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Episodio 117 ·

Quando arrivano i NO dei bambini

In questo episodio mi sono auto invitata sul mio podcast! 😂 Scherzo, vi racconto tutto nell'episodio, ma vi annuncio che non sono sola: mi fa le domande Sara Mariottini, logopedista pediatrica — avrà tutto senso quando ve lo racconto, giuro!

Parliamo dei NO dei bambini e degli adulti (spoiler: sono tutti correlati ai limiti che impostiamo!) e di come viverli con più… calma.

Una frase bellissima che ha detto Sara:

«La riflessione personale è il regalo più grande che possiamo fare». E io aggiungerei, ricevere. Grazie di cuore, Sara.

Nell’episodio menziono questo video.

Ps. Purtroppo in alcuni momenti in cui parlavamo entrambe l'app che uso ha dato la priorità alla mia voce e creato piccole interferenze nella voce di Sara (avrei preferito il contrario). Grazie per la vostra pazienza e cercherò di svelare l'arcano. 

Carlotta: [00:00:00] Benvenuti e benvenute ha un nuovo episodio di Educare con calma. In questa mezz'ora è successo di tutto, quindi vi racconto brevemente che cosa è successo. Oggi è giovedì 8 dicembre, festa dell'immacolata, e io e Sara ci siamo rincorse, adesso poi vi racconto anche chi è Sara, ci siamo rincorse per settimane per fare una diretta su Instagram. Alla fine ci diciamo, siamo libere entrambe, ce la facciamo entrambe oggi, facciamola anche se è festa. Allora ci armiamo proprio all'ultimo minuto, lo comunichiamo su Instagram, mettiamo le storie, eccetera eccetera. All'una e mezza mia, 10:30 sue perché siamo in due fusi orari diversi, ci mettiamo a fare questa questa diretta e Instagram ci sbatte fuori, cioè non vuole che ci colleghiamo nel senso che lei riesce a collegarsi alla diretta, ma io non riesco ad entrare nella sua diretta. Allora proviamo un paio di volte, cambiamo account, andiamo nel mio account e stessa identica cosa e alla fine, alla faccia di Instagram, per questo io vi dico non fidatevi mai di Instagram, costruitevi il vostro business anche fuori da Instagram, fuori dai social media, ed è per questo che ve lo dico, perché non ce l'abbiamo fatta alla fine, Quindi, alla faccia di Instagram, ci siamo spostate sul podcast e facciamo questa cosa un po' strana perché in realtà io di solito invito persone a parlare del loro lavoro, mentre in questo caso era Sarah che aveva invitato me a parlare del mio lavoro o comunque della mia specialità e quindi faremo questo, nel senso che sarà lei a farmi le domande e io risponderò. Praticamente, mi sono auto invitata sul mio podcast. Sara, per chi non ti conosce, anche perché anche io e te ci siamo appena conosciute, presentati, dicci chi sei e cosa fai.

Sara Mariottini: [00:01:53] Allora io sono Sara Mariottini, sono una logopedista e mi occupo soprattutto della fase precoce del linguaggio, quindi di accompagnare i genitori nella fase proprio del primo linguaggio, 12, 36, 48 mesi e aiutarli nella pratica professionale, quindi in studio proprio attraverso un lavoro diretto sul bambino, attraverso il gioco eccetera eccetera, ma anche indirettamente attraverso le consulenze e raccontando ai genitori come possano essere veramente strumento e fonte proprio di apprendimento del linguaggio da parte dei propri piccoli. E quindi ecco, questo in sintesi è un po' quello di cui mi occupo. Nella pratica chiaramente lavoro sia in presenza che on line, nell'ultimo anno soprattutto e quindi lavoro un po' in tutta Italia.

Carlotta: [00:02:44] Mentre ti presentavi mi è venuto in mente 1.000.000 e mezzo di domande da farti sul tuo lavoro. Quindi adesso vediamo quanto tempo abbiamo. Però magari potrebbe essere anche interessante provare a fare anche un episodio bonus da questa esperienza insieme, già che siamo qua siamo insieme, magari, ne approfittiamo e prendiamo due episodi con una fava. Ok quindi, vediamo adesso che cosa ci permetterà il tempo. Nel frattempo lascio la parola a te.

Sara Mariottini: [00:03:26] Assolutamente sì. Io non vedevo l'ora di intervistarti perché sei un mito veramente, da quando ti ho scoperto attraverso i podcast, perché poi ti ho scoperto in qualche intervista che ti hanno fatto e poi ho scoperto il tuo podcast, il tuo profilo e il tuo sito. Di tutto, insomma. Quindi non vedevo l'ora di poterti fare le mie domande che sono una piccola parte delle domande, perché chiaramente ho scelto una tematica, ma si aprirebbe un mondo anche dal mio punto di vista. La tematica appunto è quella dei no.

Carlotta: [00:03:57] Che bello per quanto mi hai detto, grazie.

Sara Mariottini: [00:03:59] Grazie a te. La tematica è quella dei no perché nelle consulenze on line che faccio con tantissimi genitori esce fuori proprio il problema di saper gestire questi no che all'inizio sono appunto dati dal genitore, ma ad un certo punto la situazione cambia e il bambino che inizia ad usare questi no e in molti casi diventa faticoso, o molto faticoso, gestire quei no che possono essere insomma dati dal bambino in situazioni un po' difficili. Quindi ti volevo proprio fare un po' di domande rispetto a questo. La prima intanto è quella di capire in quale fascia di età il bambino inizia a capire questo no?

