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Episodio 146 ·

«Ansia da separazione»: un approfondimento

In questo episodio di Educare con Calma approfondisco due sfumature della difficoltà dei bambini a separarsi dai genitori o dai propri adulti di riferimento. Come sempre, usate queste informazioni per prepararvi: ricordate che la conoscenza è potere e la preparazione è un «vaccino emotivo», ci permette di visualizzare eventuali emozioni (nostre o altrui) che arriveranno e quindi accoglierle con più consapevolezza.

Nella sezione «newsletter» troverete la newsletter di cui parlo nell'episodio.

benvenuti e benvenute ad un nuovo episodio di educare con calma. Oggi vorrei parlarvi di quei momenti in cui i bambini fanno davvero davvero fatica a staccarsi da noi genitori. Comunemente la chiamiamo ansia da separazione. Sapete che io però non amo definizioni statiche, perché spesso tendiamo a categorizzare i concetti in positivo o negativo e appena dico ansia da separazione, ovviamente chi ascolta pensa a qualcosa di negativo, in realtà, proprio come con le emozioni che consiglio sempre di non separarle in positive e negative. Anche questo concetto, um, appena lo associamo a un pensiero negativo lo trattiamo come un problema e un problema non è è una fase che può presentarsi o meno e che spesso se la affrontiamo con un'attitudine negativa, finiamo per trasformarla noi in un problema, come la maggior parte delle questioni sulla genitorialità o forse della vita in generale. Anche perché spesso noi associamo la difficoltà dei bambini a separarsi da noi al ritorno a scuola, per esempio, ma in realtà si può presentare in tantissime altre situazioni quando un genitore deve tornare al lavoro quando parte per un viaggio, quando si lascia un bambino ai nonni o alla babysitter, insomma tutte le volte che un genitore si allontana, quindi oggi cercherò di modificare leggermente il mio linguaggio. Invece di parlare di ansia da separazione, parlerò di difficoltà a separarsi. Stessa cosa sì, ma il linguaggio modella le mentalità e spesso cambiarlo ci aiuta a cambiare anche la nostra attitudine. Ho già parlato di questa difficoltà a separarsi nella newsletter se non lo sapete, tra l'altro vi ricordo che il podcast esce tutti i venerdì tranne l'ultimo del mese, perché l'ultimo venerdì del mese esce appunto la newsletter, che è molto, molto, molto ricca perché mi piace offrirvi un altro supporto gratuito, completo e utile oltre al podcast oltre al blog e quindi se volete iscrivervi potete farlo su w w w punto la tela punto com barra iscriviti oggi però desidero approfondire due sfumature particolari di questa difficoltà a separarsi, di cui non ho davvero parlato nella newsletter, perché nella newsletter ho preferito concentrarmi um appunto, su che cos'è l'ansia da separazione come gestirla. Queste due sfumature sono uno quanto sia naturale che esista, che ci sia anche in casi o fasce d'età in cui crediamo che dovrebbe ormai essere superata aspettative, aspettative, aspettative e due quando invece è effettivamente un campanello d'allarme e segnala situazioni che vanno probabilmente osservate con mente critica. Quindi inizio prima di tutto, ricordandovi um come ho detto anche nella newsletter, che provare forti emozioni di disagio e disregolazione quando i bambini devono separarsi da noi adulti dai dai loro adulti di riferimento è assolutamente naturale. Ha proprio una spiegazione scientifica. Vi leggo una piccola parte della newsletter. Noi siamo l'unica, specie animale che alla nascita dipende per così tanto tempo da altre persone. I nostri fianchi sono troppo stretti e quindi i neonati umani devono nascere prima che il loro cervello sia completamente sviluppato. In uno studio uscito anni fa lessi che un feto umano dovrebbe affrontare un periodo di gestazione di diciotto ventun mesi per nascere a uno stadio di sviluppo neurologico e cognitivo paragonabile a quello, per esempio, di un neonato di scimpanzé. Il cervello dei piccoli di animali invece, è quasi completamente sviluppato alla nascita possono camminare, vedere, sentire e quindi anche concentrarsi sull'imparare ciò