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La Tela di ottobre: i bambini devono ascoltarci?

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Negli ultimi anni ho sentito usare tante etichette per descrivere i comportamenti, le personalità e i temperamenti dei bambini: viziata, timido, capricciosa. Oggi vorrei parlarti di una di queste etichette: «oppositivo/a». Probabilmente ti suonerà familiare: è la parola che spesso si usa per descrivere tutte le volte in cui i bambini non ci ascoltano, ci dicono di no. Si oppongono, appunto.

Prima di condividere con te le mie riflessioni su questa tendenza dei bambini, voglio fare un passo indietro, e ti racconto una storia.

Un giorno una mamma mi ha detto che spesso si ritrova a leggere con sua figlia la storia di Malik e del suo papà Omar, che fa parte dei racconti contenuti in La paura è un superpotere, il nostro libricino per aiutare bambine e bambini (ma anche genitori) ad esplorare e accogliere la propria paura. In questa storia, papà Omar si spaventa per un comportamento che avrebbe potuto mettere il piccolo Malik in pericolo. Non riesce a processare la sua paura e inizia a parlare al bambino in modo poco gentile. Malik però glielo fa notare, dicendogli: «Papà, mi stai parlando male». Questo aiuta papà Omar a riconoscere che aveva usato la voce della paura (che spesso non è una voce gentile), a ritrovare la calma e a chiedere scusa a Malik. Questa mamma mi ha raccontato che ogni volta che leggono questa storia la sua bambina sembra sempre molto silenziosa e riflessiva, come se ragionasse attentamente su quella scena e su quelle parole. E infatti, a un certo punto ha iniziato ad usarle come copione: quando si rende conto che la mamma non le sta parlando in maniera gentile, le dice: «Mamma, mi stai parlando male».

Quando me lo ha raccontato, questa mamma era divertita e stranita: pensava che questo fosse un comportamento insolito, magari segno di una sensibilità spiccata e precoce. In realtà, non è così.

Ogni bambino patisce quando un adulto gli parla male. Non sempre ce ne accorgiamo, perché alcuni bambini si chiudono in sé (anche questo, come urlare e tirare oggetti, è disregolazione). Ma quando insegniamo loro a contestarci e a mettere in dubbio la nostra autorità (cosa che facciamo anche quando leggiamo insieme un libro che promuove la comunicazione rispettosa), allora la capacità di opporsi al nostro parlar male diventa palese.

Non è insolito, sono solo i primi semini dell'educazione a lungo termine che stanno germogliando: stiamo crescendo bambini con una mente critica.

Per nutrire questa abilità, però, sono necessari anche (soprattutto) i «no» che i nostri figli ci dicono, quell'essere «oppositivi» che ci fa sperimentare rabbia, perché a noi invece è stato insegnato che i bambini ci rispettano solo quando aderiscono alle nostre aspettative. Anche se è scomodo e faticoso, noi genitori facciamo parte di quell'autorità che i bambini devono mettere in discussione per imparare a seguire il proprio intuito e pensare con la propria testa: per loro è proprio un allenamento, e noi possiamo essere la loro palestra. Se io non insegno ai miei figli a mettermi in discussione e non do loro uno spazio sicuro in cui possono non essere d’accordo con me, loro non possono imparare a riconoscere un’ingiustizia e a contestarla, ovvero, a far valere la propria voce di fronte a un’ingiustizia o un abuso di potere.

Ti invito quindi a cambiare prospettiva. Anziché etichettare tua figlia come oppositiva, riconosci il valore di questa abilità, e aiutala a praticarla. Mostrale che può metterti in discussione e allenati anche tu ad accogliere i momenti in cui ti dirà di no.

Per supportarti in questo lavoro, ti offro alcuni spunti:

  • 4 strategie per non arrivare all'urlo
  • 3 copioni per ottenere più collaborazione
  • 2 promemoria per quando i tuoi figli non sono d'accordo con te
  • 1 pensiero a ragnatela

4 strategie per non arrivare all'urlo

Immagina, per esempio, che dici a tua figlia di scendere dal divano perché dovete uscire e lei ti ignora. Probabilmente provi frustrazione. Ecco quattro cose che puoi fare:

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