Episodio 142 ·

Lascia che i tuoi figli si annoino

In questo episodio di Educare con calma ti spiego perché noia è un'esperienza essenziale dell'infanzia, ti parlo della teoria montessoriana della «falsa stanchezza» e ti racconto come noi abbiamo usato la noia per coltivare la pazienza e combattere la frustrazione. No, non in una notte: anche questo è un processo a lungo termine.

Sulla pagina dell'episodio del podcast su La Tela trovi tutti gli articoli e gli episodi relazionati che menziono qui.

Benvenuti e benvenute ad un altro episodio di Educare con calma.

Oggi ho deciso di parlarvi della noia. Perché è un'esperienza di cui troppo spesso ci priviamo noi adulti e anche i nostri figli, e che invece può essere una grande alleata nella vita di ognuno di noi. In realtà, non è la prima volta che vi parlo di noia su questo podcast. C'è un episodio che si intitola "Montessori in 5’: lasciate che si annoino" in cui avevo già spiegato quanto sia importante il ruolo della noia per sviluppare la capacità di gioco autonomo. È un episodio breve, se mi ricordo vi lascio il link nelle note di questo episodio, ma vi avevo dato vari consigli su come coltivare la noia e aiutare bambini e bambine a giocare da soli.

Oggi però non voglio parlarvi della noia solo in relazione al gioco, anche se mi rendo conto che questo è uno dei motivi principali che porta i genitori a scrivermi. Ma vorrei davvero riflettere con voi sul valore di questa esperienza e sul modo in cui possiamo coltivarla, per noi e per i nostri figli. E sì, dico proprio «coltivarla», perché la noia è un’esperienza a cui ci siamo disabituati. Siamo sempre immersi nelle nostre vite frenetiche piene di stimoli e cose da fare, vite veloci in cui corriamo da una parte all'altra, da un edificio all'altro, da una persona all'altra, e all'interno di queste vite la sensazione di vuoto che ci provoca la noia ci mette a disagio (è un po' come il silenzio: io solo vivendo con Alex ho imparato a non sentirmi a disagio nel silenzio, per esempio quando tutto il tavolo a cena diventa improvvisamente silenzioso che non significa per forza che non si sa di che cosa parlare, magari si sta solo riflettendo su quanto è stato detto…). Ma purtroppo la noia (come anche il silenzio a volte) spesso ci fa sentire in una sorta di “stallo emotivo”. E che si tratti di noi o dei nostri figli, questa sensazione di stallo non ci piace. Il vuoto ci fa sentire in uno stato di disregolazione e pur di non sentire quel disagio, di non avere quel rumore di sottofondo (che sia il rumore delle nostre emozioni o le voci dei nostri figli che ci chiamano per dirci che non sanno cosa fare), tendiamo spesso a riempire quel vuoto di stimoli che in realtà non ci servono. 

Parlando con tanti genitori ogni giorno, noto che molti fanno davvero una gran fatica a lasciare ai propri figli la possibilità di annoiarsi. Noto che i genitori tendono a riempire la vita dei propri figli con attività extrascolatiche (che riempiono poi di fatto anche le loro, di giornate). O se sono in casa, magari si sentono in dovere di intrattenere spesso i figli e allora iniziano a proporre giochi o attività che magari nemmeno hanno voglia di fare (c'è un episodio del podcast in cui parlo del senso di colpa che nasce quando non ci piace giocare, con i figli o con i bambini in generale, e vi consiglio di ascoltarlo). Quello che succede è che non lasciano ai nostri figli la responsabilità di intrattenersi da soli, quindi loro non si fidano della proprie capacità di uscire da soli da quella situazione di “disagio” e di usarla come un’occasione in cui lasciar emergere nuove idee. Questo non significa lasciarli soli, possiamo aiutarli ad uscire dalla noia senza imboccare loro la soluzione. Anche perché non è nostro compito risolvere la noia, così come non è nostro compito proteggerli dalla frustrazione, anzi, la frustrazione nella giusta dose è un’emozione positiva. 

Lo so, non è semplice vedere la frustrazione come un'esperienza positiva. In fondo respiriamo costantemente uno stereotipo negativo attorno alla noia. I momenti di inattività, nella vita adulta, sono visti quasi con disprezzo, le occasioni in cui non si produce nulla di valore sono quasi inutili, accessorie, sacrificabili. Mi è capitato spesso di parlare con persone che vedono il riuscire a fare 4 cose alla volta, il famoso multitasking, come una qualità positiva, per esempio ma io deciso di imparare a non vederlo così. Ma tralasciando tutto il discorso sulla performance lavorativa (che richiederebbe probabilmente un podcast a parte), anche quando decidiamo di riposare tendiamo a farlo sempre in modo “produttivo”. Facciamo esercizio perché fa bene al nostro corpo, chiamiamo un’amica o i nostri genitori così coltiviamo quel rapporto e ci sentiamo meno in colpa. Pensaci, quando è stata l’ultima volta che hai concesso a te stesso o a te stessa di stare, senza far nulla diretto ad un risultato visibile? E io mi metto in cima alla lista, tutte le case sono in fiamme, ti ricordi? (e se non sai che cosa significa puoi scoprirlo nell'episodio 73)