che gli adulti hanno da insegnare. Noi no. Noi umani siamo completamente dipendenti dalle persone che ci accudiscono. Tutto questo per dirvi che la difficoltà della separazione non è altro che evoluzione e attaccamento. I nostri bambini dipendono da noi per la loro sopravvivenza. Siamo la loro fonte di sicurezza. Quando sono con noi sentono di poter sopravvivere. Si sentono sicuri quando li lasciamo a scuola con la babysitter, quella sicurezza la perdono. Ovviamente noi adulti sappiamo che loro sono al sicuro anche a scuola o con la babysitter, ma loro no. Se piangono è possibile che il loro cervello non sappia ancora processare questa informazione, questa esperienza o che non sia ancora pronto. E vi ricordo che l'età aiuta, certo, ma non è l'unico fattore e quindi la prima cosa che noi adulti possiamo fare è non sminuire l'emozione dei bambini che piangono al separarsi da noi. Accogliere l'emozione è il modo più efficace per gestire anche questa piccola grande difficoltà che poi non è detto che tutti la manifestino. Ma secondo me è realistico aspettarsi che molti bambini e bambine faranno fatica a separarsi e non vale solo per i bambini piccoli, ma anche per quelli. Un po' più grandi quando ne parlavo con il mio team che stavamo pianificando questo episodio, Rosalba che si è da poco unita al nostro team Ciao Rosalba, che so che mi stai ascoltando. E oggi tra l'altro segna proprio il tuo primo giorno ufficiale con noi qui alla tela. Dicevo, mi ha raccontato una sua esperienza che le ho chiesto di ripetere qui per voi e vi lascio con le sue parole Ciao Carlotta, ciao a tutti e tutte l'anziana separazione per me è un argomento clou perché l'ho vissuto per parecchio tempo con uno dei miei figli. Io sono mamma di due bimbi, una di sei anni e uno di otto anni. Anzi, a dire il vero quasi nove ormai a giorni. I miei figli quindi sono in quella fascia di età in cui comunemente iniziamo a definirli come bambini grandicelli, cioè bambini che non sono più così piccoli da non poter essere considerati almeno in parte autonomi. Sono bambini da cui a volte ci si aspetta che si comportino da grandi. Mhm, ad esempio, che stiano seduti a tavola senza fare storie o che non richiedano la nostra attenzione ottocento volte al giorno e che magari ci salutino tranquilli davanti al portone della scuola, senza i pianti a cui possibilmente eravamo abituati quando andavano al nido, oppure all'asilo. Però in realtà questo è vero solo in parte. Credo poi che qualunque genitore che abbia figli in questa fascia di età possa confermarlo. Infatti è vero che i bambini dai sei sette anni circa ci danno prova continuamente. Se noi li osserviamo attentamente di essere entrati in una nuova fase, generalizzando, potremmo dire che diventano più calmi e sicuramente più collaborativi e d'altra parte. Questo non è casuale. Infatti la fascia di età che grossomodo va dai sei ai dodici anni è stata definita da Maria Montessori il secondo piano dello sviluppo. La prima volta che ho letto questa definizione nel tuo corso, educare a lungo termine per me è stata una vera rivelazione e la vorrei riassumere qui brevemente, perché magari può essere utile per chi non la conosce. Il secondo piano dello sviluppo è in pratica quella fase in cui si passa dal periodo, diciamo più burrascoso della prima infanzia ad una tappa successiva in cui il bambino, tra le tante altre cose, inizia a dimostrare una maggiore indipendenza delle figure adulte di riferimento. Questo se osserviamo attentamente i nostri figli succede sempre, anche se naturalmente c'è chi ci arriva prima e chi dopo. Per esempio, per quanto mi riguarda, solo recentemente i miei figli hanno preso la decisione di voler passare una notte intera dalla nonna loro sono abituati da sempre a stare coi nonni, soprattutto al pomeriggio. Però appunto, solo di pomeriggio. Di notte non se ne doveva assolutamente parlare. Ogni tanto io e mio marito provavamo a proporgli questa cosa, sperando ovviamente di ritagliarci un po' di tempo per un'uscita serale da soli. Ma loro rispondevano sempre tassativamente di no, che il pomeriggio il riposino dalla nonna era okay, ma la notte