a noi e siamo rimasti molti minuti ad osservarlo in silenzio. La natura, piccola o grande, regala emozioni immense se siamo capaci di trasmettere questo messaggio ai nostri figli.
  • Anche quando si va per vedere un animale e non lo si vede non è una delusione. La delusione nei bambini spesso la creano le aspettative che noi genitori abbiamo e trasmettiamo: se lo scopo non è “andare a vedere i lupi”, ma “andare a fare una passeggiata per godere della meraviglia della natura” e “tra l’altro, sai che in questa zona vivono anche lupi e volpi?” l’aspettativa cambia. È più sana. Inoltre, abbiamo imparato che andare con una guida fa la differenza: una guida preparata ti sa emozionare anche solo mostrandoti l’impronta di quell’animale, il suo cibo preferito, una piuma, una cacca. Ricordo quando abbiamo trovato una piuma di un falco al Papamoa Regional Park e i bambini l’hanno conservata per mesi: il falco non l’avevamo visto, ma era passato di lì, proprio dove eravamo noi! Che emozione! 
  • Proprio una guida in Nuova Zelanda ci ha detto una frase che è rimasta con noi: “It’s not the deer that is crossing the road, rather it’s the road that is crossing the forest”. Non è il cervo che attraversa la strada, è la strada che attraversa il bosco. Che oltre ad essere una bellissima metafora sull’importanza di guardare la vita da prospettive diverse, è secondo me il messaggio giusto da trasmettere ai nostri bambini. Siamo ospiti di questo pianeta. Siamo ospiti della natura. Quando siamo immersi nella natura, siamo noi a casa sua.

Siediti e osserva

E, zoo o non zoo, se posso lasciarti un solo semino con questo articolo: se non sai come iniziare a trasmettere questo approccio ai tuoi figli, cerca la natura che hai intorno e poi siediti e osserva.

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