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Episodio 95 ·

Mio figlio ha picchiato per la prima volta

In questo episodio di Educare con calma rispondo a una domanda di una mamma che nella chat privata del mio corso Educare a lungo termine mi ha raccontato un episodio che l'ha scioccata e al quale sul momento non sente di aver reagito al meglio delle sue capacità. Per approfondire i comportamenti scomodi dei bambini e le ragioni per cui avvengono vi invito a fare riferimento al mio corso Educare a lungo termine.

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  • Educare a lungo termine – un corso online su un'educazione più consapevole (che educa noi prima dei nostri figli). Tanti genitori mi dicono gli ha cambiato la vita.
  • Co-schooling: educare a casa – un corso online su come giocare con i figli in maniera produttiva e affiancare il percorso scolastico per mantenere vivo il loro naturale amore per il sapere.
  • Come si fa un bebè – una guida per il genitore + libro stampabile per i bambini per avviare l'educazione sessuale in casa.
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Trascrizione automatica:

 Benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di Educare con Calma. Oggi ho deciso di fare una cosa un po' diversa. Ho deciso di leggervi il messaggio che mi è arrivato di una mamma nel corso Educare a lungo termine. Sapete che nel mio corso c'è anche una chat privata con me che il genitore può utilizzare per chiedermi delle cose. Quindi questa mamma mi ha scritto e io le ho risposte. E mi piacerebbe condividere con voi un po' la mia risposta, non ve la leggerò, ma cercherò insomma di approfondire un pochino con voi quello che è il mio pensiero. La mamma mi ha scritto 

"Ieri al parco una bambina piccola di circa un anno e mezzo si avvicinava al passeggino del fratellino di mio figlio per guardarlo e mio figlio, tre anni e mezzo, non voleva. Infatti lui cercava di nasconderlo e urlava "il fratellino è mio". Allora mio figlio ha iniziato a ostacolarla nel gioco e in ultimo mio figlio le ha tirato uno schiaffo". A quel punto, io, scioccata dell'accaduto in quanto non era mai successo una cosa simile, gli ho chiesto di chiedere scusa, ma ovviamente arrabbiata, lo ho preso mentre lui piangeva e orlava e siamo andati via spiegandogli che se fa queste cose brutte, queste sono le conseguenze. Credo di aver gestito male la situazione, ma proprio non capisco". 

Prima di tutto, ovviamente, ho empatizzato con la mamma, perché capisco bene che la situazione non è semplice emotivamente, ed è anche per questo che questo tipo di domande con le mie risposte, ovviamente in maniera anonima, le metto in un modulo del corso che si chiama proprio "domande e risposte", perché credo che siano domande quasi universali e anche la risposta, spesso volentieri, può valere per tantissimi genitori. Quindi bisogna sempre considerare che ci sono molti fattori che entrano in gioco, quindi non possiamo prendere le mie parole, o comunque il modo in cui io analizzo questa situazione come oro colato, però credo che ci sia validità, che ci sia una sorta di universalità. 

Ovviamente le ho anche detto di essere gentile con se stessa e di perdonarsi per non aver saputo gestire bene la situazione, ma le ho anche detto che è bello che ci stia pensando così tanto e che si senta così "male", perché questo lavoro che sta facendo probabilmente l'aiuterà a gestire meglio la situazione quando ricapiterà. Ora, mi piacerebbe analizzare con voi un pochino la situazione. Se io genitore prima di tutto vedo che mio figlio si infastidisce per un comportamento di un altro bambino, questo per me è un segnale d'allarme che mi dice che devo stare più vicino a mio figlio per evitare che la frustrazione aumenti e degeneri spesso nell'uso delle mani. In questo caso vedo che mio figlio è protettivo del fratellino nel passeggino, fratellino probabilmente appena nato e tra l'altro lo dice chiaramente alla bambina con una frase forte come “il fratellino è mio”. 

E che questo sia giusto o sbagliato non importa in questo momento, non è questo il momento di dire a mio figlio che va tutto bene "condividere" il fratellino, va tutto bene che la bimba lo guardi. Non è questo il momento di continuare ad invitare la bambina a guardare il fratellino. In questo caso quindi io eviterei classiche frasi del tipo "ma no dai, sta solo guardando, non fa nulla" oppure "dai non c'è bisogno di essere così protettivo, non importa, oppure "sì, gentile con la bambina", perché tutte queste frasi non rispettano l'emozione del bambino di quel momento e soprattutto non l'aiutano a gestire l'emozione in maniera costruttiva. 