Carlotta: [00:04:43] Uhhhh, su questa domanda possiamo fare una conferenza di una giornata intera, però proverò a essere il più breve possibile. Dunque. C'è differenza tra capire il no, ed essere in grado di agire sulla base di quel no. Quindi questa è la prima cosa che dobbiamo dire, nel senso che i bambini di età inferiore ai, diciamo, tre anni, non capiscono il no nel modo in cui pensa la maggior parte dei genitori. E poi sia chiaro che una piena comprensione del no, non è che si verifica magicamente quando il bambino compie tre anni, è un processo di sviluppo e adesso lo vediamo. Perché dico questo? Perché il no è un concetto astratto che è in diretta opposizione, si scontra proprio con il bisogno evolutivo dei bambini piccoli di esplorare il proprio mondo, di capire il mondo a livello cerebrale, di sviluppare il proprio senso di autonomia e iniziativa. Certo, tuo figlio potrebbe sapere, tra virgolette, che tu non vuoi che lui faccia una cosa, lui o lei; potrebbe anche sapere che otterrà una reazione di rabbia da parte tua, se lo fa, tuttavia non riesce a capire il perché, non riesce a capirlo nel modo in cui un adulto pensa che possa capirlo e non può agire sulla base di quel no, perché per farlo ha bisogno di forza di volontà. E i bambini non iniziano a sviluppare la forza di volontà fino ai, io odio dare età, però direi cinque minimo, sei, sette anni di età, perché altrimenti un bambino o una bambina ti guarda prima di fare una cosa che sa che non dovrebbe fare, poi sorride e la fa lo stesso? Non perché è malefico, non perché ci sfida. I bambini sono fondamentalmente buoni dentro. Io non credo alla narrativa della società che ci dice che ci provocano apposta e finora sono stata davvero felice di non crederci, perché mi ha permesso di vedere i miei figli sotto una luce completamente diversa, di accogliere le loro emozioni con empatia e comprensione e beneficio del dubbio. Quindi, secondo la ricerca sullo sviluppo, l'autocontrollo, la forza di volontà si sviluppa nel corso di molti anni e alcuni dei maggiori cambiamenti avvengono tra i 3 e i 7 anni. Ma ovviamente ci sono tantissime variazioni individuali. Stiamo parlando molto, molto, molto in generale, anche perché poi alcuni bambini hanno più difficoltà a regolarsi e a regolare le proprie emozioni e hanno bisogno di più tempo. Dipende poi anche moltissimo dall'esempio di autoregolazione che hanno in casa, come gestiscono la rabbia i genitori? Ma non entriamo lì perché sennò ci vogliono due giorni di conferenza. Il lavoro di sviluppo di una persona tra 0 e 6 anni è esplorare e sperimentare. Quindi è normale e sano che quando il nostro no va contro questo bisogno intrinseco, i nostri figli ci dicano no. Nel momento in cui noi cerchiamo di fargli fare una cosa e loro invece vogliono farne un'altra, perché il loro maestro interiore dice, io voglio esplorare, scoprire quella cosa, è normale che ci dicano no, ed è sano. E immagina quanto li confondiamo, anzi quanto li confonde, essere puniti per fare una cosa che sono programmati a fare da un punto di vista dello sviluppo, è una confusione incredibile si trovano davvero di fronte a un dilemma esistenziale a livello subconscio. Cioè, obbedisco ai miei genitori, oppure seguo il mio bisogno intrinseco di sviluppare autonomia e iniziativa esplorando e sperimentando nel mio mondo? È un dubbio amletico, praticamente.

Sara Mariottini: [00:08:32] Esistenziale.

Carlotta: [00:08:33] Esatto. Ovviamente questo non significa che ai bambini dobbiamo lasciare fare tutto quello che vogliono. I limiti, non smetterò mai di ripeterlo, credo di ripeterlo in tutti gli episodi e dirette eccetera eccetera, i limiti sono fondamentali, i limiti e le regole li fanno sentire al sicuro, ci fanno sentire al sicuro, perché creano un senso di fiducia di cui i bambini hanno bisogno, soprattutto nei primi sei anni, sei in maniera insomma molto generale, prendetelo sempre come un elastico il mio riferimento all'età. Quindi, ecco, in questi primi anni stanno proprio creando un attaccamento con i genitori, stanno capendo come funziona questo attaccamento, ed è intrinseco il loro bisogno di essere amati e se io li sgrido o li punisco per il loro istinto di esplorare il mondo, che ripeto è il loro lavoro, non possono farne a meno, è così che si sviluppano, è proprio come imparare una lingua. Immaginate quando si impara una lingua, tu ce lo puoi raccontare bene, se non ci sono problemi...

Sara Mariottini: [00:09:44] Certo, problemi a livello uditivo, o anche muscolare, fonatorio, insomma di tutto quello che è coinvolto nell'imparare una lingua...

