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Episodio 116 ·

Un mio momento di vulnerabilità a cuore aperto

In questo episodio di Educare con Calma ti racconto meglio un mio momento di vulnerabilità di cui avevo scritto anche su IG, perché credo che una delle pratiche più importanti dell'evoluzione personale (e del mio lavoro con i genitori) sia proprio condividere le nostre vulnerabilità.

Accogli questo racconto con gentilezza e rispetto e se hai dubbi o domande ti aspetto sui commenti.

Carlotta: [00:00:00] Benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di Educare con calma. Oggi ho deciso di raccontarti anche qui sul podcast un mio momento di vulnerabilità a cuore aperto. Probabilmente l'hai già letto su Instagram e probabilmente questa sarà un po' una ripetizione se l'hai già letto là. Ma ci terrei ad arrivare anche a chi non mi segue su Instagram, o a chi non vuole fare parte dei social media, cosa che rispetto profondamente, e quindi spero che avrai la voglia di ascoltarlo anche qui, oppure di passare all'episodio successivo. In realtà quel giorno, quando è successo, stavo per fare delle storie su Instagram, però alla fine mi è sembrata una condivisione troppo importante per farla durare solo 24 ore. E avevo ragione, avevo ragione perché ho visto poi la quantità di messaggi e la quantità di risposte che sono arrivate in seguito a questa mia ammissione di questo momento di vulnerabilità, di emozioni e di pensieri. Credo che nel mondo di oggi, nella società delle dita puntate in cui viviamo, sia quanto più importante condividere le proprie vulnerabilità e quindi oggi affido questa mia vulnerabilità al tuo cuore, perché credo davvero che solo così possiamo salire, ognuno con i propri tempi ovviamente, sul tetto del nostro personale edificio e renderci conto li dall'alto, che tutte le case sono in fiamme. E se non sai che cosa intendo con questa espressione, ti invito ad ascoltare l'episodio 73 del mio podcast, che è una ragnatela in cinque e che si intitola Non siamo soli. Ed ecco l'aneddoto. Una mattina abbiamo avuto 1 ora davvero difficile con Oliver e in quell'ora entrambi, io e Alex, ci siamo sentiti davvero molto, molto, arrabbiati, provocati, feriti dal suo comportamento e dalle sue risposte.

Carlotta: [00:02:20] Prima di uscire di casa per portare i bambini a Parkour, perché quel giorno li stavo portando io, Alex però mi ha fatto segno di abbracciare Oliver e lui lo aveva già fatto. Io ho fatto un respiro profondo, ho alzato gli occhi al cielo, probabilmente, e sono uscita in taxi. Oliver era visibilmente dispiaciuto, però io nel mio cuore stavo davvero facendo fatica a offrirgli empatia e ho scritto ad Alex questo messaggio. Gliel'ho scritto in inglese, ma te lo traduco in italiano. Gli ho scritto, Sai, non penso di poterlo abbracciare con onestà e supportarlo in questo momento. Sarebbe falso. Sono davvero tanto, tanto arrabbiata con lui. Mi piacerebbe riuscire a superare questa rabbia più in fretta, ma c'è qualcosa di lui che davvero non mi piace affatto. Condivido con te questo momento di grandissima vulnerabilità mia di genitore in cui ho detto e scritto parole che io personalmente reputo e sento così forti perché, appunto, tutte le case sono in fiamme. Se continuiamo a nasconderci nell'armatura che la società ci richiede, non possiamo sconfiggere questa cultura del dito puntato e il falso mito del genitore perfetto. Nessun genitore, nemmeno quelli che sui social media sembrano avere tutto sotto controllo, ha tutto sotto controllo. Tutte le case sono in fiamme, ma davvero tutte. E l'unico modo per accorgercene, come dicevo nell'altro episodio, è riuscire piano, piano a salire sul tetto dell'edificio, del nostro personale edificio e io questo lo paragono un po' alle scale della nostra evoluzione, perché solo da lì, solo dall'alto, possiamo vedere tutte le case e vedere che alla fine sono tutte in fiamme, che le nostre vulnerabilità sono le vulnerabilità anche di tutti gli altri, in situazioni diverse e momenti diversi.

