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Episodio 166 ·

Comunicazione non violenta e buonsenso | con Martina Righetti

In questo episodio di Educare a Lungo Termine parliamo di CNV, comunicazione non violenta: vi spiego brevemente che cos'è e perché credo che potrebbe essere una svolta nelle relazioni, ma vi lascio anche un pensiero a ragnatela sul perché, secondo me, per praticarla basterebbe seguire la bussola del buonsenso.

Martina Righetti, utente della CNV e partecipante attiva della comunità Tutta La Tela, ci ha dedicato un po' del suo tempo per raccontarci la sua esperienza: ho adorato la sua testimonianza e credo che piacerà anche a voi!

Se volte unirvi alla conversazione e raccontarci la vostra esperienza, vi invito a farlo nei commenti su La Tela.

prima di iniziare vi ricordo che stiamo facendo il tour del libro. Cosa sarà da grande in Italia per scoprire le date? E se arriveremo anche nella vostra città, potete andare su la tela punto com barra libro. Non vediamo l'ora di conoscere tantissime e tantissimi di voi. Vi lascio all'ascolto benvenute e benvenuti ad un nuovo episodio di educare con calma. Come avrete intuito dal titolo in questo episodio vi parlo di comunicazione non violenta. Non vi elenco tutti i benefici o i vantaggi di una comunicazione basata sulla gentilezza e sul rispetto. Ma se volete approfondire questo aspetto, vi vi invito ad andare sul percorso per educare a lungo termine che a cui potete accedere se avete l'abbonamento a tutta la tela e in particolare nella categoria la base dove c'è tutta una sezione dedicata alla comunicazione e proprio all'importanza di scegliere con consapevolezza le parole che usiamo ogni giorno. Oggi invece ne parlo perché in questi anni ho notato che questo modello di comunicazione genera molta sopraffazione tra i genitori e non solo. Ma prima di addentrarmi nella questione, vorrei farvi un piccolo accenno a cos'è la comunicazione non violenta, perché magari non tutti la conoscono o magari non tutti la conoscono nella sua formulazione teorica. Ecco, nella teoria di che cos'è la comunicazione violenta, la comunicazione non violenta è un modello comunicativo che si basa proprio sull'empatia sull'ascolto dei nostri bisogni e di quello degli altri, e parte proprio dal presupposto che tanto più abbiamo chiaro il bisogno dietro la nostra richiesta o dietro la richiesta dell'altro, tanto più sarà efficace esprimerlo e soddisfarlo. Questo modello è stato ideato dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg, che ne parla nel nel libro in un libro bellissimo. Le parole sono finestre oppure muri e si basa su quattro pilastri l'osservazione l'osservazione non manca mai l'identificazione dei sentimenti, il riconoscimento dei bisogni e l'espressione delle richieste. In pratica, secondo Rosenberg, per comunicare in modo non violento dovremmo allenarci ad osservare cosa sta accadendo in una determinata situazione e ad esprimerlo con oggettività, cioè senza inserire giudizi o valutazioni personali. Non so se vi sono una familiare l'ho de-, lo dico solo in tutti gli episodi del podcast, praticamente poi affermare come ci sentiamo osservando questa situazione in seguito riconoscere i bisogni collegati a questi sentimenti ed esprimere poi una richiesta puntuale, praticamente se noi seguissimo questi quattro pilastri, ogni nostra comunicazione con i nostri partner sare- e con chiunque nella nostra vita sarebbe perfetta. Ognuno di questi passi nella teoria di Rosenberg, ovviamente è accompagnato da suggerimenti molto specifici per arrivare ad una comunicazione efficace. Non ve ne parlo qui. Se vi interessa approfondire davvero, vi consiglio il suo libro. Le parole sono finestre oppure muri, ma io qui vorrei proprio arrivare alla fatica di cui vi parlavo all'inizio, ovvero alla capacità, alla possibilità anche solo di davvero mettere in pratica questi quattro pilastri. Perché se