Carlotta: [00:09:58] Esatto, se non se non ci sono problemi, o disabilità, prima o poi la lingua si impara. E qui è la stessa cosa, cioè un bambino non può fare a meno di scoprire e imparare il mondo perché è così che si sviluppa. Se io lo blocco sto mandando un messaggio sbagliato. Per esempio uno su tutti, sto dicendo loro di non fidarsi del proprio istinto, o di non essere curiosi ed esploratori, perché questo porta i miei genitori a distaccarsi da me. E gli adulti di oggi sono i bambini di ieri. Quanti adulti conosciamo che credono di non valere, di non meritarsi l'amore di altre persone perché quando sbagliavano da piccoli venivano puniti con la privazione dell'amore dei genitori? Quando mi emoziono e sono appassionata parlo troppo veloce. Però questo per dire che i primi sei anni sono davvero un momento importantissimo della vita di una persona in cui si sta formando la sua personalità. E io voglio che i miei figli imparino a prendere decisioni, che dicano sono una persona capace, posso provare, posso fare errori, posso imparare da quegli errori, però sono amato. Fondamentalmente, sono una brava persona. Tra l'altro, ultima parentesi e poi finisce il primo giorno di conferenza c'è una dimostrazione molto interessante che spiega in termini davvero concreti, palpabili, lo sviluppo intellettuale e può secondo me aiutare i genitori a vedere con i propri occhi perché i bambini non riescono a capire alcuni concetti, come per esempio il no e non riescono a capirli come i genitori si aspettano che possano farlo. Questa dimostrazione si rifà alla teoria della conservazione di Piaget, che è uno psicologo, filosofo, pedagogista che io amo molto e che visse nel periodo di Maria Montessori negli ultimi anni del 1800, prima metà del 1900, forse addirittura lui morì negli anni '80, se non ricordo male, quindi molto contemporaneo a Maria Montessori, ma visse più a lungo. E la teoria della conservazione è la capacità di pensiero logico che consente a una persona di capire che una certa quantità rimane la stessa nonostante cambi il contenitore, la forma o le dimensioni. E qua tu starai pensando Carlotta, ma che cosa stai dicendo? Sei proprio fuori? Ti spiego. Questo si può fare in diversi modi. Anzi, poi magari potrai mettere anche nelle note dell'episodio un link a un video che lo dimostra molto meglio di quanto possa spiegarlo io a parole. Però immagina di prendere due palline di didò e chiediamo al bambino di renderle proprio uguali della stessa dimensione. Quando abbiamo stabilito che sono uguali, poi, davanti ai suoi occhi ne appiattiamo una e la mettiamo sul tavolo vicino a quella normale che non abbiamo appiattito e chiediamo di quella appiattita, questa è più grande, più piccola o è uguale all'altra? E ehm. Un bambino di tre anni molto probabilmente ti dirà che non sono più uguali e ti dirà anche quale pensa sia più grande. Mentre un bambino di 5 o 6 anni ti dirà che sono uguali e può anche darsi che sappia spiegarti il perché. Lo stesso con l'acqua, per esempio, prendiamo due bicchieri uguali, li riempiamo d'acqua, chiediamo al bambino se c'è la stessa quantità, quando siamo sicuri che ci sia la stessa quantità, davanti ai suoi occhi prendiamo un bicchiere più alto e più stretto e versiamo il contenuto di uno dei bicchieri nel bicchiere alto. E chiediamo di nuovo al bambino, qual è che ha più acqua? Il bambino o la bambina di tre anni, dirà probabilmente che non sono uguali e ti dirà quale bicchiere ha più acqua. Un bambino di cinque sei anni ti dirà che sono uguali, che la quantità di acqua è uguale e ti spiegherà il perché. Questo, come dicevo prima, so che non c'entra direttamente con quello di cui stiamo parlando, ma secondo me c'entra tantissimo ed è molto interessante per far capire ai genitori che mi dicono, eh ma io gliel'ho detto tante volte che non si fa e lo fa ancora anche se sa benissimo che non si fa. In realtà i bambini non possono capire i no come noi pensiamo che possono capirli e inoltre devono imparare la stessa cosa in tantissimi contesti diversi prima di interiorizzarla. Quindi se ancora non lo fanno, non è perché ci sfidano, non è perché vogliono provocarci, è perché non l'hanno ancora imparata.

Sara Mariottini: [00:14:19] Adesso che hai chiuso ho capito perfettamente l'esempio che stavi spiegando. Veramente interessantissimo. E dai una luce così diversa da quella che appunto magari un genitore si aspetta di vivere e vive in un modo diverso la cosa, quindi non riflette su alcune dinamiche che si possono creare. E senti, invece, quando è il bambino a iniziare a dire no, e dal punto di vista linguistico spesso i genitori mi raccontano sia tra le prime parole, ma comunque sia, quando iniziano a sperimentare questo no, sia prima sia con bambini un pochino più grandi intorno ai due anni e mezzo che iniziano ad usare questo no in contesti in cui il genitore non può fare a meno invece di far fare una determinata cosa perché magari è importante, chessò, mi viene in mente, dobbiamo andare a dormire, dobbiamo andare all'asilo e in quel momento magari il genitore non ha scelta e quindi quel no del bambino deve necessariamente diventare un sì. Come fare? 