Ecco, ti invito a riflettere su questo, prima di pensare a come puoi aiutare tuo figlio o tua figlia ad annoiarsi. Prova a riflettere su cosa è per te la noia, sul tipo di disagio che ti provoca. Quando pensi "mi sto annoiando"? E poi ti invito a ribaltare il tuo punto di vista e a considerare la noia un terreno fertile dove possono essere coltivate nuove idee. Provo ad aiutarti con una metafora che mi ha suggerito la nostra Valeria.

Prova a pensare ai momenti di noia come un mare piatto. Quando il mare è agitato, increspato da tutte le onde, la sabbia sul fondale si agita, tutto si fa più opaco, indistinto: non si riesce a vedere cosa c’è, sul fondo. Ma quando il mare si calma, l’acqua torna limpida e se resti fermo, per un po’, puoi scorgere tutta la ricchezza che c’è sul fondo. Pesci colorati, conchiglie, alghe, stelle marine, se sei a Bali come noi potresti anche vedere una tartaruga marina.

È un po’ come nella vita quotidiana: più siamo in movimento, meno siamo capaci di vedere oltre. Ma se ci fermiamo ci diamo la possibilità di metterci in contatto con noi stessi, con i nostri pensieri, con le nostre idee. La noia è davvero nostra amica: ci aiuta a conoscerci meglio e stimola la curiosità, che è quella risorsa preziosissima che ci guida a cercare nuove opportunità.

Per i bambini non è poi così diverso. Lasciare che si annoino vuol dire aiutarli a mantenere quel mare calmo e a trovare, sul fondo, nuove idee (anziché imboccargliele noi). Quando diamo ai nostri bambini la responsabilità di intrattenersi, diamo loro un dono per tutta la vita, perché la noia è il posto dove nasce tutta la creatività, lo stupore, le idee. 

Forse detto così sembra tutto molto teorico (o romantico) ma ti assicuro che queste sono davvero occasioni preziosissime e che i bambini realmente possono sfruttarle per capire da soli come intrattenersi. Ti racconto un aneddoto: una mamma una volta mi ha raccontato che era con sua figlia di 4 anni e un’amichetta di 6 anni, sul terrazzo. Le bambine si stavano annoiando, sembravano non trovare pace e chiedevano in continuazione cosa potessero fare. La mamma ha semplicemente suggerito di guardarsi intorno e di trovare qualcosa che potesse interessarle. Ad un certo punto le bambine hanno iniziato ad osservare le ombre che le piante proiettavano sul pavimento e sono rimaste così qualche minuto, finché la mamma non ha sentito dire ad una di loro: disegniamole! Lei ha suggerito di usare fogli e colori per ricopiarle, e così è nata, letteralmente dal nulla, un’attività che ha impegnato le bambine per un po’. Questo, tra l'altro, è un'attività che proposero in uno dei volumi della serie gioca e impara con il metodo montessori, la ricordo perché io feci con i bimbi i laboratori degli ultimi 15 volumi, e quelle bambine l'avevano pensata da sole.  Questo è solo un esempio, ma è per farvi capire che se lasciamo andare le redini del controllo e se diamo fiducia ai nostri figli in queste occasioni di noia, se li lasciamo osservare, se diamo la possibilità ai loro pensieri di incatenarsi e fluire liberi, loro (molto probabilmente) sapranno stupirci. Questo è esattamente ciò che intendo quando dico che la noia è il luogo in cui nasce la creatività, intesa non come attitudine artistica, ma come capacità di pensare fuori dagli schemi e percorrere strade diverse per trovare la soluzione ad un problema.