pensiamo che esercitarci a comunicare con rispetto significhi seguire alla lettera ogni fase di questo processo, pretendendo anche di applicare ogni singolo suggerimento, è comprensibile che tutto diventi troppo. Se prendiamo questa come qualsiasi teoria alla lettera, come se fosse un compito da portare a termine senza fare quel piccolo ma prezioso esercizio di osservare e tenere conto anche del nostro contesto e delle nostre dinamiche familiari, del particolare periodo di vita che stiamo vivendo o di eventuali bisogni che forse stiamo trascurando, è comprensibile tutta l'ansia e l'avvilimento che vedono i genitori che provano a fare questo lavoro e poi spesso ci rinunciano perché quando si impostano standard altissimi, difficili o impossibili da raggiungere. Si creano poi aspettative irraggiungibili che a loro volta ancora generano quel senso di sopraffazione che conosciamo tutti molto bene. E poi alla fine spesso si smette di esercitarsi a comunicare con rispetto, perché ci si dice che è troppo difficile fare questo esercizio continuo seguendo tutte queste regole. Ecco, io personalmente credo che il problema non siano tanto le regole, anche perché ogni modello teorico è così. Ogni teoria contiene principi e spunti che possono generare riflessioni e anzi, anche nel mio percorso per educare a lungo termine vi offro tantissimi spunti per comunicare in maniera diversa. Addirittura vi offro dei copioni da praticare davanti allo specchio e poi usare quando vi trovate in in in situazioni difficili. Quindi io credo nella teoria, credo nella teoria applicata alla pratica e credo che davvero quando iniziamo a conoscere, a conoscere la teoria e iniziamo a metterla in pratica e ci esercitiamo a metterla in pratica, possiamo davvero vedere un cambiamento. Però se da un lato è un'immensa fortuna avere accesso a tutta questa informazione da cui possiamo prendere ispirazione, esiste anche il rovescio della medaglia. Lo dico sempre a forza di provare a seguire un metodo, spesso finiamo per trascurare e smettere di affidarci al nostro buonsenso. Questa tendenza, per esempio, forse l'ho già detto in altri episodi, lo dico spesso l'ho notata innanzitutto con la filosofia Montessori. E anche per questo ormai parlo sempre meno di Montessori sui miei canali social, per esempio su Instagram, sui cana-, sui canali gratuiti. E ne parlo invece sul mio percorso a pagamento perché lì so che c'è gente che davvero ha voglia di imparare e capire che cos'è l'essenza di Montessori e cos'è questa questo rovescio della medaglia. I genitori che decidono di ispirarsi a questo approccio all'approccio montessoriano spesso si dimenticano di fare una delle cose più importanti nella genitorialità, che è osservare chi hanno davanti il bambino o la bambina. E lo stesso vale con le altre persone della nostra vita. Ci intestardi a seguire pedissequamente un metodo alla lettera e magari a volte ci dimentichiamo che ogni metodo può e deve essere ricalibrato sulla nostra quotidianità, su chi siamo noi, su chi è l'altro e non il contrario. Noi abbiamo questa grande risorsa che è quella che io chiamo la bussola del buonsenso. Lo scrivo anche nel mio libro Cosa sarò da grande, Anzi a lungo tempo pensate vi racconto un piccolo dietro le quinte del libro. Pensate che il libro sia proprio chiamato la bussola per crescere? Tant'è che un giorno, quando sono andata in libreria a chiedere se l'avevano preordinato, nato quando era già in prevendita, non l'avevano riconosciuto dal titolo e poi il libraio è tornato e mi ha detto Ah, la bussola per crescere sì, l'ho ordinato. Però avevamo cambiato il titolo. Quindi ecco, noi abbiamo questa grandissima risorsa che è la bussola del buonsenso. Che cosa significa? Significa che possiamo informarci e possiamo prendere dagli approcci che risuonano con i nostri valori quello che ci serve, quello che ci serve per provare a migliorare, come persone, come genitori e