Carlotta: [00:15:30] Altra domanda stile secondo giorno di conferenza. Ma è interessante quello che hai detto ad un certo punto, che spesso è quasi una delle prime parole che ci ricordiamo, la percezione che sia una delle prime parole, ed è interessante questo perché alcuni studi pensano proprio che la fase dell'autoaffermazione, e la fase dell'autoaffermazione è quando un bambino capisce di essere una persona a sé stante, capisce di essere, Io, e cioè sono una persona separata da mia madre, separata da mio padre, non sono una loro appendice... questa fase alcuni studi dicono che inizia proprio quando il bambino inizia a dire la parola no e finisce quando inizia a dire la parola io, e a quel punto ha preso piena consapevolezza di sé. Questo lo spiego nel mio corso Educare a lungo termine, però hai detto questa cosa e mi è venuto in mente questo studio che è veramente molto interessante. Ora, la tua domanda ha una risposta diversa a seconda di ogni contesto, di ogni genitore, di ogni genitrice, di ogni bambino, di ogni bambina, di ogni famiglia. Quindi è davvero difficile dare una risposta universale, perché non so quanto è pieno il calice emotivo di quello adulto, non so qual è il momento di sviluppo del bambino, non so che percorso ha fatto l'adulto, non so che educazione ha ricevuto l'adulto e quindi qual è l'educazione che tende a perpetrare, non so che giornata hanno avuto, se hanno dormito ieri notte, eccetera eccetera eccetera. Quindi è davvero davvero difficile, difficile, difficile rispondere a questa domanda con onestà intellettuale. Ma. Posso dire questo. Troppo spesso i genitori dicono no e impostano limiti che non rispettano e non tengono in considerazione i tempi del bambino, che sono lenti, che sono lunghi, dilatati. Nell'educazione che io diffondo, i no sono preferibilmente pochi, chiari, sensati e soprattutto validi per tutti, nel senso che se io dico a mio figlio che non può stare davanti allo schermo dell'iPad, ma poi ho tutto il giorno in mano il cellulare, non è molto onesto intellettualmente, ma questo lasciamolo per il terzo giorno di conferenza.... Quindi, se i limiti non sono pochi e non sono chiari, si rischia di confondere il bambino. Cioè mia madre mi dice no per tutto, quale no devo davvero ascoltare, quale no è davvero importante e per questo io nel mio corso parlo di no sofà e di no fuoco. E qua mi sto ancora concentrando sul no che dicono i genitori perché per rispondere alla tua domanda ha molto più valore iniziare dal no che dicono i genitori che dal no che dicono i bambini. Nel mio corso ti dicevo distinguo tra no sofà e no fuoco e sto parlando dei no che dice il genitore. I no sofà, e l'ho inventato io questo termine, sono quelli che possono diventare dei sì, per esempio, invece di non giocare con i cuscini del sofà perché poi li lasci sempre in disordine, io ti dico giocaci, ma quando finisci li rimetti in ordine. E se hai bisogno del mio aiuto per rimettere in ordine ti aiuto. I no fuoco invece sono quelli che dobbiamo far rispettare a tutti i costi, perché ne va della sicurezza, per esempio, non puoi toccare il forno bollente perché ti ustioni. Non importa se piangi perché vuoi toccarlo, io sono capitano della barca, sono responsabile del tuo benessere e il forno non lo puoi toccare. Ma anche qui, c'è modo e modo di far rispettare il limite. Uno è gridare, minacciare, insegnare attraverso la paura, se tocchi il forno chiamo la polizia, che in realtà non sta insegnando nulla, non sta insegnando a fare o non fare qualcosa perché è la scelta giusta, sta insegnando semplicemente a fare o non fare qualcosa perché abbiamo paura, che poi è il motivo sbagliato e genera adulti che parcheggiano nel posto riservato alle persone disabili solo se c'è il rischio di una multa. L'altro modo? È, mi abbasso al tuo livello, al livello dei tuoi occhi, mi inginocchio, accolgo la tua emozione, accolgo le tue lacrime e ti dico, ti capisco, capisco che sei arrabbiato perché non puoi toccare il forno, non posso comunque lasciarti toccare il forno, hai bisogno di un abbraccio, oppure vieni, andiamo di là e lo prendo gentilmente in braccio e lo accompagno lontano dalla fonte di pericolo.

Sara Mariottini: [00:20:16] E in questo caso anche dare la spiegazione del perché penso che sia fondamentale, oppure in alcuni casi è controproducente, perché magari aggiungo cose che non sono importanti in quel momento.