volevano stare con mamma e papà. E questo fino a pochissimo tempo fa. Noi abbiamo capito che evidentemente non erano pronti e abbiamo quindi deciso di aspettare e rispettare i loro tempi. Poi improvvisamente, pochissimi mesi fa è accaduto semplicemente che ad una nostra nuova proposta in questo senso, perché noi comunque ogni tanto ci provavamo a chiederglielo, si sono guardati e ci hanno semplicemente detto Okay, va bene, dormiamo dalla nonna e eccolo lì, il secondo piano dello sviluppo, praticamente davanti ai nostri occhi. Quindi collegandoci al tema di oggi se siete in questa fase in cui i bambini cominciano a dimostrare la loro indipendenza, questo è il momento in cui spesso ci si aspetterebbe l'azzeramento dell'ansia da separazione, ma spoiler. Se pensiamo questo a volte purtroppo dovremo ricrederci. Infatti spesso ho notato che se un bimbo di tre o quattro anni piange nel momento in cui deve separarsi momentaneamente dal genitore, ad esempio appunto all'ingresso a scuola la sua reazione di solito viene considerata normale, perché diciamo che è piccolo invece se a piangere magari a un bambino di sei anni che ha da poco iniziato la scuola primaria. La sua reazione a volte viene giudicata negativamente da alcuni adulti. Magari vengono pronunciate frasi tipo ma dai, ormai sei grande. Um oppure ma se all'asilo non piangevi ora perché fai così e quindi si minimizza? In pratica spesso a questa età iniziano a trattarli come se fossero piccoli adulti, ma evidentemente non è così, perché può accadere benissimo che un bambino di sei di sette, ma magari anche di otto anni, può mostrare ancora ritrosia nel momento del distacco, perché questa è un'età di passaggio. Infatti a questo proposito Carlotta, mi piacerebbe chiamare in causa quella bellissima immagine che hai descritto in un tuo post in cui appunto parlavi dei sei anni come un'età ponte in cui i bambini a volte sono proiettati in avanti verso l'indipendenza e poi spesso si girano a guardare indietro verso di noi, verso noi genitori e in quel momento si aspettano che noi ci siamo ancora una volta rassicurarli come abbiamo sempre fatto. Questa immagine del ponte secondo me è potentissima e inoltre la trovo super pertinente anche nella mia esperienza diretta. Infatti, come vi dicevo, io ho vissuto per parecchio tempo l'esperienza dell'ansia da separazione per quanto riguarda il momento dell'ingresso a scuola questo con il mio primo bimbo, invece la seconda figlia è sempre andata a scuola, salutandoci molto brevemente e direi anche senza particolari rimpianti. Ovviamente ancora una volta ogni bambino è diverso. Gabriele invece ha vissuto con fatica l'ingresso a scuola già a partire dal nido e alla scuola dell'infanzia non solo per il primo periodo, ma praticamente quasi in tutti e tre gli anni di scuola dell'infanzia ogni mattina entrava in classe ma entrava in classe solo dopo molti molti minuti di abbracci, baci, rassicurazioni varie da parte nostra e a volte non bastavano nemmeno quelle c'è stato poi un periodo che potremmo definire di miglioramento verso i cinque anni. Quindi quando ha frequentato l'ultimo anno di scuola dell'infanzia e e poi c'è stata la regressione durante il primo anno di primaria. In quel caso non accadeva tutti i giorni come all'asilo. Però a volte si manifestavano di nuovo questi episodi di ritrosia all'ingresso a scuola. E lui in pratica, in quel momento era di nuovo il bimbo che si attaccava al papà o alla mamma chiedendogli di non andare via. Poi però, anche stavolta la fase è andata via come era venuta è passata semplicemente accogliendo i suoi sentimenti e le sue emozioni, soffermandoci a dargli l'abbraccio in più di cui aveva bisogno prima di iniziare la sua giornata. Ora Gabriele sta per iniziare la quarta primaria e questi episodi sono veramente solo un ricordo. Ripensandoci, mi viene in mente che quando siamo dentro il momento di difficoltà il tempo sembra non passare mai. Poi invece passa e guardandoci indietro, sembra che il tempo sia andato via velocissimo. Ora è settembre e tra poco saremo alle prese con l'inizio del primo anno di primaria per Federica. E aspettiamo di