Carlotta: [00:04:32] Quello che mi ha risposto Alex, in quel momento, è qualcosa che in realtà lui mi ripete spesso, ed è per quello che io mi affido a lui, condividendo con lui le mie vulnerabilità, perché so che siamo una squadra in in questo viaggio nell'educazione e abbiamo un accordo tra di noi, di cercare le parole giuste per dare il feedback, di non dare feedback in maniera scontata, ma cercare sempre di scegliere le nostre parole, perché il linguaggio è molto potente e spesso influenza la reazione dell'altra persona. E allo stesso modo in cui scegliamo di dare un feedback in maniera costruttiva in un momento di calma, scegliamo anche di accogliere quel feedback in maniera costruttiva e con calma, che è difficilissimo. Richiede molto tempo e molta pratica e non sempre ce la facciamo, ma ci lavoriamo veramente tanto, tanto, tanto e ogni giorno. E allora ti racconto poi quelli che sono stati i messaggi successivi. Quando io gli ho scritto quello, lui mi ha risposto, "Però Oliver ne ha bisogno" e io gli ho detto, anche se è falso? E lui mi ha detto, non deve per forza essere falso, può essere così, Ehi, sono ancora molto arrabbiata con te e devo capire perché, ma spero davvero che tu possa passare una bella giornata a Parkour.  E io ho riletto quelle parole molte volte e poi gli ho risposto e gli ho detto, Ok, hai ragione, inspira, espira.

Carlotta: [00:06:13] Ed è esattamente quello che ho fatto. Ho inspirato ed espirato per tutto il resto del tragitto nel taxi e nei pochi minuti che avevo prima di salutarli, ho davvero continuato a concentrarmi sulla mia respirazione e a calmarla e a pensare alle parole più oneste che potessi offrire ad Oliver in quel momento. E quindi, quando siamo arrivati gli ho chiesto se voleva sedersi un momento con me prima di entrare e chiaramente ho notato subito che lo voleva anche lui e gli ho detto, "Oliver, mi sento ancora molto arrabbiata con te. Il modo in cui mi hai trattata stamattina mi ha ferita. Sto facendo fatica a lasciare andare e devo capire perché. Però vorrei che passassi una bella giornata e una bella mattinata. Posso darti un abbraccio?". E lui mi ha abbracciata forte. Io ho ricambiato l'intensità e ho respirato a fondo mentre lo abbracciavo. Poi ci siamo sorrisi, anche se di un sorriso un po' amaro, ed entrambi ci siamo sentiti immediatamente e visibilmente meglio. In questo modo l'ho amato come lui ha bisogno di essere amato, senza però sacrificare quelle che sono le mie emozioni. Perché nella genitorialità continuiamo spesso e volentieri a concentrarci su quelle che sono le esigenze e i bisogni dei nostri figli, però in realtà anche le nostre esigenze, i nostri bisogni di adulti e dei bambini dentro di noi sono molto importanti. Le nostre emozioni sono importanti e io, nella mia relazione con i miei figli, con la mia famiglia, con le persone che amo, con tutte le persone, in realtà, ho scelto di vivere le mie emozioni con onestà e in quel caso vivere le mie emozioni con onestà significava dire l'unica verità che io sentivo davvero, davvero, davvero vera e onesta in quel momento, che non era ti amo, ma era spero che tu ti diverta, perché questo sì che era onesto al 100%, mentre il ti amo in quel momento ... per tutto il bagaglio dell'educazione che ho ricevuto ...un'educazione che mi privava dell'amore quando mi comportavo male, l'amore non era quello che sentivo in quel momento e questo è qualcosa su cui devo ancora lavorare su me stessa, sulle cicatrici che questo tipo di educazione tradizionale ha lasciato in me e sui traumi che la mia bambina interiore sta ancora cercando di sanare, sui circuiti cerebrali che sto ancora cercando di ricalibrare nel mio cervello. E poi, come da mia abitudine, dopo quell'abbraccio, dopo averli salutati, ho processato le emozioni, le ho analizzate, perché per me è in questa analisi che sta tutta l'evoluzione personale che dobbiamo fare, secondo me, come adulti, per riuscire a crescere noi stessi prima dei nostri figli. E poi ne parlerò con lui quando entrambi i nostri cervelli sono calmi e quindi ricettivi, perché ho scelto di Educare con calma e quindi ogni giorno, anche con l'aiuto di Alex o lui, con il mio aiuto, a volte, cerchiamo di ritornare all'educazione della calma, all'educazione del rispetto, all'educazione a lungo termine e quindi ho analizzato ancora una volta la mia difficoltà, come vi dicevo adesso, di sentire amore in un momento di rabbia, perché l'essere cresciuta con l'educazione dell'obbedienza che ti priva temporaneamente dell'amore per un comportamento sbagliato, ha cicatrici davvero profonde.

