Stiamo percorrendo l’Italia: guarda tutte le date! →
Episodio 172 ·

Lutto perinatale | esperienza di Lorena Festina

In questo episodio di Educare con calma parliamo di lutto perinatale, una conversazione scomoda che, come tutte le conversazioni scomode, offre spunti di riflessioni importanti che vanno bel oltre il tema trattato.

Lorena Festina ha partorito sua figlia Emilia senza vita e ha deciso di parlarne per diffondere consapevolezza e magari aiutare, così, altri genitori che si ritroveranno ad attraversarlo. La ringrazio per aver accettato di registrare alcuni audio per Educare con calma.

Lorena menziona l'associazione Ciao Lapo, che offre sostegno psicologico e assistenza alle famiglie che attraversano un lutto perinatale.

benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di educare con calma l'argomento di cui vorrei parlarvi oggi è davvero intenso, difficile tra virgolette. Però, così come credo che si possa e si debba parlare ai bambini di cose difficili, sono convinta che questo sia necessario anche quando queste conversazioni riguardano gli adulti. Tenerci all'oscuro di ciò che è scomodo o ciò che ci può spaventare in realtà finisce per spaventarci ancora di più, soprattutto quando magari quella situazione poi diventa la nostra realtà. E, come dico anche riguardo alle conversazioni complicate più scomode che possiamo avere con i nostri figli, di solito ci spaventa di più ciò che non conosciamo e quindi di temi scomodi. Io penso che possiamo davvero imparare a parlare che possiamo e dobbiamo imparare a parlare, sia per togliere uno stigma, per educarci, per prevenire o prepararci parlare di cose difficili. Credo che sia sia un esercizio quasi quotidiano, un allenamento che dovremmo proprio inserire nella nostra routine della giornata della settimana. E proprio per questo, nel mio percorso per educare a lungo termine ho inserito una categoria che si chiama cose difficili proprio perché credo che dobbiamo abituarci a parlarne e non sempre è semplice iniziare a farlo. E proprio per questo in quella categoria ci sono molti più copioni che in tutte le altre categorie. Come avrete già intuito dal titolo oggi parliamo di lutto perinatale, cioè della morte di un bambino o una bambina appena nati o in procinto di nascere. Voglio parlarne perché la verità è che se più o meno tutti e tutte sappiamo che questo è un evento possibile, spesso si preferisce non affrontare l'argomento. Lo trattiamo come un tabù, qualcosa da non dire nemmeno da sfiorare col pensiero, come se pensarlo parlarne possa farlo succedere anche a noi, ma avviare una conversazione onesta sul tema e normalizzarlo questo dolore secondo me è necessario perché è così che si aiuta chi lo vive, chi forse lo vivrà, ma anche a chi questa situazione la osserva solo da vicino e non ha gli strumenti per dare un supporto valido. E ovviamente potremmo aiutare anche noi stessi se per caso quella situazione dovremmo viverla sulla nostra pelle. Togliere lo stigma da questa conversazione significa innanzitutto normalizzare l'evenienza, per quanto non frequente, e far sì che nessun genitore si ritrovi ad affrontare questo evento senza avere gli strumenti giusti. Poi certamente, è ovvio che tutti gli strumenti del mondo passeranno in secondo piano se dovessimo ritrovarci a vivere questo dolore e poi dare risonanza al tema può portare anche a far avvertire la necessità di investire sulla preparazione emotiva del personale sanitario. Per esempio, perché certo le famiglie che si trovano ad affrontare una perdita così dolorosa avranno bisogno di un percorso con professionisti che si occupano proprio del benessere mentale. Ma avere già dai primi istanti un personale che accoglie e accompagna quel dolore io credo che possa fare davvero la differenza. E poi parlarne aiuta anche i familiari di questi genitori di queste famiglie a fornire loro il giusto supporto, o almeno a non forzare un processo di elaborazione e reazione a quella sofferenza che è ciò che spesso succede. Um, detto tutto questo, non sarò io a parlarvene oggi, perché nemmeno io ho gli