possiamo lasciare fuori tutto il resto. Ogni teoria può essere come un vestito che possiamo cucirci addosso in base alle nostre necessità. Questo credo sia davvero l'unico modo per non essere sopraffatti, per non sentirsi sopraffatti, considerare questi principi una fonte a cui attingere e poi capire come possiamo utilizzarli nella nostra quotidianità. Quale aspetto di questi principi può aiutarci di più in base a chi siamo in base, a chi è l'altro, alle persone che abbiamo da fare, alle nostre dinamiche familiari, Perché poi, quando facciamo questo esercizio ci rendiamo conto che magari è molto più semplice applicare quelle indicazioni e che probabilmente tra alti e bassi e mille errori, come in ogni processo, lo stiamo già facendo, ma a modo nostro, in maniera leggermente diversa. Non esattamente come dice quel principio, quel libro, quel manuale, quel quella persona. Come dice Carlotta. Per approfondire queste riflessioni ho chiesto a Martina Righetti, un genitore che fa parte della comunità, tutta la tela di offrirci la sua testimonianza. Martina è avvocata e si occupa in particolare di mediazione, anche familiare e di facilitazione, e utilizza spessissimo la comunicazione non violenta in entrambi gli ambiti del suo lavoro. Anche se, come dice lei, oltre ad essere tutto questo, è soprattutto un utente della comunicazione non violenta. Vi lascio ascoltare le sue parole. Premetto che nell'audio c'è un pochino di rumore di sottofondo, perché Martina mi ha spiegato che per concentrarsi e pensare a cosa dire camminava. Però mi è sembrato talmente tanto tenera questa cosa e me la sono proprio immaginata che rifletteva su che cosa dire, camminando avanti e indietro per strada che ho voluto lasciarlo esattamente così. Quindi grazie per la vostra pazienza. Ciao a tutti e a tutte. Io mi chiamo Martina Righetti e nella vita mi occupo di consulenza legale ma soprattutto di mediazione e per cui aiuto persone come noi come voi ad affrontare costruttivamente un conflitto e cercare di raggiungere accordi pacifici ma soprattutto duraturi e soddisfacenti per tutte le parti. Ed è proprio occupandomi di mediazione che la mia strada si è incrociata con quella della comunicazione non violenta. Ci tengo proprio a puntualizzare che non sono un formatore in comunicazione non violenta. Io sono proprio un utente, un fruitore, esattamente come come potete diventare tutti voi e che la pratica della comunicazione non violenta è certo è sicuramente un po', come tutte le forme di pratica richiede un certo impegno, che però è un impegno che ci restituisce e ci può restituire veramente molto in termini di miglioramento della qualità della nostra comunicazione e delle nostre relazioni personali. E con ciò ci tengo a citarvi proprio la poesia di una scrittrice e cantante statunitense con cui si apre il libro di Marshall Rosenberg. Le parole sono finestre oppure muri e la poesia ci cita proprio queste parole Mi sento così condannata dalle tue parole. Mi sento giudicata e allontanata prima ancora di aver capito bene. Era questo che intendevi dire? A me risuona tantissimo, sempre, ogni volta che lo leggo i versi di questa poesia. Perché è quello che spesso ci diciamo internamente quando ci sentiamo aggrediti e colpevolizzati dalle altrui parole, diciamo nella prima fase in cui si manifesta un conflitto, solitamente ci tengo a puntualizzare che i conflitti sono all'ordine del giorno. I conflitti sono il sale della nostra vita, i conflitti sono naturali, sono come l'uomo e per cui è qualcosa che noi possiamo imparare a navigare. Anzi, possiamo imparare a positivi per evolverci come esseri umani. E la comunicazione non violenta è proprio uno strumento utile in questo senso e per positivi il conflitto renderlo davvero utile. Poi vedremo cosa e evitare al tempo stesso le escalation del conflitto che sono quella parte esplosiva che porta poi al congelamento dei rapporti e anche in