Smettiamo quindi di offrire costantemente cose da fare, smettiamo di riempire questi spazi vuoti o sentirci in colpa o responsabili se i nostri figli sperimentano questa sensazione di disagio. Questo, servirà loro anche per allenare un’altra importante abilità che è strettamente collegata alla noia: la pazienza. Che bisogna allenare. Perché la pazienza non è una qualità innata, anzi. Come tutte le abilità, richiede lavoro, va allenata. La pazienza si deve imparare: se io voglio che i miei figli sappiano nuotare, devo portarli in piscina, devo esporli all’acqua, devo portarli a delle lezioni di nuoto magari, è un processo. Con la pazienza è lo stesso. Se voglio che sviluppino la pazienza, devo dare loro occasioni di sviluppare la pazienza. E quali sono queste occasioni? Per noi che siamo viaggiatori a tempo pieno, sicuramente tante di queste occasioni sono nate in viaggio, soprattutto aspettando i mezzi di trasporto e facendo viaggi lunghi anche 5-6 ore senza dispositivi, camminando dove vogliamo andare invece di prendere l'auto, che anche questo sviluppa pazienza. oltre che capacità di camminare (e anche quella è un processo). E questa pazienza per esempio oggi si riflette ovunque nella nostra vita, anche solo ad accogliere con naturalezza (non sempre armonia) le lunghe code per qualsiasi ristorante in Giappone. Ma le occasioni sono ovunque, nella vita di tutti i giorni, a seconda del vostro stile di vita, della vostra routine. Impariamo a riconoscerle, a farci caso, a sfruttarle. Impariamo a vivere le attese, a scoprire la vita che c’è tra un’attività e l’altra. Le sale d'attesa del dottore sono un'ottima palestra, le code al supermercato, quando il nostro cibo ci mette di più ad arrivare al ristorante. Spesso evitiamo di fare esperienza con i nostri bambini perché le temiamo e a ragione, perché le crisi dei bambini esistono e sono vere, palpabili, imprevedibile, altamente fastidiose. Ma se non li esponiamo a quelle esperienze come fanno a imparare? (ragnatela di pensieri) Non mi dilungherò molto su questo argomento: ho dedicato alla pazienza un altro episodio del podcast: anche questo, lo trovi nelle note di questo episodio.

E a questo punto, a proposito di ingannare le attese con scorciatoie che sicuramente non promuovono la pazienza, parliamo dell’elefante nella stanza, che sicuramente vi è saltato in mente quando prima ho detto una frase: la tecnologia.

Questa probabilmente è una verità scomoda, ma gli schermi non promuovono la pazienza, non allenano la noia, non insegnano a gestire la frustrazione. E purtroppo al giorno d'oggi sono un’alternativa sempre disponibile alla noia. Gli schermi fanno sì che il cervello si spenga, sono un po’ una macchina del tempo per i momenti di noia, nel senso che quando un bambino guarda uno schermo, il suo cervello si spegne, non sente il tempo che passa, non sente la noia, non fa lo sforzo di imparare a convivere con la noia e si ritrova alla fine della noia in cui inizia l'altra attività. Quindi il bambino nella sua testa pensa, Perché devo coltivare la pazienza se tanto ci sono sempre gli schermi a mia disposizione che mi permettono di non sentire la noia e di non soffrire l’attesa? Non è difficile da capire, è ovvio che il bambino preferisce l’alternativa facile alla noia, che è un processo più difficile. Ma secondo me c'è molto di più del dire "non esporre i tuoi figli agli schermi" (e di questo giuro che vi parlerò in un episodio, perché è un tema che vorrei trattare da molto tempo, ma richiede tempo che ultimamente non ho avuto). Però oggi vi dico questo: la qualità e non solo la quantità degli schermi conta molto. Alcuni giochi o programmi hanno un ritmo frenetico, frequenti cambi di inquadrature e scene, tantissimi colori, movimenti veloci, e questo genera una vera e propria sovrastimolazione nel cervello, a volte anche di una persona adulta, quindi immaginatevi in un cervello immaturo come quello dei nostri figli. Quando parlo con i genitori dico spesso che quando i nostri figli guardano questi contenuti è un po' come mettere una pallina in una centrifuga: quando si spegne lo schermo, il cervello continua a girare. Ed è poi ovvio che i bambini si annoino facilmente di fronte a una realtà lenta e statica – come lo è la vita vera in confronto a quella sullo schermo.

Se invece smettiamo di offrire stimoli e scorciatoie, aiutiamo i bambini a camminare in quelle acque calme, a guardarsi intorno e a scoprire tutta la vita che ci può essere nei momenti di attesa, nei momenti in cui non succede nulla. Evitare di offrire uno schermo significa invogliare ad osservare; immaginare le storie dei luoghi o delle persone; pensare a come gli oggetti sono fatti o a come potrebbero essere utilizzati diversamente, chi li ha costruiti, come sono arrivati dove siamo noi (che questo sapete è un bellissimo esercizio di empatia, anche, ve le parlavo nell'episodio "siamo tutti interconnessi"). Offrire gli schermi e poi anche non selezionare con estrema attenzione il contenuto vuol dire mettere un coperchio sui pensieri e gli stati d’animo dei bambini: così facendo, si perde tantissimo. E come dicevo prima utilizzare gli schermi significa anche abituare i nostri figli ad una realtà velocissima dove c’è sempre uno stimolo dietro l’altro. Loro si abitueranno a ricercare questa velocità anche nella vita quotidiana e spesso non esiste quindi faranno molta più difficoltà a stare nei tempi lenti dove, apparentemente, non succede nulla. 