Carlotta: [00:20:28] Dipende dall'età del bambino, direi. Però se un bambino molto piccolo non darai la spiegazione. Io tendo a consigliare di usare quanto meno parole possibili, soprattutto quando un bambino è in crisi, quando il suo cervello coccodrillo è attivo e sveglio. Quindi io direi, in quel momento meno parole usiamo meglio è. E questo crea anche un senso di fiducia perché comunque in quel momento i nostri perché non arrivano alla mente razionale, quella conversazione sul perché possiamo farla quando siamo tutti calmi e rilassati, dopo, a cena, a posteriori, però nel momento di crisi i perché non arrivano al cervello razionale quindi la cosa migliore che possiamo fare è rispondere alle emozioni non rispondere al comportamento. Con i bambini più piccoli, io ricordo con Emily, per esempio, quando c'era qualcosa da fare anche quando io volevo che lei facesse qualcosa invece di, mettiamo lavarsi le mani, invece di dirle, Emily dobbiamo andarci a lavare le mani perché hai toccato questo, hai toccato quello, i germi di qua e di là, io semplicemente la prendo per mano con un sorriso e le dico, Vieni, andiamo! E cominciamo a camminare verso il bagno. Questo è molto più efficace di qualsiasi tecnica di convincimento. E poi magari a metà strada si accorgono dove stiamo andando e allora dicono, No, non voglio lavarmi le mani. E allora lì possiamo iniziare la conversazione di cui ti avrei parlato adesso, che è come facciamo a fare rispettare il nostro no, o come reagiamo al loro no. Questo è un po' più complicato.

Sara Mariottini: [00:22:15] Perché di nuovo dipende da situazione a situazione. Ed è una riflessione difficile che cerca di abbracciare un po' magari situazioni generali chiaramente, non stiamo a disquisire per situazioni particolareggiate perché sarebbe veramente molto difficile individuare, come dicevi prima, il contesto, il genitore, il modello educativo, il bambino, la notte passata e qualsiasi situazione o dinamica circostante.

Carlotta: [00:22:45] Esatto, assolutamente, questo è super importante ripeterlo perché sennò ci ritroviamo i genitori che giustamente ci dicono, eh ma io ho provato a fare quello che hai fatto tu e quello che dici tu, però in realtà non ha funzionato e non ha funzionato per una miriade di fattori, non perché tuo figlio è cattivo, o perché tu sei un cattivo genitore, semplicemente perché tutte le circostanze non erano allineate. Quindi facciamo l'esempio del parco giochi, che è un ottimo esempio perché tutti dobbiamo lasciare il parco giochi a un certo momento, e tutti i bambini non vogliono lasciare il parco giochi, non vogliono andare via dal parco giochi. Quindi, io cosa posso dire? Posso dire a mio figlio, se non vieni immediatamente, non ti porto più al parco. Che è un po, diciamo magari la narrativa che tendiamo ad utilizzare di più, la frase che tendiamo ad utilizzare di più perché noi siamo stati cresciuti con questo tipo di educazione. Ed è anche una bugia, tra l'altro, perché è veramente improbabile che non andremo più al parco giochi se quel parco giochi, per esempio, è l'unico vicino a casa. Diverso se fosse un parco giochi nel sud Italia perché siamo in vacanza, magari glielo dici ed è ok. E in realtà se riusciamo a non mentire ai nostri figli credo si sia già a cavallo, perché proprio uno degli obiettivi più importanti della genitorialità è costruire la fiducia. Posso invece trovare degli stratagemmi, diciamo, tra l'altro io sul blog ho un post proprio dedicato a come andare via dal parco giochi senza crisi, mio figlio mi dice no e io invece di reagire mi fermo un attimo, penso e dico, vedo che non vuoi lasciare il parco giochi, che cosa possiamo fare? Ci sono davvero dei piccoli stratagemmi che possiamo utilizzare, per esempio, Ok, decidi tu, tra quanto andiamo via dal parco giochi, 5 minuti o 10 minuti. Io gli sto dando due opzioni, gli sto dando due opzioni di cui nessuna delle due è restare al parco giochi.

Sara Mariottini: [00:24:51] Sì, è una cosa che propongo anch'io quando per esempio i bambini non sono appunto verbali, o lo sono ma parzialmente, quindi ancora hanno solo le prime paroline, proporre una scelta che sia una scelta con risposta chiusa permette al bambino di essere più tranquillo perché così non ha da argomentare perché magari non riesce, ma allo stesso tempo di dare certezza al genitore che la scelta è tra queste due e quindi insomma, non c'è, non c'è scampo, non c'è un'alternativa remota.

Carlotta: [00:25:20] Esatto. Quello che dobbiamo fare è andare a casa, non c'è un'altra soluzione in questo momento. Ma come lo facciamo, quello può deciderlo il bambino. Possiamo scrivere su un pezzettino di carta 5 minuti o 10 minuti e poi metterglielo in tasca, oppure possiamo scrivere proprio l'ora sul pezzettino di carta, metterglielo in tasca e poi ogni tanto andiamo a chiederglielo e lo controlliamo, verifichiamo se è uguale a quello che c'è sul nostro orologio, se è uguale dobbiamo andare via. Possiamo dargli un timer, possiamo per esempio chiedere il loro aiuto, ok, conto fino a venti e poi dobbiamo andare, preferisci aiutarmi a portare la borsa in macchina o preferisci tenere tu la chiave e poi aiutarmi ad accendere la macchina, e su questa risposta non ci sarà dubbio. Però, spesso e volentieri tanti genitori mi dicono, eh va beh, ma così è come dargliela vinta. No, non è come dargliela vinta. Stai ottenendo tu, genitore, quello che vuoi in una maniera cooperativa invece che partendo dalla forza e partendo dall'autorità, che non è l'obiettivo della genitorialità. E poi, cosa succede se nessuna funziona, nessuno stratagemma funziona ed è un bagno di lacrime, crisi totale? È ora di prenderlo in braccio con gentilezza e dire capisco che vuoi restare, dobbiamo andare a casa e andiamo. E a volte succede, a volte non c'è altra soluzione. Ma posso assicurare che più creiamo una relazione di fiducia, più siamo costanti e coerenti con il nostro metodo educativo, basato sul rispetto dell'altra persona, meno no diciamo e più accogliamo le emozioni, meno ci saranno queste crisi. E lo so e lo dico pro non piacendomi parlare come manuale di genitorialità, ma lo dico perché l'ho vissuto io con i miei figli, perché il mio modo di educare sarebbe stato completamente diverso e invece mi sono messa in gioco,  mi sono messa in dubbio e ho scelto health parenting, questa disciplina positiva e l'ho applicata nel mio quotidiano e ho visto i risultati. Oggi vedo i risultati che i miei figli hanno sei otto anni. Comincio a vederli oggi. Prima no, perché arrivano a lungo termine. Per questo io la chiamo educazione a lungo termine.