vedere come andrà. Non lo so, a volte mi capita di pensarci e mi chiedo se ci saluterà tranquilla come sempre, come faceva la scuola dell'infanzia. Oppure se in qualche modo le carte in tavola potranno cambiare? Non lo so, lo scopriremo. Però quello che è certo è che qualsiasi saranno le emozioni che si presenteranno, noi le accoglieremo e le valide perché ho imparato nel mio percorso di genitore che questo è il più grande aiuto che possiamo dare sia a lei, ma anche a noi. Che bellissima testimonianza! Um grazie Rosalba tra l'altro voi non lo sapete, ovviamente, ma rosalba è stata forse la prima persona in assoluto a comprare il mio primissimo corso um anni e anni e anni fa ed è rimasta con noi con me fino ad oggi che io all'inizio scherzavo con lei e dicevo un giorno un giorno farai parte della tela un giorno lascerai il tuo lavoro e farai parte della tela e ci ridevamo su. E oggi quel giorno è arrivato e tra l'altro magari sarà anche interessante proprio parlare con lei di questo suo percorso che è stato un cambiamento di vita veramente grandissimo. Però non non è questa la sede. Um però, ecco credo che la sua esperienza ci ricordi una cosa importantissima. Prima di tutto grazie per aver riassunto così meravigliosamente sia il secondo piano dello sviluppo e sia il l'immagine del ponte non le sto a ripetere però la cosa secondo me è davvero più importante è proprio questa, ovvero che ogni bambino è diverso, anche se si tratta di fratelli che assorbono lo stesso approccio educativo e sono immersi nello stesso ambiente. Ognuno ha i suoi tempi, ognuno è un individuo a sé. Non mi stancherò proprio mai, mai, mai di ripeterlo. Voi sapete che io non dico mai, ma in questo caso davvero non me ne stancherò mai. E poi ci ricorda anche che non possiamo smettere di accogliere l'ansia la paura solo perché consideriamo passata la fase tipica in cui dovrebbe secondo noi manifestarsi. Le aspettative. Anche in questo senso sono deleterie. Anche i bambini più grandi possono sentire difficoltà alla s. Al momento della separazione. È una sensazione valida ed è nostra responsabilità accoglierla, proprio come faremmo per un bambino o una bambina di due anni di tre anni al suo primo giorno. D'asilo um certo, con strumenti diversi, con una capacità cerebrale superiore, per i bambini più grandi, ovviamente, ma sempre con la stessa accoglienza delle emozioni, senza sminuire le emozioni e senza attribuire alcune emozioni a una certa età piuttosto che a un'altra. Quindi, ecco, questa è la prima cosa proprio che la difficoltà a separarsi è valida a qualsiasi età e dobbiamo accoglierla, proprio come faremmo con un'emozione che sentiamo scomoda perché è assolutamente naturale. A me piace molto, sapete l'immagine di rimanere seduti nel disagio delle emozioni perché credo che sia un'immagine molto bella. Io spesso mi immagino seduta su questa panchina vicino ai miei figli quando accompagno le loro emozioni um di disagio, di disregolazione e sto lì seduta vicino a loro, senza interferire nel loro percorso di gestione di questa emozione, senza cercare di risolverla semplicemente rimanendo seduti in quel disagio insieme, offrendo la mia presenza perché così sanno di non essere soli. Um, sanno che non ho paura della loro emozione. Non ho paura di affrontare questa grande forte disregolazione che provano, ma semplicemente accogliendola. E questo credo che sia la base per sviluppare resilienza e per tollerare proprio anche emozioni scomode come la rabbia, la frustrazione, um e qualsiasi altra emozione che la nostra società considera scomoda. Non perché lo sia, ma semplicemente perché ci hanno abituati a vederla così. Okay, di nuovo pensiero a ragnatela ha concluso In realtà volevo anche parlarvi appunto della seconda sfumatura, perché ci sono dei casi in cui questa difficoltà a separarsi può nascondere qualcos'altro. Premetto che non voglio generare ansia in te che mi ascolti. Ed è per questo che non l'ho scritto nella newsletter, ma che preferisco parlarne con la mia viva voce e anche con l'aiuto di alcune testimonianze. Perché sì, a volte le lacrime e il rifiuto di andare a scuola sono davvero