qualche modo, naturalmente al calo dell'empatia no, quando ci si cioè non ti riconosco più, non sembri tu, perché questo accade in un conflitto, perché effettivamente ci si mette sulla difensiva e la prima cosa che cala come difesa, strumento di difesa personale è proprio l'empatia la capacità di mettersi nei panni dell'altro e comprenderne le emozioni. Come funziona la comunicazione non violenta? Allora è un pattern che si compone di quattro step comunicativi. È quello dell'osservazione del sentimento del bisogno e della richiesta. Vi faccio un esempio pratico perché aiuta sicuramente tutti voi, me inclusa. Um torno a casa dal lavoro e trovo una cucina completamente a soqquadro, sottosopra, sporca perché qualcuno può essere il mio compagno, ma può essere anche un un figlio, un qualsiasi interlocuzione. Il motore ha cucinato e non ha pulito. Questo non succede a casa mia. Per fortuna però può succedere comunque in qualsiasi casa. Insomma, è normale, umano, ecco, e soprattutto quando si convive con con bambini ragazzi, um posso reagire e reagisco. E tutti noi ogni tanto reagiremo perché è umano, è legittimo, diciamo, alterando, infastidendo e per cui dicendo Beh, ma guarda che casino in questa cucina non riesco a mettere un piede per l'ennesima volta. Non hai riordinato, Ce lo siamo detti tante volte che bisogna farlo. Adesso toccherà farlo ed è già tardi. Insomma, che strazio! Capita, capita. Io sono la prima che deve respirare dieci, dodici volte prima, a volte di reagire è chiaro? Siamo umani. Diciamocelo, cosa ci suggerirebbe la comunicazione non violenta ci suggerirebbe un po' di sbobinare questo ragionamento e di esprimerci in qualche modo in modo simile a quello che vi sto per dire partendo dall'osservazione del fatto e cioè? Beh, vedo che la cucina è davvero molto in disordine. Le cose sono proprio ovunque. Fatto step uno, step due emozione. Come vi fa sentire questo fatto? Ditelo. Beh, tutto questo disordine onestamente mi fa sentire sopraffatta e infastidita anche un po' frustrata perché insomma, bene, emozione. Terzo step fondamentale il bisogno. Perché vi sentite così infastiditi? Qual è il vostro bisogno insoddisfatto? Solitamente? Mhm, ditelo. Mi sento così perché io ho bisogno di ordine e pulizia. E poi ho anche bisogno di collaborazione fondamentale il bisogno quarto step. La richiesta può esserci o non esserci solitamente c'è in un dialogo. Beh, allora ti chiedo cortesemente di di riordinare se vuoi ti posso dare una mano. Possiamo farlo insieme. Okay. Questa è la quadri partizione che in qualche modo fa parte della strategia comunicativa della comunicazione non violenta. Non mi piace chiamarla metodo o tecnica proprio per non conferirgli un aspetto troppo formale. Dal mio punto di vista, qualsiasi metodo comunicativo ha bisogno di essere smussato perché la comunicazione fa talmente parte dell'essere umano da non poter essere schematizzata eccessivamente. E teniamo poi anche in considerazione le nostre emozioni, la nostra quotidianità e cerchiamo di legittima proprio il fatto che non c'è nessun metodo tecnica che possa essere utilizzata in maniera esclusiva. Tutto deve essere impastato in base a come siamo fatti noi in base alle nostre necessità, alle nostre esigenze, al caso concreto e alla nostra giornata e al nostro umore. Chiaramente, um, i vantaggi della comunicazione non violenta sono molteplici, ve lo posso veramente assicurare. Innanzitutto ci rende possibile esplicitare quello che è fondamentale per noi, per centrarsi, per espanderci e per metterci in una zona di comfort comunicativo e cioè capire qual è il bisogno sotteso alle nostre emozioni e alle nostre reazioni. Cosa voglio dall'altro cosa voglio da me? Cosa voglio in generale? Cosa sto chiedendo? All'altro di fare per me per aiutarmi. Quello poi che ci aiuta a non fare la comunicazione non violenta è la colpevolizzazione dell'altro perché non diremo non hai pulito