Sara Mariottini: [00:27:37] Educare a lungo termine.

Carlotta: [00:27:41] Ti racconto proprio un aneddoto che è successo giusto l'altro giorno. L'altro giorno avevo promesso a Oliver che il giorno dopo l'avrei portato sui rollerblade da solo, perché Emily è un po' più lenta e lui vuole sempre andare veloce. E il piano era che io sarei andata su uno scooter elettrico e lui sui rollerblade. Ne abbiamo parlato con Emily, perché preparare i bambini è importantissimo e lei aveva accettato. Ovviamente arriva il giorno di andare con Oliver sul rollerblade e teoricamente Emily sarebbe rimasta a casa, grandissima crisi, Emily voleva venire con noi e si è messa a piangere. Non ha funzionato nemmeno dirle, vieni con me sullo scooter elettrico perché lei voleva proprio proprio andare sui rollerblade. E quindi niente, era un blocco totale, un muro. Io avrei potuto dirle, ecco, sei egoista, prometti le cose poi non le mantieni, non hai diritto di piangere tu in questa situazione perché è Oliver che dovrebbe piangere perché stiamo prendendo il suo tempo, non c'è nessun motivo di piangere. Tutte frasi che io conosco benissimo, che mi sarebbero venute completamente naturali e spontanee. E invece mi sono seduta vicino a lei in silenzio e le ho detto, ti capisco, anche tu vuoi venire sui pattini con noi, vuoi un abbraccio? Ci ho messo un po', io ho aspettato con calma, con le braccia aperte, dopo pochi minuti lei è venuta a prendersi l'abbraccio. Quando il suo respiro si è calmato le ho detto, capisco che vuoi andare anche tu sui rollerblade. Oggi non è possibile. Quello che sono disposta ad offrirti però è questo, O vieni oggi con me sullo scooter elettrico, oppure andiamo io e te domani senza Oliver. Che cosa scegli?

Sara Mariottini: [00:29:29] Sempre due opzioni.

Carlotta: [00:29:30] Sempre le due opzioni, sempre lo stesso risultato, ovvero lei non va sui pattini, non ottiene quello che vuole. Sceglie lei, però, perché i bambini hanno bisogno di scegliere ed è così che costruiscono se stessi. E in quella determinata occasione lei ha scelto di venire sullo scooter e siamo usciti tutti felici. Per me, quello che io sono disposta ad offrire nella genitorialità è proprio questo concetto, quello che sono disposta ad offrire è questo, ed è importantissimo e funziona tantissimo perché mette anche in conto e in preventivo le mie emozioni, ovvero quello che io genitore provo in quel momento di grande frustrazione. E di tutto questo parlo anche nel mio corso Educare a lungo termine. Ora voglio solo dire un'ultima cosa che quel giorno questo ha funzionato perché io avevo dormito bene, il mio calice emotivo non era pieno, avevo avuto una giornata produttiva a lavoro, ero andata d'accordo tutto il giorno con mio marito. E perché lavoro da anni su questo tipo di approccio di comunicazione, che è anche la ragione per cui so che qualunque adulto può scegliere e iniziare un percorso simile al mio. Basta, chiudo. Non so so neanche se ho risposto alla tua domanda alla fine.

Sara Mariottini: [00:30:46] Assolutamente sì. Facendo un cerchio e inserendo tante di quelle riflessioni importanti tipiche per chi ti ascolta,  e io che ti ascolto rimango ore ad ascoltarti perché veramente sei un fiume in piena. 

Carlotta: [00:31:04] Sono pensieri a ragnatela.

Sara Mariottini: [00:31:05] Sì, però, riesci a coinvolgere e a far capire. Ecco una cosa che ti volevo dire e che secondo me è molto importante, e che osservo anche nelle tue modalità, è quello di avere cura nella scelta delle parole che non è assolutamente scontato, per me un grandissimo esempio e penso che lo sia, anzi lo è sicuramente, anche nei confronti dei bambini, per i bambini.

Carlotta: [00:31:40] Assolutamente. Io lo dico sempre le parole, il linguaggio, non solo trasporta mentalità, ma le modella, ha un potere incredibile di modellare mentalità, di creare mentalità. Quindi assolutamente d'accordo con te.