semplicemente il risultato della fatica della separazione. Altre volte invece nascondono un campanello d'allarme. So che si tratta di circostanze che la mente di un genitore a volte si rifiuta di considerare, perché il pensiero che possa essere un campanello d'allarme ci turba. Ma secondo me abbiamo la responsabilità di essere preparati anche a questo. La conoscenza è potere, lo dico spesso e avere consapevolezza anche di queste situazioni può aiutarci a riconoscerle e ad agire tempestivamente. A tale proposito vi racconto un nostro aneddoto personale che è successo quando eravamo a Bali nel duemila e venti i bimbi andavano a un bellissimo centro estivo vicino a casa nostra? Eh no, non era un centro estivo. In realtà era un centro um che aveva un bar con un'area separata un'area giochi, bellissima, separata, dove i bambini potevano giocare sotto la supervisione di personale um preparato, attento mentre i genitori lavoravano o si godevano un caffè. Il primo giorno Oliver ed Emily erano usciti felicissimi. Il secondo giorno Emily ha detto davanti alla porta che non voleva entrare. Poi ha guardato dentro e ha cambiato idea ed è entrata felice. E allora mi aveva stranita questa cosa. Ma non ci avevo dato troppa importanza. Il terzo giorno, quando Emily ha guardato dentro, non è proprio voluta entrare e mi ha detto Non mi piace la persona indicando una delle ragazze. Ho lasciato che Oliver entrasse da solo, chiedendogli se voleva entrare da solo, se preferiva rimanere con noi. Lui è voluto entrare e ho tenuto Emily con me per parlarne. E lei che era. Fortunatamente in questo caso, direi una bambina di due anni molto vocale, che parlava in maniera molto articolata. Già Allora lei da quando aveva più o meno forse ancora prima dell'anno. Poco prima dell'anno faceva frasi intere di senso compiuto. Quindi fortunatamente in quell'occasione lei ha saputo dirmi Ha detto che chiama i pompieri se piango, ma io non piango. Questa frase mi è rimasta in mente, ma io non piango. Poi Oliver mi ha anche confermato che la ragazza il primo giorno aveva detto che avrebbe chiamato la polizia, non i pompieri. Lui ha detto la polizia, quindi chissà cosa disse questa questa persona se Emily avesse continuato a piangere. Questo tra l'altro lo scrissi anche in un post in cui parlavo proprio di come minacciare i bambini non vada bene in nessuna cultura. Circostanza, famiglia, occasione. Però ecco, a volte la difficoltà a separarsi può essere il risultato di esperienze negative, come un insegnante che urla o minaccia una compagna che li tratta male, un time out o castigo che hanno ricevuto. E tra l'altro anche la sedia del pensiero può essere considerata come un castigo se impostata in quel modo del tipo vai a sederti sulla sedia del pensiero e non puoi uscire a fare l'intervallo con i tuoi amici. Per esempio, il nostro lavoro di genitori è non saltare a conclusioni affrettate, certo, ma dobbiamo comunque ascoltarci dentro e usare l'osservazione e la mente critica per affinare il nostro buonsenso, perché quell'istinto di sopravvivenza di cui parlavo all'inizio ce l'abbiamo anche noi, tanto per noi stessi quanto per le persone che dipendono da noi. Non ignoriamo, impariamo ad ascoltarlo senza diventare paranoici, ma semplicemente mettendoci in ascolto e in osservazione con curiosità e mente critica. A questo proposito voglio lasciarti anche la testimonianza della nostra Valeria. Oggi il team la tela aveva tantissimo da condividere sull'argomento e quindi eccola qui Ciao Carlotta e grazie per aver accolto la mia testimonianza su un argomento che in realtà mi suscita sentimenti ancora un po' scomodi, parlando di ansia da separazione nell'ambito scuola, perché ho deciso di focalizzarmi su questo? Perché sul resto ci sarebbe davvero tutto. Un altro capitolo a parte da aprire. Quindi, per quanto riguarda dicevo l'ansia da separazione nell'ambito scuola. Devo dire che mi ritengo davvero molto fortunata perché mia figlia Aurora, che oggi ha quattro anni, um che in realtà non ha mai pianto o avuto crisi di nessun tipo prima di di andare a scuola, cioè è sempre andata sostanzialmente con desiderio e e