Voi mi direte: ok Carlotta ma ci sono momenti in cui gli schermi ci salvano, ad esempio quando i miei figli il pomeriggio sembrano non trovare pace e si lamentano e mi chiamano perché non sanno che cosa fare. Ecco, vi invito a guardare questi momenti con occhi diversi. Chi di voi ha già acquistato il mio corso Co-schooling probabilmente lo sa già, Maria Montessori chiamava quel momento «falsa stanchezza», quel momento in cui i bambini sembrano non aver più voglia di concentrarsi. Montessori aveva notato che se aspettava qualche minuto (o mezz’ora), i bambini trovavano naturalmente e da soli un’attività e così tornava l’ordine in classe. 

È proprio in quel momento allora che dobbiamo avere pazienza e dare loro un'opportunità in più prima di cambiare attività o di aiutarli. Spesso non diamo ai bambini un tempo di lavoro sufficiente per arrivare a questa fase di concentrazione, perché ci fermiamo a quella fase “intermedia”, in cui sembra che il bambino sia stanco di lavorare. In realtà, questa falsa stanchezza, se non interrotta, precede generalmente una fase di grande concentrazione. Quando i miei figli si lamentavano perché non avevano nulla da fare, sapevo che quello era il momento in cui dovevo aspettare un po’ e dare loro fiducia. Spesso dicevo: «Sono sicura che troverai qualcosa da fare. Non vedo l’ora di vedere che cosa sarà. Vieni a dirmelo quando l’hai trovato». E mese dopo mese assistevo alla magia: a volte disegnavano, a volte trovavano un gioco, a volte ognuno faceva un cosa diversa, a volte ascoltavano audiolibri, a volte guardavano fuori dalla finestra, a volte tornavano con i vestiti infangati, a volte decidevano di fare le pulizie o una lavatrice o perfino cucinarsi qualcosa in autonomia (e noi davamo loro fiducia perché cucinano con noi da quando sono piccoli!). Altre volte poi era vera stanchezza e allora magari… si addormentavano nel mezzo del pomeriggio! Questo ci tengo a dirlo perché quando offro ai genitori la teoria, noto che la tendenza è quella di seguirla alla lettera. Ma più che conoscere la teoria vi basterà seguire e osservare il bambino: sarà lui a farvi capire se è il momento di aspettare... o di lasciarlo riposare 😊  È un processo, non iniziate oggi e avete i risultati domani, ma il lavoro che mettete oggi è un investimento nel futuro: anche per questo la chiamo educazione a lungo termine. 

Prima di salutarvi, voglio darvi un ultimo consiglio. E no, non si tratta di una soluzione magica alla noia o di un set di consigli per aiutare i vostri figli a “stare” nella noia (alcuni li trovate però negli episodi che vi ho menzionato all’inizio di questo podcast). Più che un consiglio è un invito spassionato. Insegnate ai vostri figli la noia, dando l’esempio. Annoiatevi!

Lo so, so che già pensando a un bambino è difficile guardare con positività a questa esperienza e che associarla alla vita adulta può essere destabilizzante, disregolante, ma proviamo noi stessi ad annoiarci, ad offrire un’immagine diversa della noia, una con cui i nostri figli possano confrontarsi, nel corso della loro vita.

Nel concreto, proviamo a non riempire a tutti i costi le nostre ore con attività che ci va di fare o che non ci va di fare, solo per non sentire il peso di quel tempo vuoto.

Evitiamo di guardare al riposo come un capriccio o un lusso (magari rivedendo anche le parole che usiamo per la noia). E anche se decidiamo di dedicarci del tempo lontani dal lavoro, proviamo a non ripiegare su attività che debbano comportare un beneficio palese (ad esempio fare esercizio o caricare una lavatrice). Lasciamo che i nostri figli ci osservino mentre ci annoiamo. Lasciamo che ci osservino mentre siamo seduti sul divano o mentre osserviamo fuori dalla finestra o per iniziare anche solo seduti sul divano a farci un massaggio alla faccia (che è una delle mie cose preferite). Dare l’esempio è il modo più efficace che abbiamo per dare dignità ad un’esperienza con un valore altissimo, per mostrare concretamente che quei momenti possono coesistere insieme ad altri più attivi e anzi, che spesso l’uno può essere il presupposto dell’altro.

La noia è un’esperienza importante dell’infanzia, e continua ad esserlo anche nell’età adulta. Non combattiamola: diamole spazio. Non lasciamo che si estingua. 

Questo è tutto per oggi, grazie per il tempo che mi avete dedicato. Vi ricordo che mi trovate anche su www.latela.com e come @lateladicarlottablog su Instagram. Buona serata, buona giornata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.