Carlotta: [00:10:12] E anche di questo ho parlato tante, tante, tante, tante volte con i miei figli, con Oliver e con Emily. E continuerò a farlo perché secondo me è importantissimo non nascondere le proprie emozioni, le proprie vulnerabilità, le proprie difficoltà con i bambini, a costo di ammettere che non sappiamo che cosa stiamo facendo come genitori, che anche noi stiamo imparando a essere genitori, proprio come loro stanno imparando a essere adulti, a essere persone. Stiamo tutti ogni giorno imparando ad essere persone, ad essere esseri umani. E poi alla fine, quando sono uscita di là e li ho lasciati e li ho salutati, ho anche scritto un messaggio ad Alex e gli ho detto, Ho fatto come mi hai detto e mi ha fatta sentire bene. Se non avessi imparato a condividere con mio marito le mie vulnerabilità, che è stato un apprendimento in sé, perché non è stato facile, e se insieme non avessimo fatto un percorso verso l'educazione a lungo termine, quel giorno, forse, avrei lasciato Oliver lì, senza nemmeno salutarlo. E lo dico pesando le parole e pensando che nonostante tutto il lavoro che ho fatto in questi sette anni, quel giorno avrei ancora lasciato Oliver lì senza nemmeno salutarlo. L'educazione che ho ricevuto si sarebbe ancora insinuata dentro di me, ancora dopo sette anni. È un lavoro continuo. E quel giorno, se avessi lasciato Oliver lì senza nemmeno salutarlo, saremmo stati peggio entrambi.

Carlotta: [00:12:00] Questo per dire che anche con tutti gli strumenti che ho a mia disposizione, io sto ancora imparando a fare il genitore, perché non si smette mai di imparare a fare il genitore e non si smette mai di evolvere come individui e avere un supporto che condivide i miei valori spesso fa davvero tutta, tutta, la differenza. Ed è per questo che io spesso e volentieri invito i genitori a fare il mio corso Educare a lungo termine insieme, perché quando si rema nella stessa direzione, tutto sembra più facile. E basta. In realtà ci sarebbero davvero tante, tante, tante, tante, tante, tante, tante altre osservazioni su altre decine di aspetti importanti di questo aneddoto, come per esempio il sapere che Oliver è in piena fase di transizione dal primo al secondo piano dello sviluppo. Che è un qualcosa che a me aiuta tantissimo a capirlo, in questa fase. Chi ha il mio corso Educare a lungo termine sa che cosa significa primo piano dello sviluppo e secondo piano dello sviluppo e quanto sia difficile questa transizione. Però, per ora, volevo proprio solo lasciarvi questo semino e condividere questa vulnerabilità e spero che possa aiutarvi in qualche modo. Magari non nella stessa situazione, ma in altre situazioni con i vostri figli e spero che possa davvero germogliare questo semino nella vostra mente. Non mi rimane che ricordarvi che mi trovate ovviamente anche su www.latela.com e anche su Instagram come @lateladicarlottablog. Buona serata, buona giornata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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