Come ogni anno, di recente ho partecipato alla conferenza Happily Family sul duro lavoro di essere genitori. Quest’anno, la conversazione che mi è piaciuta di più è stata quella con la dottoressa Christine Carter sull’insegnare la felicità ai bambini.

Ad essere sincera, il mio primo pensiero quando ho letto il titolo è stato: “Insegnare la felicità? Se posso insegnare la felicità ai miei figli, forse posso anche impararla per me stessa”. E avevo ragione, perché tanto di quello che Christine ha detto funziona sia per i bambini che per gli adulti.

Questo non è un post per sé, è più una lista di idee e concetti usciti nella conversazione che mi hanno fatto pensare. Spero che ti piaccia.

  • La felicità è una caratteristica di una persona? C'è una componente genetica che rende più facile per alcune persone essere ottimista o positivo, ma la felicità è più un insieme di abilità che si possono imparare. (Questo è sempre un buon promemoria per me che sono tendenzialmente una persona da bicchiere mezzo vuoto).
  • Quando perseguiamo la felicità per gli altri—che non significa solo rendere felici altre persone, ma ridurre la sofferenza e facilitare la vita degli altri—tendiamo a trovare la felicità anche per noi stessi. Questo succede quando uniamo felicità e significato.
  • Insegnare la felicità attraverso il significato ai bambini può essere facile come fare una semplice domanda a tavola: "Cosa hai fatto oggi per migliorare la vita di qualcun altro?".
  • La sensazione di essere socialmente connessi è la chiave non solo per trovare significato, ma anche felicità. I nostri connettori sociali—la profondità delle nostre connessioni sociali—sono i migliori indicatori di felicità che abbiamo.
  • Come si insegna ad un bambino introverso a socializzare? Spesso diciamo ai nostri figli di andare a giocare con altri bambini, estranei, al parco, ma non gli insegniamo mai come iniziare a fare amicizia davvero. Per alcuni bambini (e anche alcuni adulti, come me) è facile fare amicizia. Per bambini introversi (o adulti introversi, come mio marito) è utile dare loro degli strumenti da usare, un processo: 1. stabilire un contatto visivo; 2. iniziare una conversazione, una piccola chiacchierata (nel caso di Oliver immagino che sia qualcosa del tipo: "Ho la stessa palla" o "Mi piace la tua bici" o "Guarda la mia pigna"); 3. fare domande (come ti chiami? Dove vivi? Ti piace la pizza?); 4. rivelare qualcosa su se stessi (per gli adulti, ovviamente, è utile andare dal superficiale al profondo, non vuoi iniziare una conversazione con i tuoi segreti più imbarazzanti ;-).
  • Parla ai bambini di cos'è la positività. Non si tratta di essere felici, ma di vedere qualcosa di positivo nel disagio, nella sfida, di fronte a un ostacolo.La vita è disagio: dobbiamo insegnare ai nostri figli che il disagio va bene. E soprattutto non dovremmo privarli del disagio: meglio non rimediare ai loro errori, non cercare di renderli comodi ogni volta che si sentono a disagio, non provare a "migliorare" qualcosa che è imbarazzante o deludente, lasciarli provare imbarazzo e delusione. Questo è l'unico modo in cui impareranno ad affrontare il disagio quotidiano, ad avere compassione per se stessi, a imparare dai loro errori per non farli più domani.
  • Il miglior strumento per i genitori è convalidare ciò che i nostri bambini sentono, le loro emozioni, far sapere loro che li capiamo. A anche insegnare loro la differenza tra sentimenti e comportamenti. Tutti i sentimenti (tristezza, rabbia, imbarazzo, delusione, felicità) sono accettabili. Tutti i comportamenti no.

E ti lascio con due frasi tratte da altre interviste che sono rimaste impresse nella mia mente e che penso che abbiano un po’ di verità per chiunque, ma specialmente per me:

Ti prendi troppo sul serio. Un po’ meno di te ti renderà molto più felice.

Quando ci confrontiamo con gli altri, paragoniamo la facciata di altre persone al backstage di noi stessi. Ricorda, l’imperfezione è parte dell’esperienza umana.

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