Sara Mariottini: [00:31:55] Bellissimo. Questo poi traspare perché poi la cosa bella è anche essere noi stessi con i nostri bimbi, no? Quindi se noi ci riconosciamo anche mentre siamo altro, perché non siamo solo genitori, ma siamo anche altro, e comunque manteniamo fede a questo nostro valore, a questo nostro stile comunicativo, poi riusciamo ad esserlo anche in modo vero e naturale, anche con i nostri bambini. È un lavoro, no?, penso ci sia un grande lavoro da fare perché comunque siamo abituati, abbiamo ricevuto un'educazione molto diversa, però ecco è grazie a strumenti, posso dire strumenti?, educatori e formatori come te, che insomma si può imparare tanto. Senti quindi la tua domanda diciamo che volevo farti è questa, in definitiva quindi ci sono dei no che aiutano veramente a crescere e dei no che invece possiamo evitare un po'. Ce l'hai già anche detto.

Carlotta: [00:32:58] Diciamo che ho già risposto un pochino nella domanda precedente. Per me i no che fanno crescere sono quelli che davvero costruiscono la fiducia nella relazione, piuttosto che quelli che rompono la fiducia nella relazione. Di solito la fiducia nella relazione si rompe, soprattutto perpetuando questa sensazione di gerarchia tra genitore e figlio, perché a quel punto non c'è fiducia reciproca. A quel punto c'è una relazione di, io sono il genitore, tu fai quello che dico io, ma questa non è un no, non può sviluppare una fiducia, può sviluppare timore, può sviluppare obbedienza. Ma l'obbedienza, anche quella, non è l'obiettivo della genitorialità. Provo anche a farvi un paio di esempi più pratici, se mi vengono, io sono pessima con gli esempi pratici, in realtà però ci però perché secondo me davvero può aiutare tantissimo a capire. Non scendere dal marciapiede perché ti prende sotto una macchina e muori, ecco quello è un no che io sono disposta a fare rispettare a costo di far piangere mio figlio. Un no come non toglierti le scarpe per strada perché è sporco, ecco forse quello non è un no che direi che faccia crescere. Secondo me a volte ci lasciamo un po' fuorviare da quello che è l'aspettativa della società. Per esempio uno si aspetta che sono in giro con la nonna, uno si aspetta che io dica a mio figlio di darmi la mano quando attraversa la strada. È davvero pericoloso che attraversi la strada da solo. E davvero quello il no che vogliamo rinforzare, o il no che vogliamo rinforzare è fermarsi alle strisce? Per me, per esempio, quello è il limite su cui vogliamo lavorare. Io non so quanti genitori mi scrivono dicendomi, non vuole darmi la mano quando attraversiamo, è sempre un no. E sì, lo so perché tuo figlio sta su questo ponte. Sta andando verso la sua indipendenza e tu gli tarpi le ali e non lo fai sentire grande in situazioni in cui tranquillamente puoi farlo sentire autonomo, indipendente, intraprendente. Quindi perché togliergli quella possibilità di fare quel pezzo di strada con te che tu sei lì vicino? Se succede qualcosa, succede anche con te lì vicino. E anche se non ha la mano, o anche se ha la mano. Quindi ecco, questo è un qualcosa che io invito davvero tanto i genitori a fare, ovvero, pensare a qual è il limite essenziale, a qual è la regola essenziale, a il no essenziale. E poi, invece di dire ai nostri bambini che cosa fare, possiamo trovare un modo di coinvolgerli nella decisione come dicevamo prima, in modo che senta proprio questo senso di potere decisionale e di autonomia, perché in realtà, lo so che l'ho già detto prima, però noi pensiamo che così facendo gliela stiamo dando vinta, ma lo pensiamo non perché davvero lo crediamo, lo pensiamo perché ce lo dice la società, ce lo hanno detto i nostri genitori, ce lo dicono i nonni, ce lo dicono i bisnonni.

Sara Mariottini: [00:36:19] Sentiamo la vocina che ci dice, eh però...