e dunque io mi sento in un certo modo. Cerchiamo di evitare questo questo flusso incrociato, perché, come sappiamo, le azioni dell'altro non possono determinare in esclusiva il nostro stato emotivo. Le emozioni, in fondo in fondo, sono e rimangono una nostra responsabilità soggettiva, tanto che reagiamo tutti diversamente spesso a fatti simili. Inoltre ci aiuta ad esercitare l'empatia e a disinnescare il conflitto ancor prima che si verifichi l'escalation che solitamente determina il congelamento delle posizioni, la messa in stato di difensiva di uno dei due interlocutori e il calo dell'empatia per cui con l'escalation del conflitto non ci si capisce più e dialogare diventa molto più complicato al tempo stesso. Mi rendo conto che eh, insomma, questa questo step quadri partirti questo pattern a quattro gradini possa essere e sembrare un po' difficile da applicare nella nostra vita quotidiana, in cui tutto è estremamente rapido. Le le emozioni sono molto forti, gli interlocutori sono disparati perché chiaramente se ci troviamo di fronte a un adulto è una cosa se stiamo dialogando con un bambino utilizziamo un altro tipo di comunicazione e questo dipende anche dall'età del nostro interlocutore um per cui quello che voglio portarvi oggi è la mia esperienza di praticante. Ecco, non di formatore di comunicazione non violenta e quello che negli anni ho potuto un po' mhm acquisire io dalla mia dal mio esercizio quotidiano. Ecco innanzitutto quello che mi ricordo sempre prima di iniziare una conversazione che potrebbe accendersi facilmente. Per cui quando c'è una situazione di tensione, di di conflitto, perché il conflitto che cos'è trovarsi in due posizioni diverse um manifestare due esigenze diverse esigenze in quel momento contrapposte. Bene, mi ricordo i due pilastri della comunicazione non violenta la centralità del bisogno e la non colpevolizzazione dell'altro mi ri-, mi chiedo a me stessa okay, mi sento in un certo modo mi sento alterata, arrabbiata, infastidita da questa situazione di fatto. Perché? Perché mi sento così e me lo domando interiormente prima di manifestarlo all'altro. E questa guardate, è la domanda che ci aiuta davvero a sciogliere i nodi e a manifestare le nostre intenzioni e ci aiuta davvero ad essere autentici, autentici fino in fondo. Una volta chiarito il bisogno, lo comunico e mi ricordo di agire in questo senso, cioè chiedere all'altro di venire incontro alla mia richiesta, per cui formulo una richiesta e mi ricordo di non colpevolizzare l'altro delle mie emozioni, per cui, anche se non adotterò tutto il pattern a quattro gradini di cui abbiamo parlato prima osservazione, emozione, bisogno, richiesta sicuramente entrerò in casa, vedrò il caos nella cucina, farò dieci bei respiri e dirò io però, ragazzi, ho veramente bisogno di ordine e pulizia in questa casa e e davvero bisogno di com- di collaborazione? Mhm, Potete darmi una mano? Adesso? Potete riordinare. Possiamo riordinare insieme. Okay. Qui ho saltato i primi due passaggi. Non ho esplicitato la situazione di fatto e le mie emozioni sono emerse dal mio linguaggio para verbale. Okay, ma reazioni di fastidio, di stizza. Verbalizzare le emozioni è sempre molto utile, soprattutto con i bambini. Ma già se parliamo con interlocutori più adulti potrebbe essere un passaggio che si scioglie con appunto il non detto. E perciò e a diciamo semplificare l'utilizzo della comunicazione non violenta, ricordandoci di comunicare il bisogno di capire il nostro bisogno. Passaggio interno. Capisco il mio bisogno passaggio esterno. Lo comunico anche se può essere difficile farlo, ma lo comunico E poi faccio la richiesta e non colpevolizzo l'altro delle mie emozioni perché le mie emozioni sono e rimangono una mia responsabilità. Le mie emozioni sono mie e sono soggettive. L'altro non può evitarmi le emozioni, può contribuire a soddisfare un bisogno. Certamente sì, um questi sono i miei sulla