Piuttosto invece, in questo caso, direi alla bambina una frase del tipo "mi dispiace ma ora mio figlio non vuole che guardi il bebé, puoi tornare dopo?" in modo che 1) rimuovo la fonte del problema e 2 mio figlio si senta visto e ascoltato da me che senta che le sue emozioni con me sono al sicuro e poi direi a mio figlio che il fratellino è al sicuro e lo coinvolgerei nel capire come pensa che possiamo facilitare questa sicurezza se lui pensa che il fratellino non sia al sicuro per esempio se il fratellino non dorme potrei suggerire di prenderlo in braccio e a questo punto potrei anche chiedere a mio figlio se vuole che andiamo a farlo vedere insieme alla bambina, dalle mie braccia, spiegando che magari lei non ha un bebé a casa e quindi è curiosa. 

Tutto questo devo farlo valutando la situazione, nel senso che comunque se io vedo che comunque mio figlio è ancora molto agitato, ancora molto nervoso, non mi sta ascoltando, non è il momento di parlare, è il momento di allontanare la bambina e prendermi cura delle emozioni di mio figlio. Quindi ovviamente anche in quel momento, nel momento in cui invece vedo che è più ricettivo posso dirgli queste frasi, posso proporgli appunto di andare a farlo vedere alla bambina, di spiegargli quello che dicevo prima, che lei magari non ha un bebé a casa, quindi è curiosa, però ecco senza forzare, senza obbligare, senza fargli pensare che è un bambino cattivo o poco generoso se non lo fa, eccetera eccetera. 

Poi, probabilmente se vedo che mio figlio prende un po' di mira la bambina cercherei di allontanarlo dal parco per poter parlare tranquillamente anche solo con una scusa tipo "vieni ho bisogno del tuo aiuto per cambiare il fratellino dobbiamo cercare una panchina mi aiuti?" ecco così possiamo parlare tranquillamente possiamo parlare indisturbati senza i trigger del parco giochi eccetera eccetera e se non vuole venire con me ovviamente tengo le antenne ben alzate perché so che la frustrazione nei bambini specialmente se gli adulti non non li accolgono e non li fanno sentire visti e ascoltati, porta eventualmente ad alzare le mani. Perché spesso non hanno ancora un altro metodo di comunicazione. 

Questo succede anche se non l'hanno mai fatto prima, come diceva la mamma nel suo messaggio. Se non hanno mai alzato le mani prima, non è detto che non lo facciano improvvisamente un giorno come quello in cui la mamma si è ritrovata scioccata. Perché loro lo vedono. Vedono questo comportamento, magari lo vedono tra bambini a scuola, oppure se a casa è scappata una sculacciata da parte del genitore, anche questo è un comportamento che vedono e arriva il giorno in cui lo copiano, perché tutto quello che i bambini vedono lo assimilano, lo assorbono dentro di sé a un giorno esce. 

Quindi questo secondo me è molto importante. ultimo, la conversazione sull'eccessiva protezione arriverà ovviamente e dovrà per forza anche prendere in considerazione un'analisi del "perché mio figlio pensi che il fratellino vada protetto? Magari io a casa quando il bebé dorme dico mio figlio di non avvicinarsi perché altrimenti lo sveglia?" e allora lui magari interpreta e copia quel comportamento perché i bambini ci osservano e ci copiano in ogni momento a modo suo, lo interpreta modo suo con le parole che ha a disposizione, quindi dicendo magari "il fratellino è mio" alla bambina che vuole semplicemente guardarlo e si avvicina al fratellino al parco giochi. Ecco, quindi da lì poi cercherei prima di cambiare il mio comportamento, perché educare con il nostro esempio è il metodo più semplice. E poi parlerei anche spesso con mio figlio del fatto che le persone amano i bebé, che quando li vedono si vogliono avvicinare, che sono un po' come i cuccioli di animale. Anche lui quando vede un cucciolo di animale probabilmente vuole accarezzarlo, avvicinarsi. Ecco con i bebè è la stessa cosa per gli adulti e anche per gli altri bambini, soprattutto bambini piccoli che non hanno un bebè in casa. Quindi tutto questo sarà e avverrà dietro le quinte. 