piacere. Un anno fa, però, quando aveva quasi tre anni, ho iniziato a notare alcuni comportamenti strani, cioè nuovi che non erano propriamente da lei, o almeno che non avevo mai osservato prima. Non si trattava di aggressività fisica o verbale, era qualcosa soprattutto all'inizio di molto più sottile e quindi anche molto più difficile da da osservare. E in pratica lei si rivolgeva a me, al padre ai nonni con parole che forse adesso utilizzerò un termine, un po' forte, ma io direi con parole quasi di umiliazione. Um cioè, ci diceva quasi come se ti comporti così, poi poi vedi, se non fai questo te ne vai da solo in castigo una volta e lì è proprio scattato il mio campanello d'allarme um cioè, è lì che ha preso a suonare tantissimo um una volta mi ha preso addirittura per mano, mi ha portato sul lettino e mi ha detto proprio col ditino puntato verso di me Adesso stai zitta e dormi lì. Mi è venuta proprio meno la terra da da sotto i piedi e ho cercato però di rimanere lucida e la prima domanda che mi sono fatta è stata dove può aver osservato questo comportamento, perché queste sono proprio cose che non può aver osservato in casa. Ho provato ad essere, ripeto, molto lucida, razionale, ma noi, per quanto anche noi in famiglia, a volte urliamo, magari usiamo frasi di cui non andiamo fieri, però non ci siamo mai rivolti a lei in questi termini. Non abbiamo mai usato queste parole e nemmeno i nonni, perché per quanto per loro sia più spontanea, ovviamente un'educazione tradizionale. Ma loro non hanno mai, mai, mai minacciato mia figlia per farla addormentare. E di questo sono sono sicura. Quindi ero sicura che questi comportamenti mia figlia non li avesse osservati in casa e dato che al tempo non frequentavamo altri genitori, quindi altri bambini per esclusione proprio restava, per quanto la mia mente volesse escluderlo a tutti i costi. Ma restava la scuola, una scuola che in realtà aveva iniziato già da un anno. Ahimè, non era una scuola nuova e anche per questo il mio pensiero non era andato subito lì, perché, appunto, non era qualcosa di nuovo. Prima di aggiungere, di giungere però a conclusioni affrettate, la prima cosa che ho fatto è stato parlare con con la responsabile perché non volevo farmi trasportare dalle emozioni del momento. Quindi ancora una volta ho provato ad essere razionale e appunto sono andata a parlare con la responsabile di di questo asilo. Ma lei mi ha assicurato che lì nessuno usa quei quei metodi, nessuna, nessuna maestra e e inoltre mi ha detto anche che neanche i bambini avevano questi comportamenti tra loro. E io volevo tanto fidarmi. Però quei comportamenti a casa continuavano e io non potevo smettere di di osservarli e quindi ho deciso di fidarmi più di mia figlia, o meglio di quello che osservavo io e quindi sono andata oltre. Ho cercato di approfondire ancora, ho parlato con altre due mamme e confrontandomi con loro sono venute fuori esperienze molto, molto simili e anche qualche nome di di un paio di maestre fatto dei bambini, non di mia figlia, ad essere onesta. E adesso io non so se questo è sufficiente per avere la certezza assoluta che alcune maestre utilizzassero questi metodi. Ma il mio istinto al tempo mi diceva proprio di sì e quindi per me quello è bastato. Non ho aspettato di avere ulteriori conferme e visto che l'anno comunque era anche già quasi finito, ho semplicemente ritirato in anticipo mia figlia dalla scuola e piano piano, non subitissimo, ma piano piano poi quei comportamenti sono andati via e chissà che alla fine la conferma non sia proprio questa. E quindi ecco, racconto questa esperienza per dire che certo, a volte è proprio l'ansia da separazione ad essere un campanello d'allarme per situazioni che vanno approfondite. Però non è detto. Nel mio caso, ad esempio, è stato qualcosa di diverso e osservare e analizzare il comportamento di mia figlia, chiedermi da dove potesse venire e non prendere alla leggera alcune manifestazioni, come del resto mi spingevano a fare i nonni, ad esempio, che mi dicevano ah, ma capirai e lo avrà visto da altri bambini. Insomma, tutto questo è stato proprio poi la chiave di tutto e e