applicazione della comunicazione non violenta. Vi ricordo di farla propria, Fatela vostra. Impastate con la vostra vita, con il vostro stile comunicativo, con le vostre preferenze, le vostre abitudini sporcate la di ciò che più vi aggrada e non siate siatene spaventati soltanto perché vi sembra eccessivamente rigida e formale. Perché non è così. Si può calare a tutte le situazioni personali, professionali e a tutti gli interlocutori, anche agli interlocutori di giovanissima età, come i nostri piccoli, come le nostre piccole persone, ci aiuta a sbobinare interiormente, a comprenderci e a farci comprendere affinché quella frase di Ruth Bebe Meyer l'inizio di quella poesia, possa essere meno doloroso e più gioioso, più evolutivo. Grazie mille dell'ascolto Grazie infinite a Martina per questa sua preziosissima testimonianza e anche grazie a alla sua presenza nella comunità la tela, perché lei è sempre molto attiva anche nel forum della comunità e io trovo i suoi interventi di supporto ai genitori sempre molto validi. Quindi grazie, grazie infinite. Le sue parole mi sono piaciute tantissimo. Avrete notato tantissima familiarità, tantissima somiglianza con il mio modo di educare, con il modo, con l'educazione che cerco di diffondere con il linguaggio che ci invito ad imparare nella comunicazione con i nostri figli e con le persone della nostra vita. Ma soprattutto mi è piaciuto davvero molto il modo in cui ha parlato del conflitto perché mi rappresenta tantissimo. Lo ha presentato come un elemento quasi naturale di ogni relazione e ha messo anche l'accento sul fatto che si può imparare a litigare meglio, che non significa non litigare più. E di questo parlo proprio anch'io nel capitolo diciotto del mio libro cosa sarò da grande? E parlo proprio del fatto che io e Alex abbiamo deciso consapevolmente di litigare davanti ai nostri figli e abbiamo anche capito che dovevamo imparare la lingua del conflitto, proprio come abbiamo imparato la lingua della relazione e che quindi dovevamo lavorare su come litighiamo. E questo per noi è stato davvero un prima e un dopo nella nostra relazione, perché davvero essere in disaccordo è sano e spesso offre spunti di flessione nuovi. Il lavoro che dobbiamo fare è imparare a non essere d'accordo in maniera costruttiva tra adulti, così come nella relazione con i nostri figli e tra l'altro all'interno del percorso per educare a lungo termine su tutta la tela c'è proprio oltre ai contenuti che vi ho menzionato All'inizio dell'episodio c'è proprio anche la categoria relazioni adulte. Penso che questo sia il titolo che offre davvero tantissimi suggerimenti per fare proprio questo lavoro. Quindi se questa è una di quelle situazioni in cui sentite di fare fatica, vi invito davvero ad esplorarla perché credo profondamente che potrebbe aiutarvi. E a proposito di tutta la tela, sorrido perché l'idea di chiedere un contributo a Martina. Ci è venuta proprio perché lei, come vi raccontavo prima, è molto attiva nel forum della comunità e aveva commentato un messaggio di un genitore all'interno di questo forum, offrendo non solo professionalità e competenza, ma anche molta empatia e supporto. E quindi oggi ci tengo anche davvero a cogliere l'occasione per esprimere la gioia di avere una comunità davvero ricca di persone gentili e rispettose, che si mettono in gioco per imparare a comunicare in maniera costruttiva e che condividono le loro fatiche e che al tempo stesso si consigliano e si sopportano a vicenda. Ci sono infiniti altri pensieri che vorrei condividere con voi circa la testimonianza di Martina, ma se lo faccio finiamo per stare qui almeno tre ore. Quindi per oggi questo è tutto. Vi do appuntamento alla settimana prossima con un nuovo episodio del podcast e vi ricordo come sempre, che mi trovate anche su tela punto com e da lì trovate anche Instagram. Buona serata, buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.