Questo lavoro lo inizierei, questa conversazione la inizierei con mio figlio, soprattutto se è noto degli atteggiamenti di protezione, di di di iper protezione come questi del bambino, ma nel momento in cui succede questa cosa che è successa, ovvero che mio figlio ha alzato le mani, in quel momento l'unica cosa che posso fare è mantenere la calma, prima di tutto perché la nostra calma è la loro calma, rivolgermi alla bambina, ovvero io voglio modellare con il mio comportamento quello che vorrei che facesse mio figlio. Se mio figlio vede una persona che piange, che si è fatta male, che cosa fa, che cosa voglio che faccia? io vorrei che mio figlio andasse lì e le chiedesse se sta bene e si informasse, si preoccupasse, le chiedesse scusa, quindi quello è quello che faccio io subito. Ignoro mio figlio in quel momento, anche se l'artefice dell'azione lo ignoro in quel momento, vado dalla vittima, vado dalla vittima, parlo con lei e le chiedo se sta bene, probabilmente anche il genitore in quel momento si sarà unito e quindi quello è il momento in cui io mi dedico alla bambina che sta piangendo probabilmente e ignoro mio figlio. 

Posso anche parlare con il genitore e dire le frasi insomma che vorrei che dicesse mio figlio potrei dire senza giustificarlo perché non c'è nessun motivo di giustificare le azioni dei bambini in questo caso, sono bambini è normale, hanno emozioni grandi che non sanno controllare quindi è normale che si comportino così. dobbiamo cominciare a normalizzare queste situazioni, ecco. Però ovviamente io da genitore, da adulto che so empatizzare e processare le emozioni e razionalizzarle vado lì e chiedo scusa e dico insomma quello che io vorrei che dicesse mio figlio perché così offro un esempio costruttivo a mio figlio di come vorrei che si comportasse lui. Questo è educare a lungo termine. 

Non Non punisco in quel momento mio figlio perché non servirebbe assolutamente a nulla. Sembra un discorrotto, ma la punizione non insegna nulla. L'unica cosa che gli insegnerebbe è un non comportamento, ovvero, mi dicono che io non devo comportarmi così. Ma perché non devo comportarmi così? Crediamo che i bambini non capiscano le ragioni delle nostre parole, ma non è vero. Se ci prendiamo il tempo di spiegargliele, loro ci capiscono. Molto meglio, tra l'altro, di quanto pensiamo. e riescono a interiorizzare molto di più le informazioni inoltre un bambino piccolo che viene sgridato per quel comportamento e che sente la mamma o il papà dire frasi come non si picchia quello che capisce probabilmente è uno che fa stare male la mamma o il papà perché la mamma e il papà si arrabbiano e di solito associamo la rabbia a un sentimento negativo e quindi in quel momento la rabbia della mamma sovrasta la sofferenza del bambino vittima quindi il bambino pensa non si picchia perché se picchio la mamma si arrabbia mamma sta male, che non è la ragione giusta per non picchiare. 

O due, con la nostra rabbia e le nostre urla e il gesto di portarlo via bruscamente dal parco giochi in preda all'ira, lo spaventiamo, quindi gli insegniamo a rispettare gli altri perché ha paura di noi, non perché capisce davvero l'importanza del rispetto. In quel caso il bambino pensa "se picchio la mamma e il papà mi fanno paura", non è che pensa "se picchio faccio male". Anche se glielo diciamo, anche se diciamo frasi come "guarda che hai fatto male alla bambina, l'hai fatta piangere, non si fa così, non si picchia", perché come dicevo prima la sua paura e la nostra rabbia sovrastano il sentimento di empatia e non è questo quello che vogliamo, vogliamo insegnare che la ragione per cui non usiamo le mani è perché facciamo male, è perché l'altra persona piange, è perché feriamo i sentimenti e il corpo di qualcuno ed è per questo che non vogliamo usare la punizione, perché la punizione non insegna un comportamento alternativo. 