niente. Io spero che questa mia esperienza che questa mia condivisione possa essere utile a qualche genitore che che ti sta ascoltando e ringrazio ancora te e ti mando un abbraccio. Grazie anche a Valeria per averci raccontato la sua esperienza, che immagino non sia stata né piacevole né semplice da gestire. Um mi fa sorridere perché quando mentre l'ascoltavo mentre ti ascoltavo Valeria, pensavo proprio a alla sensibilità e all'empatia che porti um tutti i giorni a noi e a me nel nel team e per questo ti ringrazio, è una cosa sicuramente sulla quale vorrei puntare un po' i riflettori e userò la mia esperienza personale di quella volta con Emily in quell'occasione a Bali. Non tutti i bambini sono vocali, come Emily alla sua età e non tutti i genitori credono ai loro figli. Non tutti i genitori sanno già osservare i loro figli hanno già capito l'importanza dell'osservazione. Non tutti i genitori hanno già gli strumenti per accogliere le emozioni dei loro figli e le proprie. Un altro bambino potrebbe non essere in grado di spiegare un altro genitore potrebbe non credergli. Un altro genitore, per esempio, nella mia situazione potrebbe pensare mio figlio è difficile perché tutti gli altri bambini entrano felici e mio figlio invece piange e quindi respingere la sua emozione, mandarlo comunque all'asilo dicendogli dai, dai che poi ti diverti e magari il bambino quel giorno non piangerà per paura che arrivi la polizia e magari non piangerà più proprio per quella paura che arrivi la polizia e quindi la maestra non dovrà tra virgolette, ripetere la minaccia vuota. Oppure un altro genitore, come nel caso di Valeria, potrebbe attribuire quei comportamenti a una sfida. Mio figlio mi sfida o guarda che carattere che sta mettendo su e quindi anche in quel caso respingere, anzi trattare quel comportamento come un comportamento arrogante, magari sfidante, e pensare che ci sia bisogno del polso duro e quindi di ricorrere ai metodi dell'educazione tradizionale e in in entrambi i casi quel comportamento smetterà in entrambi i casi la situazione sembrerà risolta, ma il bambino avrà una nuova cicatrice nel suo cuore e nella sua mente. E quindi un po', Un appello che voglio mandare a chi ci ascolta è proprio quello di credere ai bambini di credere ai nostri figli, di credere nel buono che hanno dentro, di credere che i comportamenti scomodi che la nostra società ci ha abituati a vedere come scomodi. In realtà sono richieste d'aiuto. Sono comunicazione e spesso i bambini non hanno altro modo di comunicare e quindi ci comunicano in questo in quel modo. Per esempio, Aurora non aveva la capacità cerebrale di andare da sua madre e dire Ehi, guarda che la maestra mi dice queste cose a me non piacciono. Perché me le dice. E quindi cosa faceva perpetua? Ripeteva quei comportamenti per capire se quel tipo di comportamento per la sua famiglia, per il suo punto di riferimento per i suoi adulti di riferimento, è giusto o sbagliato. Spesso e volentieri i bambini ci chiedono con i loro comportamenti non so decifrare questo comportamento è giusto o è sbagliato? Noi siamo la loro bussola, ma loro sono la nostra. Impariamo ad osservarli. L'osservazione è un superpotere. Ci aiuta a decifrare, a interpretare i comportamenti dei nostri figli e, come vi dicevo, all'inizio spesso la difficoltà a separarsi. Quelle lacrime all'entrata a scuola sono semplicemente un processo naturale e sarà così la maggior parte delle volte. A volte però quelle lacrime possa nascondere qualcosa e osservare con mente critica e con mente flessibile anche piccoli comportamenti al di fuori di quei momenti in cui li lasciamo a scuola e quindi piangono. Possiamo davvero capire se quelle lacrime rappresentano un campanello d'allarme? E poi, proprio come ha fatto valeria, seguire quell'istinto e non ignorarlo per oggi è tutto. Ci vediamo la prossima settimana con un nuovo episodio del podcast. Nel frattempo vi ricordo che mi trovate anche su w w w punto la tela punto com e da lì trovate anche il mio instagram. Buona serata. Buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao

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