strumenti. Siamo qua tutti e tutte insieme per imparare, per provare a mettere nella nostra cassettina degli attrezzi come la chiamo nel mio libro cosa sarò da grande proprio quegli strumenti per poi affrontare le situazioni quando si presentano in futuro. E quindi per affrontare la conversazione su questo tema vi voglio fare ascoltare la storia di lorena festina, che ha accettato di raccontarci la sua esperienza con il lutto perinatale. La storia che ascolterete è ovviamente molto intensa e se per voi rappresenta un trigger, in questo momento, se sapete che potrebbe provocargli, se state attraversando un periodo difficile, um forse potete decidere in questo momento di non accoglierla per ora e di accogliere invece l'emozione che sentite passate a un altro episodio, ma ci tengo a dire che, anche se dolorosa, questa esperienza offre tantissimi spunti di riflessione che a mio parere vanno ben oltre gli eventi raccontati. Vi dico già da subito che non apporterà ulteriori riflessioni alle parole di lorena, proprio perché penso che a volte sia più importante rimanere in ascolto. Vi lascio alle parole di lorena attraverso gli audio che gentilmente ha registrato per noi. Ciao Carlotta, ti mando questi messaggi e ci ho messo un pochino, perché il periodo che ho attraversato questo è sempre un po', un po' strano, diciamo che coincide con l'anniversario della perdita di mia figlia, che è stato il ventisei di ottobre e mi porta sempre molta malinconia. Faccio sempre un po', il doppio della fatica a fare tutto quello che di solito faccio e incomincio con raccontarti la nostra storia che ormai inizia veramente tanti anni fa, quando iniziamo a cercare un bambino e ci scontriamo un po' con con con la la la nostra realtà che è quella insomma di dell'infertilità e ovviamente iniziamo con le prime stimolazioni, controlli, esami e capiamo subito, insomma che non non sarebbe stato semplice e quindi dopo varie piccole prove, piccoli tentativi ci ci mandano in un centro per l'infertilità. Da lì inizia un po', un buco nero, nel senso che è un mondo completamente a parte e dopo vari tentativi anni, perché purtroppo le cose sono sempre molto lunghe, molto anche onerose. Non non non sono mai rimasta incinta in questi tre tentativi che ho fatto. Ovviamente più passano gli anni e le speranze iniziano a vacillare e dopo questi tre tentativi di p m a andati male rimango incinta. Naturalmente durante il primo lockdown la felicità è a livelli estremi e palpabile proprio e quindi iniziamo questa avventura che ci sembra proprio una sorta di premio alla nostra fatica e questa avventura procede benissimo perché è tutto perfetto, va tutto benissimo, io ho sempre un pochino di di paura, perché comunque chi entra nel mondo della p m a. Inizia a conoscere tante cose conosce veramente ogni sfaccettatura del del proprio corpo e di di di come funziona realmente una gravidanza fino alla morfologica ho sempre avuto quella sorta di un po' di paura in cui siamo sempre stati un po' in punta di piedi dopo la morfologica iniziamo veramente a tranquillizzarci perché veramente era tutto perfetto, tutto talmente tanto perfetto che ormai eravamo in dirittura d'arrivo mancavano due mesi e c'era tutto pronto um avevamo tutto iniziavamo insomma a comprare le nostre cosine, facevamo i nostri progetti come sarai e che sport le faremo fare. Dove la porteremo all'asilo? E poi una mattina di ottobre e dico a mirko che mio marito che non sento muovere emilia dal giorno prima però più di tanto io non non ero tanto preoccupata, nel senso che ero quasi all'ottavo mese e mai vai a pensare che ci sia qualcosa che non va e ma in realtà lui si spaventa subito e mi dice chiama il ginecologo, lo chiamo e mi dice vieni qua, io da quel momento ho iniziato ad avere una sorta di panico e sentivo proprio che c'era qualcosa che non andava da quel momento lì mi sono gelata. Ho ascoltato tanto tanto il mio corpo per anche perché ho provato a fare tutte quelle cose che di solito facevo per svegliarla e sentirla, cioè cioccolato darle qualche colpetto. Ma non sentivo nulla e quindi ci rechiamo