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Gaia @siankiki oggi sotto un video di sua figlia Nare ha scritto:
“Un po' italiano, un po' Swahili.
Un po' Maasai e un po' colombiana.
Ecco chi saranno i bambini del futuro”.

Questa frase mi ha commossa.

A lungo non mi sono sentita italiana. Ho vissuto 12 anni in Spagna, parlo perfetto spagnolo, ma non sono spagnola. Vivo, parlo e sogno in inglese, ma non sono britannica, né americana, né australiana, né kiwi… Parlo italiano come una nativa (anche se mio papà avrebbe da obiettare), ma non mi sento più a casa in Italia.

Questo non appartenere a nessun luogo per un po’ mi ha spiazzata. Quando ho lasciato l’Italia sentivo un rifiuto verso la mia italianità; poi ci ho fatto pace e mi sentivo una enclave italiana in Spagna; quando sono nati i miei figli, la Spagna era casa, ma pochi anni dopo siamo partiti per viaggiare il mondo.

Non avranno radici, mi dicevano.
Non si sentiranno mai appartenere, mi dicevano.

Oggi, dopo tre anni di viaggio a tempo pieno, sono io a non sentire di avere radici e di appartenere a nessun luogo. Ed è la sensazione più bella che io abbia mai provato.

Mi fa sentire libera — la stessa incredibile e indescrivibile libertà che sento quando guardo questa foto e ricordo quella settimana in Danimarca per lanciare il nuovo sito de La Tela, di ritorno da un mese di natura selvaggia in Islanda, diretti in Finlandia con tutta la nostra vita in un furgoncino camperizzato che presto venderemo per riniziare a viaggiare fuori dall’Europa (grazie, Elliot, per questo bel capitolo insieme! 🚐).

Mi sa di libertà. Mi sa di futuro.

Sono cittadina del mondo.
I miei figli sono cittadini del mondo.

Un po’ italiano, un po’ inglese.
Un po’ finlandesi e un po’ spagnoli.
Questi sono i bambini del futuro.

O comunque del futuro che ci stiamo creando.

#scendodallaruota
#latelaviaggia