Carlotta: [00:36:22] Esatto, sentiamo quella vocina però...non vuoi lavarti i denti adesso? Va bene, quando vuoi lavarti i denti? Non è che gliela sto dando vinta. Non è che gli sto dicendo non lavarti i denti, poi io per carità, ho anche detto quello, non lavarti i denti per stasera, te li lavi domani, perché piuttosto che evitare una crisi ... non penso che cambi nulla se non se li lava per un giorno, anche per una settimana, cosa che non è mai successo perché poi alla fine quando assecondi i bambini loro in realtà ti ritornano, ti restituiscono quella fiducia, perché è davvero così, quel senso di decisione, quel potere decisionale che diamo ai bambini in realtà ci ritorna con gli interessi e sta costruendo le persone che sono, sta costruendo, sta insegnando loro a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ok, è giusto che io mi lavo i denti, però lo decido io quando. A Me è successo. Ricordo una volta che ho detto a Oliver, ascolta, capisco che adesso non vuoi lavarti i denti, quando vuoi lavarli? E lui ha risposto, tra 1 minuto. E gli ho detto, ok va benissimo tra 1 minuto e mettiamo il timer di 1 minuto e quando è suonato lui è andato a lavarsi i denti. Anche perché i bambini non hanno il senso del tempo. E il timer è uno strumento che io uso tantissimo così lo costruiscono. Però ecco, questo piccolo, piccolo, piccolo cambio di mentalità, ovvero quale decisione posso lasciare prendere a mio figlio?, è veramente un piccolo strumento che fa tantissima differenza. E poi anche essere rispettosi quando facciamo le richieste, cioè se io gli dico, è pronto da mangiare, vieni a tavola e lui mi dice no o mi ignora, magari perché stava facendo qualcosa di davvero importante, stava giocando e il gioco è il lavoro del bambino e io l'ho interrotto. Quindi perché deve essere tipo un soldatino che risponde al mio comando e fa qualcosa immediatamente interrompendo qualsiasi cosa che sta facendo. Io stessa quando mio marito mi dice, è pronta la cena, se sto finendo un lavoro, gli dico ho bisogno ancora di 10 minuti, iniziate voi e io poi arrivo e così la stessa cosa faccio con i miei figli. E poi sempre dare le due opzioni, quello funziona veramente tantissimo anche quando pensiamo che un bambino piccolo non capisca completamente quello che stai dicendo, così facendo, dando le due opzioni, cambiando un po' quella narrativa, mettendo a tacere la vocina nella tua testa, piano piano ti alleni a essere rispettoso nei suoi confronti invece che dare comandi. Cercare di trovare un po' la via di mezzo. Però per me le due cose più importanti, che fanno davvero, davvero la differenza, sono, uno: avere empatia. Perché quando tuo figlio piange o ha una crisi, spesso la cosa più importante per ritrovare la calma è proprio dirgli, ti capisco, non serve nient'altro, anche solo ti capisco, e funziona. E poi rimanere in silenzio finché non si calma e provare a capirli davvero perché spesso e volentieri i bambini percepiscono quando davvero diciamo ti capisco e lo pensiamo davvero, oppure non lo pensiamo e lo stiamo solo dicendo. E per questo è importante, secondo me, imparare ad osservarli, perché solo osservandoli, proprio come scienziati, senza intrometterci troppo spesso, possiamo scoprire chi sono. E poi il numero due: capire, interiorizzare nel profondo che è probabile che dovremo insegnare le cose più e più volte prima che i bambini siano pronti a livello di sviluppo a capirle davvero.

Sara Mariottini: [00:40:08] Quindi la pazienza.

Carlotta: [00:40:10] Esatto, la santa pazienza. Non prendiamo il comportamento dei nostri figli sul personale, anche quando i nonni ci dicono, eh, ma guarda che ti metterà i piedi in testa. Non pensiamo che il comportamento di nostro figlio determini sia il suo valore, perché dobbiamo cercare di concentrarci sullo scindere il comportamento dalla persona, quindi le sue azioni, da chi è. E poi anche che tutto questo non determina il nostro valore di genitore, perché la maggior parte delle volte non è così. E poi un bonus, che mi ha preso mentre parlavo, e gran finale, possiamo controllare solo noi stessi e le nostre azioni. Quindi invece di cercare di controllare il comportamento dei nostri bambini, dobbiamo davvero iniziare a imparare a controllare il nostro comportamento, concentrarci su quello. Perché quando arriva il no, spesso questo si traduce nell'allontanarlo da un comportamento inappropriato non con le minacce, non con la violenza fisica, verbale, con le urla, con la paura, ma semplicemente con il nostro esempio e mostrandogli un'alternativa di che cosa fare, mostrandogli empatia. Non so se si è capito.

Sara Mariottini: [00:41:21] Assolutamente, benissimo, un plus, grazie veramente. Penso che comunque la tematica sia molto profonda e in realtà sei riuscita a districarti. E poi penso che l'obiettivo sia sempre quello di dare degli spunti di riflessione, perché poi la riflessione personale è il regalo più grande che si possa dare. Quindi se siamo riusciti a dare questo ...

Carlotta: [00:41:54] Hai ragione, bellissima questa frase. Dà proprio senso a quello che è la mia percezione verso l'evoluzione personale, cioè si pianta il semino e poi magari da una parte germoglia, da un'altra parte non germoglia, da una parte c'è più acqua e germoglia prima, dall'altra parte germoglia dopo, però piantare quel semino è importante perché in realtà l'evoluzione personale la deve fare ogni singolo individuo, non possiamo farla noi per loro. 

Sara Mariottini: [00:42:18] Grazie Carlotta!

Carlotta: [00:42:21] In realtà io ringrazio te per queste domande bellissime. Grazie mille Sara, alla prossima.

Sara Mariottini: [00:42:33] Grazie a te. Ciao.

Carlotta: [00:42:35] Letteralmente, più improvvisato di così questo episodio non poteva essere e quindi ringrazio ancora una volta Sara che si è prestata a questo esperimento. Sono felice di averlo fatto, anche se è poco convenzionale intervistarmi sul mio podcast, però, alla faccia di Instagram, siamo riusciti a regalarvi anche questa chiacchierata che  avevamo in un certo senso già preparato e speravamo veramente di potervi regalare presto. E quindi non mi rimane che ricordarvi che mi trovate anche su www.latela.com e su Instagram come @lateladicarlottablog.  E buona notte o buona serata o buona giornata a seconda di dove siete nel mondo. Ciao. Ciao.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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