in ospedale e io sentivo proprio che c'era qualcosa che non andava e entro dentro questa stanza. Era periodo di covid, quindi sono entrata da sola. Mio marito era rimasto in una saletta d'attesa lì poco poco vicino e quindi mi fanno il tracciato e c'erano queste altre mamme. Insomma, non ero sola, um, sento proprio che fatica a trovare il battito e sento il mio battito. Um, capiamo subito che c'è qualcosa che non va, ma nessuno mi dice niente. Mi porta in un'altra stanzetta dove mi mi volevano fare l'ecografia in quel momento io vedo il mio compagno lungo il corridoio e i ricordi di quei giorni sono veramente dei piccoli frammenti e non sono chiari, ma mi ricordo proprio che piangevo e che gli facevo capire che c'era qualcosa che non andava in quel momento. Poi lo fecero entrare e questa ostetrica, credo, continuava a divagare. Diceva che non sapeva usare lo strumento. Io continuavo a dirle Dimmi dimmi cosa c'è che non va? Dimmi la verità. Perché non mi vuoi dire quello che sta succedendo? Cos'è successo. Lei non riusciva a comunicarvelo e e disse che dovevo andare a chiamare il ginecologo, che poi era il mio ginecologo di allora. E quindi in quel momento entrarono lui altre persone. Ricordo che c'era un po', un via vai di di persone. Entrò anche mia madre che nel frattempo ci raggiunse perché lei dalla mia voce corse in ospedale senza sapere niente e mi raggiunse. E in quel momento ci dissero che non c'era più battito. Io ricordo questo momento come un un completamente un gelo. Non non non feci niente, non non riuscii a volevo solo scomparire. Quello che volevo era annullarlo in quel momento e e credo che questo sia stato il mio il momento peggiore um sicuramente di di tutto quello che c'è stato dopo um ed è stato veramente un una doccia fredda perché noi non non credevamo fosse possibile una cosa del genere a un'epoca gestazionale così avanti e in quel momento poi mi comunicare mi comunicarono che avrei partorito, che avrei dovuto partorire io lo ricordo in realtà, come una cosa meravigliosa perché nonostante tutto è il è la cosa più naturale possibile. È il momento più bello e più brutto um di di tutto quello che abbiamo vissuto. Ma sicuramente è il è il mio ricordo migliore, nel senso che ho incontrato mia figlia e ed è stato comunque uno spettacolo. E lì comunque, in ogni caso, um nasce quell'amore profondo. Lo lo vedi, è palpabile, è reale perché tu vedi tua figlia nonostante non viva e quindi è veramente difficile. Difficile, difficile il parto difficile attraversare quel tunnel in cui tu sai che andrai a incontrare tua figlia e per l'ultima volta e in quel momento io non so come ho fatto. Sinceramente non lo so, non lo so. Cosa non so quale forza abbiamo noi donne per fare una cosa del genere. Non so dove si possa trovare. Io non credevo di averla sinceramente, ma è arrivata. È arrivata come in modo completamente naturale e è stato difficilissimo. Ma ripeto, anche bellissimo. Siamo rimasti con lei un po' Mhm l'abbiamo guardata tantissimo. Siamo l'ho tenuta un po'. Io l'ho tenuta un po' mio marito e purtroppo non abbiamo una sua foto. Questo è qualcosa che io mi porto dentro. È il mio unico rimorso, credo di tutta la mia vita. E perché io in quel momento chiesi di avere una foto, ma non mi è non mi era stata data nessuna risposta e mi sono sentita molto, molto stupida perché allora non sapevo nulla. Io veramente cadevo dalla dal. Pero non sapevo. Io credevo di essere l'unica al mondo a cui fosse successa una cosa del genere. Non non sapevo veramente nulla di quello che mi stava accadendo per me ero l'unica e ed era molto strano per me voler fare una foto di mia figlia morta. Non non mi sembrava qualcosa di normale, diciamo. E più che altro ho sentito che nessuno ha fatto sì che fosse normale volere la foto del proprio figlio. E ora lo so. Allora non lo sapevo. E purtroppo non si può tornare indietro. E questo è qualcosa che a me manca. E quindi io vidi la mia bambina Mhm, per l'ultima volta la misero in una in una vaschetta ricoperta con un lenzuolo verde e in quel momento non la non la vedi mai