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[Sapete che in questa foto piangevo? Uno di quei momenti in cui io e Oliver facevamo fatica]
Quando sono giù.
Quando temo di aver scelto una missione impossibile.
Quando mi chiedo che senso abbia ciò che faccio (capita spesso, credetemi!).
Quando vedo piccoli essere umani trattati con poco rispetto e non posso fare nulla per evitarlo.
Quando mi sento inadeguata come madre.
Quando mi sembra di predicare bene e razzolare male.
Quando l’educazione che vorrei sembra un’utopia.
Quando penso che non c’è riuscita Maria Montessori, perché dovremmo riuscirci noi a cambiare l’educazione? (Poi mi rispondo che lei non aveva i social 😅 conta?)
Quando mi sembra tutto troppo e voglio mollare.
Ognuna di quelle volte. Puntualmente.
Ricevo messaggi così 👉
E allora ricordo che faccio ciò che faccio perché se posso mostrare che un’educazione diversa è possibile.
Se posso aiutare anche solo una famiglia.
Se posso piantare anche solo pochi semini nelle menti di genitori come me.
Se posso mettermi a nudo e mostrare che perfino io, con tutti i miei difetti e i miei bagagli, posso cambiare.
Se posso mostrare quanti regressi sono necessari per il progresso.
Se posso nuotare controcorrente corrente per aprire la via.
Se posso sfatare qualche mito, qualche pregiudizio e mostrare che non per forza si deve fare come si è sempre fatto se sappiamo che c’è qualcosa di meglio – e il rispetto è sempre meglio.
Allora sono felice.
Allora so che no, l’educazione non la cambio io, sola soletta, ma forse tutti insieme sì.
Perché l’effetto a catena, a cascata, a valanga – chiamalo come vuoi – è reale ed è potente.
#iomidissocio