Ciò che insegna un comportamento alternativo è mostrare con il nostro esempio quello che vorrei che facesse mio figlio quando vede un'ingiustizia, quando fa male a qualcuno. Quindi non vado lì in balia della rabbia, in una bolla di lava ardente e sfogo così la mia incapacità di gestire l'emozione sul mio figlio, ma faccio due respiri profondi. mi ricordo che la rabbia e la punizione non insegnano e che per insegnare devo modellare con il mio esempio e quindi mi avvicino calma se mio figlio sta ancora picchiando lo rimuovo gentilmente ma senza dargli troppa attenzione perché anche l'attenzione negativa e attenzione a volte un comportamento scomodo e una ricerca di attenzione per questo prima dicevo che lo "ignoro" tra virgolette inizialmente preferisco ignorare mio figlio e concentrarmi sulla vittima dicendo le cose che vorrei che dicesse mio figlio, perché in quel momento con il mio esempio io sto insegnando di più che con qualsiasi parola o ramanzina. 

Questo scegliere la propria azione invece di lasciarsi dominare e guidare dalla reazione che ci provoca la rabbia non è facile. Tutt'altro, non sto dicendo che sia facile, non sto dicendo che io ci sono sempre riuscita con facilità, anzi, ma posso assicurare che è un processo e che è un lavoro che possiamo fare su di noi e più ci si lavora più diventa facile, più diventa il modo in cui educhiamo naturalmente. Gran parte dell'educazione a lungo termine si incentra proprio sull'imparare ad agire e non reagire di fronte alle situazioni, perché è solo così, solo con il nostro esempio possiamo insegnarlo a nostro figlio. E poi questa abitudine si riflette in tutte le nostre azioni, relazioni e decisioni importanti della vita, non solo nell'educazione. 

E per ultimo il prenderlo e portarlo via, in questo caso punizione conseguenza, ne abbiamo già parlato in un altro episodio del podcast, io una conseguenza la considero una conseguenza naturale, quindi lascio, faccio sempre lo stesso esempio lo so, ma lascio i pennarelli aperti per terra, i pennarelli al mattino probabilmente non scriveranno più. Questa è una conseguenza naturale, non imposta da me. Prendere il bambino, portarlo via dal parco giochi, arrabbiati inoltre, quindi già non gli stiamo insegnando nulla con la nostra rabbia, in più lo prendiamo e lo portiamo via, Quella non è una conseguenza naturale, quella è una conseguenza inflitta dall'adulto e io la chiamerei punizione. 

Quindi ecco, non penso che quella sia la conseguenza. La conseguenza di quel comportamento è che la bambina sta piangendo e che abbiamo fatto male a un'altra persona e che quando usiamo le mani qualcuno si fa male. E quindi questa è la conseguenza che vogliamo far vedere a nostro figlio. Questa è la conseguenza su cui dobbiamo, tra virgolette, giocare, ovvero fare appello alla sua empatia. e questa empatia lo aiuterà a decidere quali azioni sono giuste, quali azioni sono sbagliate e a decidere quali fare e quali non fare in futuro. Questa è la punizione che vogliamo dargli, ovvero fare il lavoro per sé. I bambini sono capaci di fare il lavoro. Se noi glielo permettiamo, quando io dico fare il lavoro intendo proprio lavorare su noi stessi, lavorare sulla gestione delle nostre emozioni, sul giusto e sbagliato, sul scegliere le nostre invece che le nostre reazioni. Proprio come facciamo il lavoro noi genitori, anche i bambini sono capaci a fare il lavoro ma noi dobbiamo permetterglielo. Se noi facciamo il lavoro per loro e lo facciamo sbagliato, ovvero decidiamo noi quando è giusto, quando è sbagliato, ci mettiamo a giudici e siamo praticamente i giudici della loro vita, non lasciamo che loro abbiano nessun tipo di controllo sulla loro vita, sulle loro azioni, non lasciamo che capiscano da sé è giusto o sbagliato, praticamente togliamo tutto l'insegnamento dall'educazione e secondo me questo ovviamente è controproducente, cioè non solo secondo me, secondo voi, anche secondo voi se adesso mi state ascoltando probabilmente state pensando lo stesso, spero almeno. 