più. Um, decisi poi di farla cremare, perché subito dopo, praticamente poco dopo che ci dissero che non c'era più battito. Ci chiesero dove volevamo seppellirla, cosa volevamo fare, se volevamo fare il funerale, tutte queste domande che in quel momento lì non hai Cioè, è è assurdo. È tutto. Non non ti sembra possibile? Non ti sembra reale? Perché noi al mattino di quel sabato mattina stavamo andando all'ikea a comprare la cameretta. Poche ore dopo, um decidevamo cosa farne del suo corpo e il giorno dopo sceglievamo la sua urna. Cioè è qualcosa di troppo difficile da da immaginare. Non è qualcosa di di naturale, È completamente fuori dal pensiero di di una madre di due genitori. Non non esiste un non non esiste una cosa del genere dentro a a all'idea di genitorialità non esiste. Ti cambia la vita in pochi secondi e la nostra vita cambiò. Da quel momento tornammo a casa e devo devo dire che per molti mesi, non solo per per pochi giorni come la gente pensa, credo anche tutto il primo anno o l'unica, cosa che ho desiderato, probabilmente era quella di scappar via da quel dolore che non mi non non riusciva nemmeno a farmi pensare, ragionare. Mhm, era qualcosa di inimmaginabile. Pensavo fosse impossibile poter vivere dopo una cosa del genere devo dire che è stata dura molto di più perché si rimane soli In questo lutto si rimane veramente poco poco creduti. Tu hai tenuto tra le braccia tuo figlio senza vita e le persone credono che quel figlio non sia mai esistito in realtà, perché loro non l'hanno visto E invece tu tu l'hai toccato tu l'hai visto? Tu l'hai sentito con te per otto mesi e per tutto quel tempo hai pensato a tutti gli anni a venire di tutta una vita con con quel figlio lì in futuro che ti è stato completamente cancellato. Ma ho eliminato la maggior parte di tutto ciò che mi mi dava. Mi dava sofferenza persone, lavoro um amici, non amici. Tutto quello che mi faceva star male, tutto quello che non mi dava rispetto è è stato completamente eliminato e ho deciso di prendere in mano la mia vita e fare tutto ciò che volevo fare solo quello che volevo fare. E dopo due mesi ho aperto la partita Iva. Mi sono licenziata al mio lavoro da dipendente che facevo da una vita e ho deciso di creare la mia piccola impresa in cui realizzo tantissime cose per bambini. Quindi è stato veramente tanto faticoso. Non so veramente con con che capacità io possa aver gestito, um un lavoro del genere perché ho dei ricordi veramente di eventi allestimenti che facevo per bambini. E mentre tornavo a casa piangevo e ma nonostante tutto amavo talmente tanto e amo talmente tanto quello che faccio che non ho mollato. Sono andata avanti e e mi sono creata um il mio mondo, il mio mondo fatto a mia misura che potesse darmi un po' di quella felicità che io non avevo più. E così sono passati questi anni veramente tanto, tanto tanto difficili e ma non ci siamo arresi. Abbiamo raffrontato una p M a. Che ci ha portato alla nostra seconda bambina. Tutti credono che un altro figlio, um cancelli tutto quello che è stato. Ma Brunilde è un'altra persona Emilia mi manca, mi manca tutti i giorni, la penso ogni giorno. Non esiste un giorno in cui io non dedichi un pensiero a lei questo amore sicuramente io lo coltiverò per per mia figlia, per Brunilde, perché voglio che lei sappia che ha una sorella, perché vorrei che facesse comunque parte della nostra vita. Vita come lo fa per noi, per me Mirko, i nonni e voglio che faccia parte anche della vita di di Brunilde. Io ne ho fatto una battaglia personale, nel senso che della mia storia ne ho par-. Ne ho parlato sui social da subito, praticamente perché ho avuto poco riscontro nella mia realtà. Ho avuto la sensazione che quello che mhm si volesse è che io dimenticassi che reagissi, che s voltassi pagina e io invece non era quello che volevo. Io volevo stare nel mio dolore, volevo piangere mia figlia, volevo parlare di mia figlia, volevo che tutti sapessero che era esistita, come io sentivo che esisteva e i social mi hanno aiutato. In primis hanno aiutato me a far sì che non mi sentissi l'unica al mondo, perché ho scoperto che eravamo in tantissime. Ho potevo confrontarmi con altre persone che mi capivano, che non mi facevano sentire pazza perché non lo ero. Stavo semplicemente soffrendo. Stavo semplicemente elaborando il mio lutto e e mi hanno aiutato a vivere questo percorso. E poi ho aiutato io gli altri. È come se Vo- volessi proteggere le altre donne, le altre mamme da un un qualcosa di alienante, indescrivibile, impronunciabile e e credo che l'unico modo per aiutare le altre donne sia parlarne, um per far valere i nostri diritti, per avere la giusta assistenza, per avere le giuste diagnosi e terapie per riuscire a far formare il personale sanitario nel modo giusto. Um ovviamente io non sono un medico, non sono porto solo la mia storia, ci sono associazioni che lo fanno già e io sono sempre a fianco e super sostenitrice, attivista di ciao Lapo che è l'associazione principale che si occupa di lutto perinatale e in Italia cerco sempre di di aiutarli di di combattere insieme a loro. Io credo che, um, veramente tante piccole goccioline possono far rimanere e sono certa che l'unico modo per far sì che ci si senta meno soli, che si comprenda la portata enorme di una perdita del genere si debba normalizzare, si debba parlarne, renderlo um qualcosa che può accadere. Purtroppo come può accadere di perdere un figlio nel nel primo trimestre? Può accadere in tutta in tutto l'arco della gravidanza e e non si chiama spaventare, ma si chiama prevenzione. Come si fa prevenzione per tantissime altre cose. Si può fare anche e in questo caso e credo che l'unico modo sia parlarne. Ed ecco perché io ne ho parlato sui social. Il rapporto mio e di mio marito sicuramente è cambiato, nel senso che all'inizio è stato veramente molto difficile. Ho pensato che non ho pensato proprio che non ce l'avremmo mai fatta, perché purtroppo capire che ognuno ha i suoi tempi è difficile. Si vuole sempre tirare l'altro verso verso quello che magari verso i passi che si stanno facendo in avanti vorresti tirare l'altra persona. E invece io volevo tirare sempre indietro. Io ero sempre a terra e e invece mio marito non che stesse bene. Assolutamente no. Ma lui lui era diverso, lui reggeva in modo diverso, lui per stare meglio faceva cose diverse da quelle che volevo fare io e quando abbiamo capito che potevamo affrontarlo diversamente, ma insieme siamo riusciti a a trovare una quadra, diciamo è stato difficilissimo, perché io non nego che ho pensato tante volte a non vivere più. E questo questo era qualcosa che mio marito non non poteva accettare. Ed era qualcosa per cui litigavamo veramente tanto, perché io non ne parlavo con lui dei miei pensieri. Ecco la cosa che sicuramente ci ha salvato. Sicuramente è questa il fatto che parlavamo che ci dicevamo tutto, ogni mio pensiero, più um autodistruttivo, era comunque mhm detto e credo che alla fine fondamentalmente sia proprio stato questo quello che ci ha salvato, quello che non ci ha distrutto perché è un lutto del genere, non lo superi assolutamente, ma lo trasformi, ci vai oltre e ma rimane dentro e l'unico modo per affrontarlo è sicuramente quello di condividere. Come vi ho detto, all'inizio non aggiungo altro. Non sapevo se l'avrei raccontato o no, ma forse me la sento sentire un episodio di questo tipo tanti anni fa avrebbe aiutato me a stare vicino a una mia amica a cui è successo questo e ho ancora la foto di sua figlia sul letto d'ospedale circondata da fiori. Ed ecco perché mi ha colpita molto quando Lorena ha raccontato che non avere una foto di sua figlia è uno è un dolore. Ancora oggi per oggi è tutto. Vi do appuntamento alla settimana prossima con un nuovo episodio del podcast e vi ricordo come sempre che mi trovate anche su tela punto com e da lì trovate anche Instagram. Buona serata, buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao

Accedi alla conversazione

Parla di questo post con il team La Tela e tutta la community e unisciti alle conversazioni su genitorialità, vita di coppia, educazione e tanto altro.

La Tela Podcast

«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.