Quindi riassumendo proprio, facciamo un riassunto generale di quello che ho appena detto, perché lo so che io parlo veloce, sono molte informazioni, spesso o volentieri magari dico una frase con la quale proprio non andate d'accordo, quindi vi fermate a pensare a quella frase, perdete il resto, almeno questo è quello che succede a me durante i podcast, non so a voi. Però ecco, per fare proprio un riassunto generale, io credo che la cosa migliore sia cercare di leggere i comportamenti. Se un fratellino è appena arrivato, io so che mio figlio, insomma, posso già capire che mio figlio abbia un sacco di cambiamenti interiori e stia facendo un sacco di cambiamenti interiori, quindi ecco, comunque tengo le antenne allerta. Quindi cerco di leggere i comportamenti, se vedo che si sta frustrando magari provo ad allontanarlo, provo a coinvolgerlo magari nel momento per aiutarmi a fare qualcosa con il fratellino, cerco di evitare frasi come in questo caso per esempio "ma no dai che la bambina sta solo guardando, non c'è nulla di male" quindi in questo caso cerco di farlo sentire visto e ascoltato, cerco di fargli sentire che le sue emozioni contano per me e che io capisco quello che sta passando. In questo modo mio figlio si sente protetto da me, si sente appoggiato da me, sente che io sono dalla sua parte e sente che io ho il suo interesse a cuore e che può fidarsi di me ovviamente perché la fiducia io devo guadagnarmela. 

Poi ovviamente guardando e osservando il comportamento cerco anche di capire se questo comportamento viene da casa come dicevamo prima, magari non vuole che la bambina si avvicini al fratellino perché il fratellino dorme perché è lo stesso comportamento che noi abbiamo a casa, quando il fratellino dorme gli diciamo a lui, a nostro figlio più grande, di non avvicinarsi. Quindi ecco, magari è lo stesso comportamento che lui esprime con parole diverse e con azioni diverse, però ecco, cerco anche di capire quello e magari cambio il mio atteggiamento a casa, quindi faccio il lavoro dietro le quinte di cui parlavamo prima e se poi ovviamente è già successa la manata, a quel punto cerco di modellare con il mio comportamento il modo in cui io vorrei che si comportasse mio figlio di fronte a un'ingiustizia. Quando vediamo che una persona viene colpita da un'altra persona, quella è un'ingiustizia. Quindi come voglio che regisca mio figlio? Voglio che vada dalla vittima e voglio che aiuti la vittima. Quindi è quello quello che facciamo noi. In quel momento ignoriamo nostro figlio, andiamo dalla vittima, ci scusiamo e modelliamo con il nostro esempio il comportamento che vorremmo insegnare al nostro figlio. 

La punizione la evitiamo, non lo portiamo via dal parco giochi, ma magari lo allontaniamo un momento dal parco giochi, cerchiamo di parlare con lui e cerchiamo appunto, dopo esserci scusati, cerchiamo di fargli vedere che la sua azione, la sua manata ha portato alla conseguenza che questa bambina stava piangendo, che con la sua mano ha fatto piangere questa bambina perché le ha fatto male, che quando usiamo le mani facciamo male alle persone, ma tutto questo solo se mio figlio è calmo, se mio figlio è agitato, magari sta piangendo, magari è scioccato da quello che ha fatto perché neanche lui l'ha capito. Quello non è il momento di cercare di parlare con lui, quello è il momento di aiutarlo a calmarsi facendo dei respiri profondi, perché nel momento in cui lui è in agitazione il suo cervello non è collegato. 

È un po' come, lo dico sempre, un po' come una lampada di queste da terra che devi collegare alla presa e se non la colleghi non si accende. Lo stesso vale per il cervello, cioè in quel momento, in un momento di crisi, il cervello è come una lampada che stai cercando di accendere senza collegarla prima alla presa. Non funziona, la lampada non si accende, il cervello non può processare l'informazione e razionalizzare. Ok? Questo era un po' quello che volevo dirvi, non so se sono stata molto coerente, insomma, alcune volte sapete che vado un po' con la corrente e seguo queste mie ragnatele di pensieri, quindi vado un po' di qua, vado un po' di là, ma spero che il messaggio principale sia arrivato. 

Se avete il mio corso "Educare a lungo termine", sapete che ci sono varie unità in cui parliamo di questi atteggiamenti scomodi, questi comportamenti scomodi dei bambini e del perché avvengono questi comportamenti scomodi, perché c'è sempre una ragione dietro a un comportamento di un bambino, quindi vi invito a fare riferimento al corso e ad andare là. E voilà, questo è quello che volevo raccontarvi oggi. Sapete che sul mio corso "Educare a lungo termine" trovate modi per praticare questa mentalità, questi comportamenti dell'educazione rispettosa, positiva, dell'educazione a lungo termine, come la chiamo io, quindi se non lo conoscete vi invito a dare un'occhiata sul mio sito www.latela.com e mi trovate anche su instagram come @lateladicalottablog. Buona serata, buona giornata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao!

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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